Alla fine il mercato si apre anche per i poveri

Alla fine il mercato si apre anche per i poveri Alla fine il mercato si apre anche per i poveri Dopo l'accordo di Doha: medicine senza brevetto e agricoltura con meno sussidi mwas'cpBa -m EJ provvidenziale l'accordo rag¬ giunto al termine della Conferenza ministeriale a Doha (Qatar) per il lancio di un nuovo Round negoziale dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), in que¬ sta fase di pericolosa flessione dell'eco¬ nomia in tutto il mondo. La crescita de¬ gli scambi intemazionali di merci è pre¬ vista nel 2001 a livelli assai modesti (1- 2,ft), dopo un robusto -i-12,5'#) nel 2000, e molti paesi in via di sviluppo particolarmente colpiti dalla semi-reces¬ sione americana vedranno addirittura cadere il livello assoluto delle proprie esportazioni. E pur vero che in questi anni e fino al 2005 (data entro la quale si punta a ter¬ minare il nuovo negoziato) continuano ad operare gli effetti di liberalizzazione graduale del commercio scaturiti dall'Uruguay Round, ma proprio i conte¬ nuti di questa cosiddetta "built-in agen¬ da" (su agricoltura, prodotti industriali e servizi) rischiavano una paralisi in caso di mancato avvio del nuovo Round ne¬ goziale. E' anche vero che in questi anni si sono moltiplicati accordi di liberalizza¬ zione dei commerci tra gruppi di paesi (oggi si contano ben 150 "Regional Trade Agreements" in vigore, inclusi i più noti come la stessa Unione europea, il Nafta nell'America settentrionale, il Mercosur nel Cono Sud dell'America Latina, l'Asean in Asia), ma proprio que¬ sta proliferazione di accordi preferenziali rischia di penalizzare i paesi più deboli, oltre che di moltiplicare distorsioni della concorrenza e trattamenti discriminatori che fungono da ostacolo al progresso dì una vera liberalizzazione multilaterale. La buona (solida, argomentata) teoria economica e l'osservazione attenta (do¬ cumentata, scevra da pregiudizi) della storia degli ultimi 50 anni portano alla conclusione, pressoché accettata dagli economisti di tutte le scuole, che politi¬ che "outward oriented" (di apertura com¬ merciale, opposte a politiche protezioni¬ stiche e di difesa dalla concorrenza esterna) sono condizione non sufficien¬ te, ma tuttavia necessaria nel medio pe¬ riodo per promuovere la crescita econo¬ mica e lottare efficacemente contro po¬ vertà e arretratez¬ za; in ultima anali¬ si per favorire un crescente grado dì democrazia economica e poli¬ tica nel paese. Condizione non sufficiente, perché la caduta delle barriere protettive e il vento della concorrenza crea¬ no costi sociali e innescano proces¬ si di mutamento tecnologico e or¬ ganizzativo che chiamano in cau¬ sa non certo meccanismi di aggiusta¬ mento automatico del mercato, bensì politiche attive di formazione e riconver¬ sione delle risorse umane, di incentivo all'innovazione e alla ristrutturazione so¬ cietaria, di dotazione infrastrutturale, di protezione delle fasce deboli della popo¬ lazione, di coesione sociale: il tutto a li¬ vello di governo centrale e dei governi locali. Ma insieme le politiche "outward orien¬ ted" sono condizione necessaria: non solo per stimolare nella collettività una continua pressione alla ricerca dell'effi¬ cienza (che significa valorizzare le risorse nazionali) e delle opportunità derivanti da mercati allargati e connesse economìe dì scala, ma anche per spìngere le stesse classi dì governo politico e le classi diri¬ genti del paese al perseguimento dì obiettivi di sviluppo, diffusione di ricchez- We/ momentoinvitano alla liberalizcommerci - scelta accettiamo come ucrescita economiccapace di fare da sper il nostro svilupppaesi spendono 1 giorno in favore dedomandandoci alloaprire i nostri magrconcorrenza di qusovvenzionati" pre za e benessere, innovazione del sistema, sottraendolo alla tentazione di pura con- servazìone del potere basato su rendite di posizione e vantaggi clientelali. Anche se bisogna guardarsi da interpre¬ tazioni sommarie dei dati relativi a feno¬ meni molto complessi, in cui operano molte direzioni di causa-effetto tra varia¬ bili economiche e n cui i Grandi ci azione totale dei he noi africani ica via per la del móndo intero, inta principale - questi stessi miliardo di dollarì al loro agricoltura, stesso tempo di mercati alla prodotti Abdoulaye Wade, dente del Senegal istituzionali, colpi¬ sce il contrasto nel tasso di sviluppo registrato su lun¬ ghi periodi da pae¬ si più o meno aperti agli scambi intemazionali. Confermando analoghi risultati sui decenni passa¬ ti, un recente stu¬ dio della Banca Mondiale trova che ventiquattro paesi in via di svi¬ luppo (ove abitano complessivamen¬ te 3 miliardi di persone) che negli Anni 90 hanno raddoppiato il proprio grado di apertura verso l'estero hanno anche regi¬ strato una crescita media annua del pro¬ dotto lordo pari al 50/*), mentre altri Pvs as¬ sai più lenti nello sviluppo dì un'econo¬ mia aperta (ove abitano altri 2 miliardi di popolazione mondiale) hanno addirittura registrato nello stesso periodo una con¬ trazione media annua del prodotto lordo pari all'1%. Gli stessi ventiquattro "globali- zers" hanno visto il proprio indice di vita attesa crescere a livelli vicini a quelli regi¬ strati dai paesi ricchi nel 1960: una per¬ formance nettamente superiore alla me¬ dia degli altri Pvs. Paesi ancora oggi mol¬ to poveri come il Vietnam e l'Uganda (meno di 500 dollari correnti di reddito prò capite) hanno visto ridursi del 40- 50oZo la propria fascia di povertà assoluta. La Dichiarazione Ministeriale sottoscritta Fabrizio Onida, professore ordinario di economia Internazionale all'Università Bocconi, ha presieduto l'Istituto italiano per ii commercio estero (ice)

Persone citate: Abdoulaye Wade, Fabrizio Onida

Luoghi citati: America, America Latina, Asia, Doha, Qatar, Uruguay, Vietnam