Taleban e americano dal surf al Kalashnikov

Taleban e americano dal surf al Kalashnikov SQUIMBRATO O TRADITORE? ADESSO RISCHIA LA PENA Dr MORTE NEL SUO PAESE Taleban e americano dal surf al Kalashnikov Figlio di una famiglia bene californiana, John si era convertito diciottenne all'Islam, il padre gli pagava i corsi di arabo in Yemen Poi il viaggio in Pakistan e la cattura nella fortezza degli orrori personaggio Paolo Mastrolilli NEW YORK DURANTE la guerra del Viet¬ nam Jane Fonda andò ad Hanoi, si calò in testa l'elmetto, e pensò bene di farsi fotografare dietro un'arma della contraerea. Era solo una trovata politica, perché Hanoi Jane non sapeva sparare contro i B-52, ma co¬ munque provocò una tempesta che l'ha inseguita fino alle scuse di qualche anno fa. Con John Phillip Walker Lindh, però, la storia è diversa. Il ragazzo, insie¬ me ad altri due taleban che sostengono di avere il passapor¬ to americano, ha imbracciato il mitra e lo ha usato sul serio contro i soldati spediti da Bush a cacciare Osama bin Laden. Dunque è un traditore? Ha per¬ so il diritto alla cittadinanza e merita il tribunale militare? Op¬ pure è solo un ragazzo uscito : 'uori di testa, che ha bisogno di un bravo psichiatra? Ieri il capo del Pentagono, Rumsfeld, ha evitato di rispon¬ dere: «In una prigione dei tale¬ ban abbiamo trovato un indivi¬ duo col mitra AK47, che dice di essere americano. Si trova sotto il controllo delle nostre forze, così come altri due che sostengo¬ no la stessa cosa. Stiamo verifi¬ cando, e se la cittadinanza verrà confermata, godranno di tutti i diritti che comporta». Ma è un traditore? «Non sono un avvoca¬ to - ha risposto il ministro della Difesa - e quindi non voglio usare parole che possono avere un peso legale. Gli esperti stan¬ no valutando la situazione, e vi faremo sapere le conclusioni». Brutta storia davvero, in mezzo alla guerra contro il terrorismo. In teoria i tribunah mihtari non dovrebbero funzionare con John e gli altri due americani, perché sono riservati agli stra¬ nieri, a meno che aver combattu¬ to con un esercito nemico faccia perdere la cittadinanza. Il ragazzo potrebbe essere incriminato per tradimento e processato da una corte norma¬ le, con la pena di morte sullo sfondo, ma anche qui gli esperti legali sostengono che i parame¬ tri per l'accusa sono particolar¬ mente elevati. Un'altra ipotesi è il reato di sedizione, più facile da provare, ma tutto cambiereb- be se qualcuno dimostrasse l'at¬ tiva collaborazione dì John agli attentati dell'11 settembre. Il padre, Frank Lindh, vorrebbe dargli «un grande abbraccio, e anche un piccolo calcio nel sede¬ re, per non avermi detto cosa combinava e non avermi chie¬ sto il permesso di andare in Afghanistan». La soluzione «ma¬ rachella», però, potrebbe non risultare così facile. Durante la rivolta nella fortezza di Qala-i- Jangi, prima di essere ferito e catturato, John potrebbe aver contribuito all'uccisione dell' agente della Cia Mike Spann. Il giovane poi ha detto di condividere le stragi compiute da al-Qaeda a New York e Washington, e se ha partecipato alla loro organizzazione, nessu¬ no lo salverà dalla pena capita¬ le. Ma come ci è finito a Mazar-i- Sharif un ventenne americano di buona famiglia? John è nato a Washington nel febbraio 1981, dall'avvocato Frank Lindh e l'in¬ fermiera Marylin Walker. Il suo nome viene dalla passione dei genitori per i Beatles, e rappre¬ senta un tributo a John Lennon, ammazzato davanti al Dakota building di New York due mesi prima. Il ragazzo era cresciuto nel ricco villaggio di Silver Spring, Maryland, prima di tra¬ sferirsi con la famiglia in Califor- nia, nel ricco quartiere di San Anselmo, Marin County, pochi chilometri a nord di San Franci¬ sco. L'amico d'infanzia Andrew Cleverdon dice che amava il football e ì soldatini Gì Joe, ma non aveva alcuna fissa militare o politica. A scuola andava bene ma era un po' originale, e così i genitori lo trasferirono dalla Redwood High School alla Tami- scal High, un istituto «alternati¬ vo» per cento studenti dotati artisticamente, che in pratica potevano scegliere i programmi come volevano. John era cresciuto come cat¬ tolico, ma verso i 16 anni gli capitò per le mani la famosa autobiogafia di Malcolm X, e decise che quella era la sua strada. Si mise a studiare l'islam e la cultura araba, e a frequenta¬ re una moschea vicino casa. Poi si presentò all'Islamic Center di San Francisco, e disse al diretto¬ re Ebrahim Nana che voleva convertirsi. Si fece crescere la barba, cominciò a vestire col turbante, e cambiò il nome pri¬ ma in Sulayman al-Lindh e poi in Sulayman al Paris. Il padre decise che era megho lasciarlo fare: «Era un bravo ragazzo, impegnato in uh viaggio spiri¬ tuale. Mi sembrava che gli faces¬ se bene, e quindi lo sostenni». Lo sostenne fino al punto di farlo diplomare in anticipo, e pagargli il viaggio per andare a studiare l'arabo nello Yemen, a 17 anni. Da li John si spostò a Bannu, in Pakistan, per appro¬ fondire l'islam col gruppo Tabli- ghi Jamaat, un movimento a cui appartiene anche il musicista Cat Stevens che oggi si fa chia¬ mare Yusuf Islam. Nel maggio scorso poi aveva mandato una e-mail al padre, dicendo che andava sulle monta¬ gne del Pakistan per evitare il caldo dell'estate, e quindi si sarebbe fatto vivo più raramen¬ te. In realtà aveva incontrato alcuni maestri dei taleban, si era innamorato della loro dottri¬ na, e aveva attraversato il confi¬ ne dell'Afghanistan per unirsi a loro. Come sia finito a combatte¬ re, per il padre Frank resta un mistero, perché' «è un ragazzo pacifico e sensibile». Secondo la madre Marylin, impegnata in un «divorzio amichevole» dal marito, «gli hanno lavato il cer¬ vello. Non conosceva un'anima in Pakistan, e quindi era facile convincerlo». Così è diventato il «taleban americano», e forse riportarlo a casa vorrà dire pro¬ cessarlo e condannarlo. L'uomo sulla destra è un americano che si è arruolato con i taleban: ha detto di chiamarsi Abdul Hamid e avere 20 anni