Primo processo in Italia a Al Qaeda

Primo processo in Italia a Al Qaeda Primo processo in Italia a Al Qaeda Alla sbarra il 20 dicembre i membri della «cellula» milanese MILANO Sarà il primo processo in Italia a un gruppo di terroristi islamici legati, secondo le accuse, a Osama Bin La- den. Il pubblico ministero Stefano D'Ambruoso ha infatti depositato nei giorni scorsi la richiesta di rinvio a giudizio per i primi sette arrestati dell'inchiesta sulla cellula di Al Qae¬ da, e ieri è stata fissata la data dell'udienza preliminare: il 20 dicem¬ bre prossimo. Si tratta del gruppo di imputati catturati in parte nell'aprile scorso e in parte in ottobre, ora tutti in carcere. Ritenuti membri effettivi del «Gruppo salafita per la predicazio¬ ne e il combattimento», sono accusati di associazione per delinquere finaliz¬ zata al traffico di armi, di esplosivi e anche di aggressivi chimici, ricetta¬ zione, contraffazione, utilizzo di do¬ cumenti falsi e favoreggiamento del¬ l'ingresso di clandestini in Italia. Tra i sette imputati che dovranno compa¬ rire davanti al giudice delle indagini preliminari Luca Pistorelli, anche «Sa- ben), ovvero Essid Sami Ben Khe- mais, considerato uno dei capi della cellula milanese «con la funzione fondamentale di indottrinare gli adepti, diffondendo il pensiero del gruppo, cosi con-oborando l'attività delinquenziale». Essid Sami, arresta¬ to a Gallarate, era spesso in contatto con l'uomo che viene considerato «l'ideologo» in Europa di Al Qaeda, Tarek Maaroufi, ricercato in Italia ma libero in Belgio, a Bruxelles, dove risiede. Gli altri accusati, sono consi¬ derati invece dei gregari: Kammoun Mehdi, chiamato Khaled; Bouchou- cha Moktar, alias Farid; Ben Soltan Adel, Chaarabi Tarek, Aouadi Moha- med Ben Belgacem e Jelassi Riadh. Stralciata invece la posizione di «Mohamed il tedesco», ovvero Ben Heni Lased, libico, arrestato a Mona¬ co di Baviera e estradato dalla Germa¬ nia il 23 novembre. Viene considera¬ to uno dei punti di riferimento della rete terroristica per i suoi frequenti viaggi tra l'Italia e la Germania. Al¬ l'appello manca però, é forse manche¬ rà per sempre, il pezzo più importan¬ te dell'organizzazione: quel Mah- mud Abdelkader es Sayed, fuggito da Milano nel luglio scorso. Ex imam della Moschea di via Quaranta, Es Sayed non solo aveva contatti con i responsabili di Al Qae¬ da, ma avrebbe partecipato anche ai campi di addestramento in Afghani¬ stan. Secondo fonti della sicurezza egiziana, Es Sayed sarebbe anche più importante di quanto ritenuto finora. Nel suo paese, dove deve scontare una condanna a 10 anni di reclusio¬ ne, viene considerato uno dei più alti dirigenti della Jihad egiziana nonché stretto collaboratore di Ayman El Zawahri (il numero due di Al Qaeda). Soprannominato «Yunness», Es Sayed, personaggio ambiguo e proba¬ bilmente in contatto con più di un servizio segreto, dopo essere fuggito dall'Egitto, incarcerato e poi liberato dalla Siria (per intervento del mini¬ stro della difesa di quel paese) avreb¬ be riparato in Afghanistan per diver¬ so tempo. Da lì avrebbe compiuto viaggi in Yemen, Sudan, Giordania, prima di approdare a Milano. Sua particolare abilità sarebbe quella di falsificare documenti e tim¬ bri (specialità a quanto pare piuttosto comune tra gli estremisti islamici). Sposato con tre figli, in luglio (ma secondo altri, poco prima dell'I 1 set¬ tembre) sarebbe riuscito a tornare in Afghanistan. [p. col.] Il loro leader, l'ex imam della moschea di via Quaranta, è però riuscito a sfuggire alla cattura n fondamentalista islamico. L-Fbi ha scoperto il «vademecum» dei seguaci di g Laden