ECO ho fatto la Madonna di Umberto Eco

ECO ho fatto la Madonna IL SEMIOLOGO E ROMANZIERE RIEVOCA UNATIPICA MASCHERA DEL PRESEPE E LE ADOLESCENZIALI AVVENTURE SULLA SCENA ECO ho fatto la Madonna Umberto Eco IO credo si debba aprire un ampio ed approfondito dibatti¬ to sul perché Gelindo ritoma. Come è noto, esistono in propo¬ sito due scuole di pensiero, che chiameremo la Scuola di Bratisla¬ va e la Scuola di Koenigsberg. Secondo la Scuola di Bratislava, Gelindo ritoma diventa espres¬ sione proverbiale perché lo scia¬ gurato pastore esce e rientra in scena ripetutamente, per ricorda¬ re qualcosa ai suoi accoliti e familiari, e viene usata in Piemcb- te dai vecchi quando qualcuho per smemoratezza o compulsiva importunità torna ripetutamen¬ te, o almeno una volta, dopo che se ne era andato. Secondo! la Scuola di Koenigsberg invece (fe la mia memoria mi aiuta nel soste¬ nere questa tesi), dopo che in una località del Piemonte la bella consuetudine del Gelindo natali¬ zio si era instaurata, a ogni volge¬ re di Natale i manifesti annunzia¬ vano «Gelindo ritoma», nel se iso di «ritorna anche quest'anni) a deliziarvi, accorrete o pastori . Ho a lungo pensato se valesse la pena di costituire una ttrza scuola di pensiero, da intitolare a qualche nobile università mitte¬ leuropea, per sostenere la tea più ragionevole: e cioè che entralnibi i fenomeni si siano verificati e si siano indissolubilmente intreccia¬ ti tra loro, talché dall'annùncio del ritomo della «divota coinme- dia» si è tratta occasione per rilevare che davvero, nellt com¬ media stessa, Gelindo ritorna, e dall'osservazione che nella com¬ media Gelindo ritoma, le che, pertanto, si era già diffuso il modo di dire, qualcuno abbia tratto ispirazione per intitolare al ritornello ormai famóso l'an¬ nuncio del ritomo della comme¬ dia. I Questo per dire a quali e quan¬ te dotte considerazioni possa in¬ durre la pratica del Gilindo, e la lettura del libro di Roperto Leydi Gelindo ritoma fornisce amplissi¬ ma docvimentazione sulla ricchez¬ za di una tradizione che si è differenziata per rivoli diversi nelle varie zone del Piemonte. Il mio interesse per il Gelindo, anche se poi ho accolto nella mia bibhoteca. .testi classici come il Renier, è peraltro dovuto a vicen¬ de biografiche. Io ho recitato nel Gelindo dei Cappuccini di Alessandria. Que¬ sto anzitutto mi induce a ritenere la versione alessandrina non solo la più duratura ma anche la più nobile e' sviluppata fra tutte, anche per la presenza di grandi attori che hanno tenuto banco per decenni, come il Gelindo-Do- menico Amoldi e il Maffeo-Enzo Bocca, nonché per la inesausta variabilità sempre aggiornata al¬ l'attualità politica e sociale della businà iniziale (di cui esiste un'ampia antologia). In secondo luogo le memorie del Gelindo si legano indissolùbil¬ mente alle memorie dell'infan¬ zia, dal giorno in cui mio padre mi portò a vederlo per la prima volta, e per l'affollamento della sala potei seguirlo solo stando a cavalcioni sulle spalle paterne, come si conviene ad ogni rappor¬ to tra nano e gigante. Dopo, ed entravo ormai nel¬ l'adolescenza, ho fatto il Gelindo. Ma siccome appartenevo a fami¬ glia piccolo borghese che per ragioni di dignità sociale aveva lasciato i figli estranei all'uso del dialetto, non avevo sufficiente padronanza del vernacolo locale (che peraltro capivo e capisco a perfezione) per poter essere imo degli attori principali. Ora, come si sa, gli attori principali parlano dialetto e italiano lo parlano solo le figure secondarie. Parlano italiano, nel Gelindo dì Alessandria, il piccolo figho di Gelindo (ma io ero ormai più grandicello); gli angeli, che però appaiono e cantano, e si richiedo¬ no voci bianche (dopo i quattordi¬ ci anni io. avrei già dovuto affron¬ tare un processo di castrazione per essere atto allo scopo); i donna. Il Gelindo dei frati era all'epoca patrilineare e virile (ora ci partecipano anche le donne perché si sa, dopo il Concilio e la messa in italiano non c'è più rehgione). La Madonna doveva dunque essere interpretata da un giovanetto. Per evitare incidenti, non parlava (oggi parla moltissi¬ mo e a mio parere quasi stona, introducendo una nota troppo cruscante e femminile in quel bofonchiare e borbottare di pasto¬ ri barbuti e puteolenti). Infine, doveva stare sempre di profilo, col velo che le scendeva a picco, in modo che non se ne scorgesse il volto - quasi mistica prefigurazio¬ ne di una martire afghana. Segui¬ va catatonica san Giuseppe nelle scene d'inizio, e dall'ampia veste non si poteva né si doveva indovi¬ nare se fosse incinta, e appariva dopo nella capanna col bambino in braccio - dovutamente sottrat¬ to al presepio, così che nel Gelin¬ do il Verbo non si faceva carne ma appena cartapesta. Considerando tutti gli elemen¬ ti che ho elencati, se ne deduce che nessuno voleva mai fare la Madonna, e a chi la faceva accade¬ va un poco come ai marinai inglesi del tempo di Nelson, che venivano sorpresi mentre barcol¬ lavano ubriachi per i vicoli del porto, addormentati con una maz¬ zata, e si ritrovavano il mattino dopo in alto mare e in rotta per Trafalgar. Talora, ed era il mio caso, si accettava di far la Madonna per spirito di collaborazione e soprat¬ tutto per potere stare lungo tutta la commedia non in sala come gli allocchi, bensì tra le quinte, privi¬ legio che persino a Broadway è consentito solo al finanziatore dello spettacolo e amante della soubrette. Per la vanità di stare sulla plancia di comando, e dunque dalla parte del Potere Manipolato¬ re, dunque io facevo la Madonna - segno che quel sacrificio non mi candidava al paradiso bensì all'in¬ ferno. Forse per questo sono di¬ ventato poi professore, giornali¬ sta, scrittore: per stare dalla par¬ te di chi il messaggio lo produce¬ va. Solo in tarda età una sera, andato a rivedere il Gelindo con un amico dei tempi andati, ho sopportato per poco di stare dalla parte del pubblico e poi, per una porticina segreta nota solo a noi due, siamo entrati nel sottopalco, abbiamo estromesso a calci alcu¬ ni giovincelli che stavano vesten¬ dosi da centurioni, abbiamo indos¬ sato le corazze e gli elmi e siamo entrati in scena. I centurioni com¬ paiono due volte (all'inizio incon¬ trano Gelindo, alla fine cercano il Bambino per ordine di Erode) e ogni volta la loro scena dura imo o due minuti. Quella sera ciascu¬ na apparizione è durata dieci minuti, con invenzioni degne del teatro dell'assurdo o della crudel¬ tà. Nessuno strumento di registra¬ zione (dato che l'evento era stato inopinato) ha tramandato ai po¬ steri quel mirabile evento, che ancora viene raccontato dai vec¬ chi attori di Gelindo, la sera intorno al fuoco. Queste le notizie, segrete e riservate, che il libro di Leydi non vi dà. Però ne dà tante altre, che io non sapevo, e si esce-da questa lettura dispiaciuti che Aristotele, nella sua Poetica, non abbia analizzato anche questo fenomeno teatrale. Ma forse ne parlava nel secondo libro, sulla Commedia, che come è noto non ci è pervenuto, e quindi Leydi ha colmato una lacuna. LA FAMOSA QUERELLE FRA LE SCUOLE DI BRATI¬ SLAVA E DI KOENIGS- BERG E I FRATI DI ALES¬ SANDRIA A PROPOSITO DEL/DI GELINDO CHE RI¬ TORNA (CON RICORDI PERSONALI). donna. Il Gelindoall'epoca patrilineci partecipano aperché si sa, dopomessa in italianrehgione). La Madunque essere intgiovanetto. Per evnon parlava (oggimo e a mio pareintroducendo uncruscante e fembofonchiare e borbri barbuti e putedoveva stare semcol velo che le scin modo che non svolto - quasi mistine di una martire va catatonica sanscene d'inizio, e dnon si poteva né sinare se fosse incidopo nella capannin braccio - dovutto al presepio, cosdo il Verbo non ma appena cartapConsiderando tti che ho elencatche nessuno voleMadonna, e a chi lva un poco coinglesi del tempoUmberto Eco in l'autore dda ragazzla Madonna in untradizDi quell'esprefazione al librRoberto Leydi (Opubblic Umberto Eco in un fotomontaggio: l'autore del Nome della Rosa da ragazzino ha interpretato la Madonna in una rappresentazione tradizionale del Gelindo. Di quell'esperienza parla nella prefazione al libro Gelindo ritorna di Roberto Leydi (Omega Edizioni) che pubblichiamo qui accanto

Luoghi citati: Alessandria, Bratislava, Piemonte