Indagine sulla strage in carcere di Francesca Sforza

Indagine sulla strage in carcere L'ALLEANZA DEL NORD SI PIEGA ALLA RICHIESTA INTERNAZIONALE Indagine sulla strage in carcere Amnesty: che è successo a Qala-i-Jangi? dibattito Francesca Sforza inviata a BONN SONO scappata dall'Afghani¬ stan per motivi politici - dichia¬ ra Rabida Ahmir, senza velo, con suo marito a fianco, dopo una conferenza stampa a Bonn con l'ex commissaria europea Emma Boni¬ no -. Preferirei non rivelare tutte le ragioni che mi hanno costretta a partire, posso dire però che i mujaheddin non sono quei difenso¬ ri dei diritti civili che sembrano in alcuni momenti». Cioè? «Sono sta¬ ta fortunata, ho potuto studiare letteratura francese all'Università di Kabul, ma non certo per merito dei mujaheddin. Alla fine non ce l'ho fatta più e con mio marito sono venuta in Europa. Adesso vivo in Francia, con i miei tre figli. No, non ho più rapporti con la mia famiglia d'origine». Rimbalza a Bonn la notizia che l'Alleanza del Nord ha consentito all'inchiesta di Amnesty Interna¬ tional sul massacro avvenuto nel carcere di Qala-i-Jangi, vicino a Mazar-i-Sharif. Secondo alcuni os¬ servatori della Croce Rossa, nella zona dov'è avvenuto lo scontro tra i carcerati in rivolta e i mujahed¬ din dell'Alleanza si sente ancora, a distanza di giorni, l'odore acre della carne bruciata e dei coipi mutilati. Su quel fazzoletto di Af¬ ghanistan sono morti almeno sei¬ cento combattenti di Osama bin Laden di diverse nazionalità (so- irattutto pakistani, ceceni e ara- Di), cinquanta mujaheddin dell'Al¬ leanza e un agente della Cia. Se la rivolta sia stata sedata con ferocia e se ci siano stati eccessi da parte delle truppe di Dostum, sarà Amne¬ sty International a stabilirlo. Nel frattempo ci si chiede se quest'epi¬ sodio non riveli l'esistenza di una spirale di violenza e di vendette che potrebbe vanificare lo sforzo delle IwiTioni Unite e dei delegati afghani che in questi giorni parla¬ no, con sempre maggiore convin¬ zione, della possibilità di un Afgha¬ nistan più stabile. «Non dimentichiamo - dice Em¬ ma Bonino, ieri a Bonn per presen¬ tare il progetto «Un giorno di digiu¬ no per la presenza delle donne nel govemo provvisorio afgano», orga¬ nizzato dal partito radicale tran¬ snazionale - che quando i taleban presero il potere, la popolazione li accolse con molte speranze, pro¬ prio a dimostrazione che tutte queste libertà civili non c'erano neanche prima. Non ci illudiamo che la spiegazione "taleban catti- vi"-"mujaheddm buoni" sia convin¬ cente». Il momento è adesso, sugge¬ risce Bonino: «Prima che la comu¬ nità intemazionale si dimentichi dell'Afghanistan, bisogna creare delle strutture che garantiscano la difesa dei diritti civili e delle mino¬ ranze. Altrimenti finisce come in Kosovo. C'è forse pace, democra¬ zia, rispetto dei diritti, in Koso¬ vo?». Le dorme, poi, sono particolar¬ mente a rischio: «O entrano a far parte della composizione di un govemo in questa fase, quando tutti gli occhi del mondo sono puntati su di loro, oppure fra due anni, appena ci sarà un'altra emer¬ genza intemazionale, delle donne afghane non interesserà più nulla a nessuno». Un successo, per Amnesty Inter¬ national, che avrà il compito di portare all'attenzione intemazio¬ nale che cosa è realmente successo nella fortezza di Qala-i-Jangi, do¬ ve i mujaheddin sono stati sorpresi a slegare le mani di prigionieri taleban già morti o aggirarsi tra i cadaveri con coltelli e sacchetti di plastica in mano. «Sono contento che sarà possibile chiarire l'accadu¬ to - ha detto ieri a Bonn un osservatore della delegazione del gruppo di Roma -. E' bene che le cose che succedono in Afghanistan siano a conoscenza di tutti. Il problema del nostro Paese è che per troppo tempo è vissuto isolato dal resto della comunità intema¬ zionale. L'Afghanistan è una terra divisa, piena di contraddizioni, in cui i diritti vengono calpestati da tutte le parti e chi li rispetta viene confuso con gli altri». Anche il panorama femminile, in Afghanistan, non è eoa unani¬ memente votato all'abbandono del burqa come i giornalisti vorrèbbe- ro. Persino la bellissima Fatima Gailani - sorella del delegato del gruppo di Peshawar che, con il suo velo verde smeraldo, ha incantato l'intero Hotel Maritim - ha detto che la polizia di Kabul ha fatto bene a disperdere le manifestazio¬ ni di donne che reclamavano mag¬ giori diritti civili. Ma come, signo¬ ra, lei non è qui per difendere la presenza delle donne nel govemo transitorio, per far sì che le donne potessero andare a scuola e studia¬ re e lavorare? «Certo, ma le manife¬ stanti turbano l'ordine pubblico - risponde candida -. Penso che la polizia abbia ' to bene a disper¬ derle». Nella tarda serata di ieri sono arrivati a Bonn anche i rappresen¬ tanti di «Médecins sans fron- tières», che oggi incontreranno la stampa e alcuni delegati afghani. «L'inchiesta di Amnesty - dice il segretario generale, Robert Mé- nard - è il segno che si vuole cominciare a vedere chiaro su che cosa succede nel Paese. Ma in Afghanistan si muore ancora per . un mihone di motivi diversi». Bonino: creare strutture che garantiscano la difesa di diritti civili e minoranze, o finisce come in Kosovo

Persone citate: Ahmir, Bonino, Dostum, Fatima Gailani, Osama Bin Laden, Robert Mé