IN DIFESA DEL ROSSORE
IN DIFESA DEL ROSSORE PILLOLA ANTITIMIDEZZA IN DIFESA DEL ROSSORE Mina SPERIAMO chel'Escita- lopram non fun¬ zioni. 0, alla fac¬ cia del pharma- cologically cor- rect, la pillola contro la timi¬ dezza che pro¬ mette disinvol¬ tura e baldanza a chi sente le gote arrossarsi e manifesta qualche insi¬ curezza in ambito sociale. Continua e si incancrenisce la smania di considerare come una malattia tutte le manifestazioni umane che non corrispondono ai modelli imposti. Non sei sicuro, non sei aggressivo, non sei spaval¬ do? Allora sei malato, perché non ti adegui al cliché dell'uomo vincen¬ te. E se obietti, confessando a te stesso che quel tuo sentirti legger¬ mente impacciato di fronte agli altri sia solo un handicap insignifi¬ cante, ci sono sempre gli esperti di turno, lo psicanahsta o il tuttologo da rotocalco femminile, pronti a convincerti che sei affetto da «di¬ sturbo da ansia sociale». A suppor¬ to accorrono poi anche gli statisti¬ ci, che incasellano tutto nei nume¬ ri ed equiparano la tua fobia a quella che colpirebbe il 130Zo degli americani. E proprio perché sei malato, sei da curare con l'ennesi¬ ma pillòlètta, fruttò'"dell'ultima reboante scoperta scientifica. Ma io preferisco le persone timide, anzi, addirittura quelle imbarazza¬ te. Nella mia considerazione stan¬ no di gran lunga davanti agli aixo- ganti, a quelli che fanno della loro sicumera il marchio d.o.c. del loro «stare in società». Ai protervi, a quelli che se ne vanno tra la gente armati di sussiego e di tracotante presunzione, preferisco i taciturni. Sono molto più interessanti quelli che, quando escono dalla loro riser¬ vatezza, con poche pesanti parole sanno andare al centro delle cose. Tutto il contrario dei vacui parlato¬ ri, come quelli che riescono ad essere verbosi anche quando emet¬ tono un solo monosillabo, o come quei tuttologi che vomitano frasi a getto continuo finché non trovano qualcosa da dire. Le parole più importanti che abbia sentito in vita mia sono quelle non dette. Quelle che si sono fermate sul limitare delle labbra e non si sono rivestite della fisicità di un suono, che le avrebbe inevita¬ bilmente banalizzate. Quelle che mi hanno lasciato la facoltà di immaginare più di quanto avrebbe¬ ro potuto esprimere. Quelle che vivono di sospiro, che poggiano più su un'intenzione che su un conte¬ nuto esplicito. Quelle del cuore. Il ragionier Giustini lo sa bene. Ma poi ritoma spesso a pensare che l'eloquio fluente, quello che lui non ha, è spesso ritenuto segno di importanza. Per questo l'altro ieri, leggendo la notizia della miracolo¬ sa pilloletta, è rimasto immobile sulla pagina del giornale per alcuni infiniti minuti. Ondeggiava tra il pensiero trasognato di un lungo discorso virilmente cialtrone, fatto davanti agli occhi dei colleghi, sbarrati dalla sorpresa, e la convin¬ zione che la sua disabitudine alla parola sarebbe stata invincibile. Alla fine, dopo quegli infiniti minu¬ ti di consueto silenzio e di incon¬ sueti pensieri, gli è balenata la soluzione definitiva: avrebbe com¬ prato quella scatolina di Escitalo- pram e l'avrebbe messa sul comodi¬ no antico, guardandola tutte le sere prima di coricarsi. Sapendo che, forse, sarebbe rimasta sempre lì, come arma inutilizzata. Impossi¬ bilitata a vincere quella timidezza che è la sua vera forza.
Persone citate: Giustini
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