«Niente pace senza un confine vero» di Fabio Galvano

«Niente pace senza un confine vero» LO SCRITTORE PACIFISTA RILANCIA LA SUA PROPOSTA: SEPARIAMO I DUE POPOLI «Niente pace senza un confine vero» Yehoshua: ci vuole il coraggio di abbandonare gli insediamenti intervista Fabio Galvano UN disastro, una tragedia. Sono stato via, rientro pro¬ prio in queste ore dall'Italia e non so darmi una spiegazione di questa catena di attentati». Reduce da Firenze, lo scrittore israeliano Avraham B. Yeho¬ shua vede avverarsi quelli che erano i suoi incubi più tremen¬ di. Uomo di pace, scopre di essere nel cuore di un Paese dove la morte, più che mai, è in agguato. Che differenza c'è fra que¬ st'ultima ondata di sangue e quelle che, purtroppo, da decenni punteggiano i con¬ trasti in quella parte del mondo? «Non riesco a capire se questi attentati siano frutto di un disegno volto a intensificare la guerra contro la popolazione civile d'Israele, o se si tratti di una maledetta coincidenza di iniziative separate; come quelle che si potevano verificare in passato, per intenderci. L'unica cosa certa, a mio avviso, è che tutto questo succede perché nessuno ha il coraggio di affron¬ tare la realtà e di fare qualcosa di concreto per risolvere la crescente violenza». Quale sarebbe, secondo lei, la soluzione? «Occorre, e di questo ho cercato di convincere molti amici incon¬ trati nei giorni scorsi a Firenze, che un vasto gruppo d'intellet¬ tuali europei, naturalmente sen¬ za israeliani né palestinesi fra le loro file, dia vita a forti pressioni sui governi europei affinché questi, a loro volta, | premano sul govemo israelia- no. Qualcuno potrebbe parlare di interferenza. Ebbene, sia pu¬ re interferenza, se necessario. Ma occorre un'azione robusta, attiva: perché la violenza conti¬ nuerà finché non si riuscirà a separare israeliani e palestine¬ si». Separare? Come? «Fisicamente. Israele dovrebbe ritirarsi da parte dei territori, abbandonare o addirittura di¬ struggere certi insediamenti. Soltanto in quel modo sarà possibile creare un vero confine e ridurre, al tempo stesso, le sofferenze dei palestinesi. Altre pressioni vanno esercitate sul¬ l'Autorità palestinese, l'Anp, mi¬ nacciando la sospensione di ogni aiuto economico se non ci sarà un chiaro sforzo da parte sua per bloccare il terrorismo». Sono belle intenzioni e bel¬ le parole. Ma ci sono due pericoli. Il primo è che nes¬ suno ascolti. «Israele ascolterà, se l'Europa compatta farà la voce grossa, se minaccerà - al limite - di sospen¬ dere i rapporti con il govemo di Gerusalemme qualora non fos¬ se aperto ogni possibile canale per trovare una forma di com¬ promesso che porti alla pace. E ascolterà anche Arafat, perché non può fare a meno dell'appog¬ gio pohtico e degli aiuti concreti del mondo estemo». Il secondo rischio sarebbe il riconoscimento, di fatto, di uno Stato palestinese. «Senza un confine, un confine preciso, non ci può essere solu¬ zione alla tragedia in cui siamo tutti coinvolti. La verità e che ci troviamo di fronte a due popola¬ zioni entrambe travolte da un'ondata di follia. La follia israeliana consiste nel sapere bene che cosa è necessario fare per conquistare la pace, e cioè abbandonare gli insediamenti e creare un preciso confine, ma al tempo stesso avere paura che attuare un programma del gene¬ re possa creare un impressione di debolezza. Quella è davvero una follia del governo. Ma c'è anche la follia dei palestinesi: quella di perseguire con l'arma del terrorismo una lotta contro la popolazione d'Israele, senza rendersi conto che la distruzio¬ ne di un popolo non apre le vie della pace ma soltanto quelle di vaste ritorsioni e quindi, in definitiva, di nuove tensioni». Quali sono le sue paure in questo momento cosi criti¬ co per l'intero scacchiere mediorientale? «Che il govemo d'Israele non rinunci alla sua politica territo¬ riale, in altre parole che non chiuda lo stolto capitolo degli insediamenti. Proprio l'inter¬ vento dell'Europa potrebbe por¬ re fine a tale atteggiamento di Gerusalemme. L'altra paura è che l'Autorità palestinese non voglia o non possa esercitare le dovute pressioni su Hamas e sulla Jihad. Per questo conti¬ nuo a ripetere che la creazione di un vero confine potrebbe essere la soluzione che il mondo civile si auspica: perché con un confine sarebbe molto più faci¬ le anche per l'Anp controllare che cosa fanno, all'interno del territorio palestinese, i vari gruppi dell'estremismo che so¬ no in questo momento coinvolti nei terribili fatti di sangue. Queste sono le mie paure e sono le paure di tutti coloro - israeba- ni e palestinesi - che ritengono essenziale ucire dalla spirale della violenza. Basterebbe crea¬ re quel confine, quella lunga linea si sicurezza. Ma per farlo, purtroppo, occorrono volontà politiche che oggi si stenta a vedere». «L'Europa deve fare pressione su entrambi i paesi: perché Gerusalemme si ritiri dai territori e l'Anp faccia dei chiari sforzi per fermare il terrore» Lo scrittore israeliano Avraham B. Yehoshua

Persone citate: Arafat, Yehoshua