La Somalia nei piani delle forze italiane di Vincenzo Tessandori

La Somalia nei piani delle forze italiane La Somalia nei piani delle forze italiane Rivelazioni di «Panorama»; obiettivo le basi di Al Qaeda Vincenzo Tessandori ROMA Quando sarà il momento, forse mancheran¬ no televisione e luci della ribalta. Come, al contrario, era avvenuto nel '92, quando i marines sbarcarono sulla spiaggia di Mogadi¬ scio sotto gli occhi delle telecamere e del mondo. Se sono esatte le indiscrezioni filtra¬ te dagli Usa e rilanciate da «Panorama», stavo ta toccherà ai nostri fanti di marina del battaglione «San Marco» e ai carabinieri paracadutisti del «Tuscania» avventurarsi in un pericoloso safari somalo che ha come obiettivo terroristi e basi di addestramento di Al Qaeda. «Un'operazione del genere rischia di provocare un disastroso effetto ricaduta sulle popolazioni musulmane del¬ l'intera Africa», è il commento di una fonte vicina alla Farnesina. Tutto dovrebbe prendere il yia entro il mese prossimo e sarebbe la seconda mossa di questa «lunga guerra contro il terrorismo», come l'ha definita il presidente americano Bush. Una mossa del cavallo, con il salto di alcune aree ritenute «roventi» come l'Iraq, lo Yemen e il Sudan, im'«operazione chirurgi¬ ca» alla quale potrebbero anche dover parte¬ cipare gli aerei Harrier del «Garibaldi» e gli elicotteri. Niente a che vedere con la missio¬ ne di pace, quella chiamata «Ibis», che costò - non soltanto agli italiani - «sangue, sudore e lacrime». Ieri ne ha parlato, in chiave estre¬ mamente cauta, anche Silvio Berlusconi: «Gli americani ci hanno detto che a loro giudizio la Somalia ospita diverse basi di terroristi, ma noi, insieme ad altri partner europei, li abbiamo invitati alla prudenza perchè c'è sempre il pericolo che l'allargamen¬ to dei fronti di guerra porti a un indebolimen¬ to della coalizione». Perché la Somalia? Perché viene ritenuta retrovia ideale per il terrorismo. Ed è dall'ini¬ zio degli Anni Novanta che gli americani, usciti un po' ammaccati da Restore Hope e dagli scontri con i «signori della guerra», la tengono sotto osservazione. Così, in questa ottica, appare non casuale che sei giorni dopo l'attentato alle Torri Gemelle sia stato sgomberato il personale delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea. In alcune zone del Paese, soprattutto a Nord attorno a quello che gli anglosassoni chiamano Puntland e gli altri Migiurtinia, la presenza dei fondamen¬ talisti elamici sarebbe profondamente radi¬ cata. È, quella, un'area neppure sfiorata dai militari occidentali durante Restore Hope, ricorda Enzo Loiacono, un alto ufficiale profondo conoscitore della Somalia. E pro¬ prio attorno al Como, al porto di Bender Cassim, detto Bosaso, e sulle montagne dell'entroterra, a Las Quoay, potrebbero trovarsi i campi di addestramento per i cosiddetti «guerrieri di Allah». È in quelle lande, già frugate dagli aerei da ricognizione della Us Navy, che i nostri militari dovrebbe¬ ro «cacciare». Un'altra area minata è a Sud, a Ras Kamboni, non troppo lontano dal porto di Chisimaio. Nei dintorni imperversano le bande del «generale Morgan», genero dell'an¬ tico dittatore Siad Barre, disponibile, si dice, a vendersi al miglior offerente. Finora lo sarebbe stato Bin Laden; domani, vedremo. Molte cose avrebbero contribuito a facili¬ tare il diffondersi del verbo non del Profeta ma di Osama bin Laden. Una rete di organiz¬ zazioni, che dovrebbero avere come scopo la carità ed bisognosi, in realtà farebbe da copertura a questa «Spectre» islamica. La più attiva sarebbe il movimento integralista Al Ittihad al Islamya: una potenza economi¬ ca, in Somalia, capace di condizionare larghi strati dell'economia. Ma non solo; e la Casa Bianca l'ha inserita nell'elenco delle undici organizzazioni che hanno legami stretti con i signori del terrore. Talmente stretti che nelle sue file militerebbero 6 mila armati pronti a dare battagha al mondo. E si ricorda ora come fossero attivi, nel '93, quelli di Al Ittihad, e proprio loro, si dice, sarebbero stati gli autori dell'abbattimento di due eUcotteri americani e dell'uccisione di diciotto mari¬ nes. In un caso la barbarie superò la peggior fantasia: taghato a pezzi, il corpo di un militare venne venduto sui banchi del «Baka- ra market»: e la parola d'ordine, in quei giorni a Mogadiscio, era di non acquistare carne. E si ricorda pure come Al Ittihad si sia guadagnata i sospetti per una serie di atti terroristici in Etiopia e per aver organizzato il trasporto verso il Kenya dell'esplosivo usato nell'estate '98 contro le ambasciate statunitensi di Nairobi e Dar-es-Salaam. Insomma, Mohamed Ibrahim Suley, conside¬ rato il luogotenente di Hassan Dahir Uveis, padre fondatore del gruppo, è oggi un ricerca¬ to eccellente. La trama del terrore sarebbe in ogni modo ancora più fitta e un mese fa gli americani hanno accusato anche Al Ba- rakaat e Somalia Internet Company di finan¬ ziare Al Qaeda. Sarebbe la seconda mossa della «lunga guerra» promessa da Bush. Un pericoloso safari che dovrebbe avviarsi entro il mese prossimo