Italia in bilico tra l'Olp e Israele

Italia in bilico tra l'Olp e Israele NEGLI STESSI MRTITI CONVIVONO DA SEMPRE FILO-ISRAELIANI E FILO-PALESTINESI Italia in bilico tra l'Olp e Israele Ambiguità ed «ecumenismo» dei nostri politici ieri e oggi analisi Filippo Ceccarelli SI fa presto - troppo presto, specie in giornate come que¬ sta - a dire che il mondo pohtico italiano è diviso tra filo-palestine¬ si e filo-israehani. Non che una divisione non esista, o non possa legittimamen¬ te essere invocata. Il problema è che se misurata nell'arco di 50 anni risulta una divisione semph- cistica, incompleta e anche prov¬ visoria nella sua pur eccezionale durata. Di questa sostanziale e inesora¬ bile ambiguità il Berlusconi che l'altro giomo riceveva calorosa¬ mente Arafat promettendogli un «piano Marshall» e che oggi spin¬ ge la propria solidarietà ad Israele andando a pregare in Sinagoga, ecco, l'impossibilità di semplifica¬ re l'etemo dilemma pohtico itaha- no è tutto qua. Nel fatto che, a prescindere dalle preghiere e dai piani Marshall, laggiù si combat¬ te. E allora: con chi sta Berlusco¬ ni? Prevale il socio di Al Waleed o il figlio di una famiglia che nasco¬ se degh ebrei? Tutto questo per dire che, al dunque, se proprio deve scegliere tra israeliani e palestinesi, il mon¬ do pohtico italiano sceghe di stare con tutti e due. O almeno: tende a farlo sistematicamente, con ima fermezza pari solo all'astuzia che riserva a questa specie di impossi¬ bile acrobazia. L'ammiraglio Fulvio Martini, recordman di permanenza al ver¬ tice dei servizi segreti, che sulla questione deve senz'altro aver maturato qualche esperienza, ha scritto che i govemanti italiani hanno messo in atto nei confronti del problemi mediorientali «un comportamento diciamo così ecu¬ mènico». E il fascino della defini¬ zione sta tutto in quel «diciamo così». Eppure, scrive anche Marti¬ ni nel suo «Nome in codice: Ulis¬ se» (Rizzoli, 1999) che queU'ecu- menismo ha pagato, sia pure con qualche rimostranza (americana e di «alcuni ambienti ebraici»). Con tali premesse, ma tentan¬ do di ridurre la complessità, si può senza dubbio riconoscere che sì, certo, in Italia ci furono e ci sono filo-israeliani e filo-palesti¬ nesi. Il punto è che non di rado - e comunque in tempi nei quah le appartenenze erano assai più rigi¬ de di oggi - gh uni e gli altri convivevano negh stessi partiti, negh stessi governi e negh stessi apparati di sicurezza. Così, i due cavalli di razza democristiani, ossia Moro e Fan- fani, puntellarono da subito l'Olp; mentre Spadolini, nel 1982, non volle nemmeno ricevere Arafat. In un messaggio di fine anno, una volta, Pertini disse una cosa tipo: «Ma che voghono insomma que¬ sti ebrei?»; mentre Palmella e i socialdemocratici li difendevano ad ogni costo. I neo-fascisti, con tutta probabilità, su Israele la pensarono a lungo in modo che ancora oggi risulterebbe inconfes¬ sabile; mentre il pei, molto sempli¬ cemente, seguiva la linea deh' Urss e stava con i palestinesi. Sui socialisti le còse si fanno già più complicate. Nenni era senz'altro filo-israeliano, come do¬ cumenta un opuscolo {«Nenni e Israele» prefazione di Giorgio Cangi) che lo ritrae durante una visita a kibbutz, alle Knesset, sul Golan, con Golda Meir e Abba Eban. Al suo fianco c'è sempre un ragazzone, un autonomista mila¬ nese così accanitamente filo-isra¬ eliano che la sinistra più becera sostiene sia addirittura in affari con Tel Aviv, import-export di pompelmi Jaffa. E' Bettino Craxi, il futuro leader di un'Italia proiet¬ tata nel Mediterraneo e perciò amica, o megho pronta a salva¬ guardare il ruolo dell'Olp. QueUo stesso Craxi il cui intervento all' Intemazionale socialista farà uscire dalla sala i laburisti di Israele; l'uomo che anni dopo morirà in Tunisia potendo conta¬ re su im unico vero amico rimasto- gh pubblicamente fedele, Yasser Arafat. Questo per dire come cambia¬ no le cose - e anche le etichette di «filo» e di «anti». Giulio Andreotti è uno che ne sa qualcosa. Acceso filo-atlantico negh Anni Sessanta, diviene in seguito la bestia nera dei dirigenti israeliani, ai quah un jiomo, con suprema malizia teo¬ logica, si permette di citare la Bibbia in senso pacifista. E tuttavia, superati i singoli passaggi, di nuovo pare di scorge¬ re l'eterna ambivalenza itahana, quel suo impossibile sceghere en¬ trambi le parti, come il vero dato costitutivo su cui riflettere. E riflettendo si capisce che sono le condizioni oggettive, più che le debolezze soggettive, per una vol¬ ta, a imporre quell'approccio dop¬ pio, ecumenico, appunto: la relati¬ va vicinanza, gh interessi econo¬ mici e petroliferi, i sensi di colpa per il fascismo e le leggi razziah, il senso di giustizia per chi non ha una patria, la presenza del Papa, le pressioni americane, la fedeltà della sinistra alTUrss, una vivace comunità israelitica, la paura del terrorismo palestinese, un terrori¬ smo autoctono, a un certo punto, in qualche modo magari anche incoraggiato o assecondato da chi, come ha scritto l'ex presiden¬ te della commissione Stragi Gio¬ vanni Pellegrino in (.(Segreto di Stato» (Einaudi, 2000), aveva inte¬ resse a «soffiare sul fuoco deUe nostre instabilità»... Troppe questioni, davvero; e nessuna meritevole di essere sem¬ plificata. Prigioniero nel «carce¬ re» deUe Br, il povero Moro scris¬ se sull'argomento Medio Oriente due paginette che ancora oggi suonano al tempo stesso dramma¬ tiche e attuah. «Datala complessi¬ tà e minuziosità degh avvenimen¬ ti - comincia - non ne è possibile, e 1;anto meno a memoria, ima rico¬ struzione compiuta». Che tutta¬ via ancora manca.