L'AIleanza: no a stranieri in Afghanistan di Emanuele Novazio

L'AIleanza: no a stranieri in Afghanistan L'AIleanza: no a stranieri in Afghanistan Sulla forza di pace prime difficoltà alla Conferenza di Bonn Emanuele Novazio inviato a BONN Al secondo giorno e dopo la mediatica ritualità degli ab¬ bracci iniziali la Conferenza sull'Afghanistan in corso al Petersberg - la foresteria del governo tedesco sulle collme di Bonn - accetta la normalità e il realismo del contenzipso fra etnie diffidenti e rivali. E si dispone alla possibilità che siano soprattutto di facciata - o di comodo, in vista della conferenza dei Paesi donatori che si aprirà il 5 dicembre a Berlino - gli accordi con i quali la Camp David sul Renò si chiuderà quasi certamente en¬ tro il fine settimana. Come dire un'intesa generale o «di quadro» da ridiscutere poi sul terreno, a Kabul. E' Yunus Qanooni, «ministro degli Interni» dell'Alleanza del Nord e uomo chiave del verti¬ ce, ad assumersi il molo di severo censore di qualsiasi pre¬ maturo-entusiasmo: con' una méssa a punto, secca e ridutti¬ va, sul ruolo dell'ex re Zahir Shah nell'Afghanistan del dopo- taleban. E, soprattutto, con il rifiuto di una forza multinazio¬ nale di sicurezza, non importa formata da chi: «Non ntì vedia¬ mo la necessità, non ne abbia¬ mo bisogno, la sicurezza esiste. sul posto», scandisce Qanooni. «Qualsiasi forza dovrà essere composta da afghani e soltanto da afghani», è il messaggio dell'inviato del «presidente» Rabbani che presenta forti sin¬ tonie con la posizione america¬ na («Non abbiamo ancora preso una decisione ma riteniamo che la sicurezza al momento sia molto soddisfaciente», so¬ stiene l'inviato di Bush, James Dobbins). Se la durezza di Qanooni può far piacere a Washington, con¬ sapevole dell'ostilità delle diffe¬ renti fazioni afghane vèrso una presenza armata straniera, il nodo della sicurezza è invece motivo di scontro fra Nazioni Unite e Alleanza del Nord, il gruppo più numerosb qui a Bonn ma anche il più rappre¬ sentativo e il più forte,! conside¬ rata la sua presenza ; politica, amministrativa e militare a Kabul e in tre quarti del territo¬ rio afghano. Poco prima che Qanooni parlasse, l'inviato dell' Onu Francese Vedrèll aveva insistito sulla necessità di una «forza multinazionale» pur escludendo l'invio di Caschi blu, ipotési considerata «poco realista» e rischiosa.!Una «for¬ za» - piuttosto - composta da militari provenienti da Paesi musulmani o magari costituita su base volontaria e «mista». Con un mandato dejle Nazioni Unite, ma senza che l'Onu ne sia direttamente responsabile. Qanooni - ed è jil secondo richiamo al realismo è alla necessità di non chiudere trop¬ po in fretta dossieri chiave per gli equilibri fra etnie- smorza anche sul ruolo del pashtu Zahir Shah nell'amniunistrazio- ne ad interim che dovrà guida¬ re l'Afghanistan pbst-talebah per alcuni mesi: preparando la via alla convocazione della Lo- ya Jirga, al governò provviso¬ rio e alle elezioni. «Non credia¬ mo nel ruolo di singole persone o personalità ma in quello dei sistemi - avverte l'uomo forte del vertice, di etnia tagika - Ma se il sistema, a nosjtro avviso la Loya Jirga, deciderà che l'ex re Zahir dovrà avene un ruolo, accetteremo naturalmente la decisione». Erano stati i rappresentanti di altre delegazioni, in prece- denza, a sottolineare il consen¬ so crescente per un ritorno di Zahir a Kabul. Ma era stato soprattutto James Dobbins a insistervi, e non a caso: gli americani considerano l'ex so¬ vrano una figura chiave nella ricostituzione dei difficili equi¬ libri tribali. Capace, grazie alla vastissima popolarità che ha conservato nel paese, di svolge¬ re un «ruolo unificante» e di costituire «il'pùnto di incon¬ tro» fra i differenti gruppi. La messa a punto di Qanooni indi¬ ca che dal punto di vista dell'Al¬ leanza del Nord al re sarà riservato nel migliore dei casi un ruolo di forma più che sostanza. Ma nella fluidità dei collo¬ qui del Petersberg, dove alle sedute plenarie in presenza degli uomini Onu si alternano riunioni-fiume a quattr'occhi, le parole spese in pubblico valgono anche da sonde e da potenziali offerte di scambio, anche se sul crinale affilato dello scontro: «I colloqui non saranno facili, un granello di sabbia può inceppare l'intero motore», avverte il portavoce dell'Onu Ahmad Fawzi. Ma do¬ po tanti anni di guerra «nou ci si può aspettare che tutto si risolva in pochi giorni», riflette l'inviato delle Nazioni Unite Francese Vedrell, She risponde con una domanda a chi gli chiede se la Conferanza rischia di chiudersi con ùiftallimento: «Che cosa si intenderà, in quel caso, per fallimento?». La' variabile decisiva, nei faticosi colloqui di Bonn, rima¬ ne tuttavia oltreoceano. Riser¬ vati è nelle retrovie della Confe¬ renza, gli americani inviano chiari messaggi alle quattro delegazioni: ieri, ospite del Se¬ gretario dell'Onu Kofi Annan, il presidente Bush ha dichiarato che in Afghanistan «serve un governo stabile e aperto, in grado di garantire gli aiuti internazionali». Per ricordare che il prezzo è un accordo. li «ministro degli IntGlTli» Qanooni: non ne vediamo la necessità non ne abbiamo bisogno, la sicurezza esiste e la garantirà la nostra gente l'T"'iatodi Rabbani vede un ruolo solo formale per l'ex sovrano Bush e Annan avvertono «Serve un governo ' stabile e aperto per garantire gli aiuti» Il ministro degli Interni dell'Alleanza del Nord, Yunus Qanooni, durante l'intervento di ieri alla Conferenza di Bonn