Terroristi esperti di media di Paolo Colonnello
Terroristi esperti di media Terroristi esperti di media Così funzionava la rete di comunicazione Paolo Colonnello MILANO «Hai fatto bene a fare quell'articolo là, così ci aiuta tanto...scrivine un altro e scrivi così, così, così...hai capito come?». 13 gennaio 2001. Pochi giorni prima, l'ambasciata statunitense a Roma viene chiusa per paura di un attentato terroristi¬ co. E il clamore suscitato dalla notizia diventa argomento di un'al- lannata conversazione tra Essid Sami Ben Khemais, alias «Saber» (arrestato in aprile), considerato il capo della cellula milanese legata a Osama Bin Laden, e Maaroufi Ta- rek, cittadino belga di origine tunisi¬ na, probabilmente imo dei pezzi piùgrossidelToi^anizzazione terro¬ ristica installata in Europa, indica¬ to dall'Fbi come uno dei mandanti del mancato attentato, in quanto capo del «Gruppo combattente tuni¬ sino» e ricercato in Italia da aprile come il vero ideologo della cellula milanese. In quelle intercettazioni, per la prima volta, gli inquirenti s'imbat¬ tono nel livello più sofisticato del terrorismo islamico: quello della strategia della comunicazione. Un aspetto finora impensabile nelle indagini sull'estremismo fonda¬ mentalista. Esiste insomma, anche per l'Italia, un livello notevole di controinformazione e Tarek Maa¬ roufi è l'uomo che ne tira le fila. Così, l'ideologo e il «capocellula», nella loro conversazione non parla¬ no di esplosivi, anni o mujihaiddin (sebbene non manchino accenni), ma di qualcosa di molto più impor¬ tante e decisivo: «E' uscito il giorna¬ le oggi?», chiede Saber. «Sì è uscito l'articolo», risponde Tarek. «Allora me lo mandi!». «Si, ma sappi che il giornalista mi ha detto che è uscito anche sul giornale che da voi si chiama...della sera...». Saber insi¬ ste: «Scrivi anche al giornale inter¬ nazionale. Le Monde...perché è me¬ glio, hai capito cugino? E' meglio perché si vendono in qualsiasi po¬ sto, negli aeroporti, nelle stazio¬ ni...Anche a Le Monde lo puoi man¬ dare...così sistemi le cose...così met¬ ti nei casini l'altro paese e auguria¬ moci che ci vada bene». Tarek farà di più: rilascerà inter¬ viste anche a giornali italiani. In una successiva conversazione, ol¬ tre a definire Osama Bin Laden «il grande capo», Tarek informa Saber sia di un articolo su Repubblica che di una possibile intervista televisi¬ va: «Aspettiamo l'intervista die fan¬ no in televisione e dopo ti chiamo e organizziamo la nostra situazio¬ ne...». Poi un riferimento: «Non dimenticare che Rai Uno ha parlato tanto per quella soluzione là, il. giorno 6 gennaio...». Infine, in una nuova conversazione del 27 febbra¬ io, 4 giorni dopo l'intervista a Re¬ pubblica, una rivelazione: «Ti dico di più, il giornalista mi ha passato anche delle informazioni, mi ha detto che in Italia sono ricerca- to...Io gli ho detto che ero pronto, che non ho nessun collegamento. Hai capito?». Strano, perché in quel periodo Tarek non risulta essere ricercato in Italia: il suo nome verrà scritto per la prima volta su un ordine di cattura solo il 4 aprile. Tarek Maaroufi non è «un com¬ battente» nel senso stretto del ter¬ mine, e nemmeno un «operativo», ma ufficialmente uno stimato pro¬ fessore dell'«Institut de recherches et'd'études des civilisations» a Bru¬ xelles, il luogo da cui, si scoprirà più tardi, partono tutti i filmati sulla guerriglia e le pubblicazioni di Osa¬ ma Bin Laden ritrovati negli ultimi mesi durante le perquisizioni della polizia nelle case degli indagati e nei locali del Centro Islamico di Viale Jenner. Per questo il nome di Tarek viene inserito nella prima rosa degli 8 terroristi da arrestare in aprile. Sfuggirà alla cattura per¬ chè nel frattempo era tornato in Belgio, dove tutt ora, nonostante le richieste di estradizione avanzate dalla procura milanese, vive libero e al sicuro. Interrogato infatti dal ] irocuratore Del Re qualche mese a, non è stato considerato sufficen- temente pericoloso da meritare un arresto e le carte trasmesse dagli italiani poco significative per proce¬ dere a un'estradizione.
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