Friba e Sayed in cela per vivere un amore

Friba e Sayed in cela per vivere un amore ROMEO E GIULIETTA NELL'AFGHANISTAN DEL DOPO TALEBAN Friba e Sayed in cela per vivere un amore Lei di buona famiglia, lui imbianchino: ai tempi del regime integralista erano stati condannati per la loro relazione Sono tornati in carcere per evitare la vendetta dei parenti inviato a ISLAMABAD ERA così, l'amore ai tempi di Kabul. Quando Friba ha raccon¬ tato la sua storia, i carri armati erano appena entrati e portavano sulla torretta uomini con le barbe sporche di terra, i kalashnikov a tracolla, e scarpe da ginnastica sotto i calzoni della tuta mimetica. I talebani erano scappati. La prigio¬ ne di Pol-i-Charld era stata libera¬ ta, e anche quella di Sedarat. Friba l'amore l'aveva conosciuto dietro cmeste sbarre, un ragazzo che fa l'imbianchino, con i capelli neri e gli occhi più neri, che si chiama Sayed. Gustavo Sburrati, della tele¬ visione cilena Canal 13, era andato davanti alla galera di Pol-i-Charki con il cameraman e il suo autista, un tipo che veniva da Peshawar e gli diceva sempre don't worry, yankee. C'erano due guardie fuori. Gli dissero: «Non c'è più nessuno. Andate via». Poi presero qualche dollaro e gh aprirono il portone. La prima cella che vide Sburrati, do¬ vette tapparsi il naso per la puzza. I muri gocciolavano d umidità. Non c'erano finestre, e neanche un ces¬ so. «I bisogni li facevano in un canaletto», dice, un lurido ruscello che passava sotto la parete e porta¬ va via pure i topi. Per le donne c'erano i ceppi di ferro, così stava¬ no legate. Siccome l'amore è una speranza, Friba aveva chiuso gli occhi e sognato. Quando i talebani scappavano, erano usciti assieme nella luce del giorno, con Kabul in festa. Adesso, lei ha voluto tomare dentro. Anche lui. Fuori, li vogliono uccidere: il loro amore non piace alle famiglie. Friba e Sayed sonò gli unici prigionieri di Kabul. Hanno anche trovato delle secondine che veglia¬ no pietose sulla loro storia. Una di loro l'ha portata davanti a ungior- nalista che non riusciva a spiegarsi quello che stava succedendo. La guardia diceva: «In prigione, lei salva la vita e l'amore». Ai tempi dei taleban, Friba era stata arresta¬ ta e condannata «per una relazione inappropriata», un peccato che le donne fanno contro i loro padroni: s'era permessa di rifiutare il matri- monio con un ricco cugmo che l'aspetta ancora paziente sorseg¬ giando il té nella sua villa. Ai tempi dell'Alleanza del Nord, invece, la famiglia l'ha presa a bastonate appena è tornata a casa: «O sposi chi ti diciamo noi, o ti tagliamo le orecchie e il naso». L'altra famiglia ha pestato pure il povero Sayed e lui l'ha rapita per affermare la sua passione. Dev'essere per questo che Friba crede tanto nell'amore: 0 sogno è l'unico riscatto. Anche in una cella come quella che ha visto Sburrati, con una sola branda, no¬ ve materassi per terra, il rivolo dei rifiuti, i topi e neanche una lama di luce che sbuca da qualche parte. Il Daily Telegraph dice che Friba sem¬ bra una ragazza forte. Lo si può capire dagli occhi, neri come quelli di Sayed. «Ma sono felici», ha detto la secondina. Porta un vestito a fiori e lo scialle verde. Ripete che è pronta «a fare qualsiasi cosa per Sayed», e allora la secondina sorri¬ de. A Pol-i-Charki, Sburrati ricorda dei corridoi «freddi e bui come la morte». I portoni che sbarravano le ' celle avevano dei chiavistelli spessi e grandi come un braccio. Quando si chiudevano facevano crac! «e chissà che vita doveva essere là dentro». Può esistere qualcosa di peggio? Esiste qualcosa di megbo, ha detto Friba. Meglio di Kabul e della loro esistenza di perseguitati: «Con Sayed, ogni istante è speciale. Non potrei vivere senza di lui. Non m'importa quello che pensano mio padre e la mia famiglia. Se non ci fanno stare assieme, noi staremo insième per sempre qui dentro. Meglio cosb. La sua famiglia non ha nemmeno trattato. Ha ordinato: «Esci e sposa tuo cugino. Avrai salva la vita». E lei? «Piuttosto che rinuncia¬ re a chi amo, preferirei morire», ha detto al Dai¬ ly Telegraph. La fami- glia ha minacciato: «Se non lo sposi, morirai lapidata. Come meriti». Chi è più coraggioso dei due? La guardia dice che non lo sa. Nel mon¬ do di Kabul come dap¬ pertutto c'è il coraggio di chi può vincere e di chi non vincerà mai. Forse non è la stessa cosa. Un capo della poh- zia dice che è stato co¬ stretto a indagare su di lui: «C'era una denun¬ cia contro Sayed per rapimento fatta dal pa¬ dre di lei». E per Friba? «E' contro le leggi». Il direttore del carcere di¬ ce che «rilasciare i due giovani potrebbe espor- 11 al rischio di farli uccidere dalla famiglia della ragazza». Allora, adesso devono stare dentro o rinun¬ ciare all'amore. Gustavo Sburrati quando è uscito aveva conati di vomito. L'odore era terribile. Il cameramen cristonava: «Non è ve¬ nuto niente. Non c'era un filo di luce». Jahid, un tagiko che s'era fatto un po' di galera, ricordava che «ai tempi dei taleban, bastava una minima infrazione ed erano basto¬ nate, pugni, botte col calcio del fucile sulla testa e sulla pancia». Sburrati aveva visto copie del Cora¬ no abbandonate, decreti del mullah Omar sui tavoli, scudisci in pelle dei poliziotti. «Non è venuto nien¬ te?», chiedeva. NeUe celle, c'erano per terra i burqa stracciati. Non ha chiuso le porte per andar via. Tanto è uguale. Una cella del carcere di Pol-i-Charki nella capitale afghana

Persone citate: Giulietta Nell'afghanistan

Luoghi citati: Islamabad, Kabul