Davanti al giudice la doppia verità di Erika e Omar

Davanti al giudice la doppia verità di Erika e Omar Davanti al giudice la doppia verità di Erika e Omar Nel primo faccia a faccia ognuno dei due ha attribuito all'altro il ruolo principale. La ragazza: a Torino ho tentato di suicidarmi Alberto Caino TORINO «Di'la verità». «Dilla tu». Un'ora di confronto provocato dalle domande dei giudici, Erika e Omar si arroccano sulle rispetti¬ ve versioni, assolutamente sim¬ metriche su tutto: gli omicidi di Susy Cassini e del figliolo, persi¬ no sul movente. Come nel più classico dei copioni giudiziari, i due ragazzi sminuiscono il pro¬ prio ruolo, tanto che alla fine, il giudice onorario Carla Negro,, neuropsichiatra infantile, chie¬ de loro conto della verità: «E' stato accertato che le vittime sono state colpite da quasi cen¬ to coltellate. Ragazzi, le vostre aiflmissioni sono molto Jpnta- ne. Avete qualcosa da aggiunge¬ re?». Silenzio. La novità più importante non emerge dall'udienza di ieri del processo con rito abbrevia¬ to, ma solo ieri se n'è avuta notizia: interrogata il 4 ottobre dal pm Livia Locci, Erika ammi¬ se di aver accoltellato anche il fratellino. Sinora era parso il contrario, tanto che una prima dichiarazione - in un pausa del processo - degli avvocati Mario fioccassi e Cesare Zaccone («La ragazza ha reso un'ampia con¬ fessione, coerente con le sue precedenti dichiarazioni») era sembrata in un primo momento poco comprensibile. Nove e trenta del mattino: i giudici entrano nell'aula al pia¬ nò terreno protetta all'esterno da una barriera di carabinieri (altri sono al cancello a bloccare i cronisti) e il presidente Ennio Tomaselli stoppa un'improvvi¬ sa e irrituale richiesta di Erika. «Vorrei fare una domanda a Omar» azzarda la ragazza. Sarà comunque lei a tenere banco ser le prime due ore riempiendo a scena con la sua voce che si incrina di commozione solo al ricordo del fratellino. Erika rac¬ conta che ha tentato il suicidio: «Una guardia ha evitato che lo facessi. Ero al Ferrante Aporti, ho legato una corda alla fine¬ stra. Ma ero guardata a vista, mi hanno salvata» Anche questa volta il padre si è tenuto in disparte, fuori dall'aula. Lo si vedrà avviarsi, alla fine, verso il cancello che porta al carcere minorile. Rico¬ noscibile in un giaccone verde militare, accanto al tutore della figlia, don Domenico Ricca, cap¬ pellano del «Ferrante Aporti». In quel momento le telecamere sono tutte puntate sugli avvoca¬ ti della radazza e l'ingegnere De Nardo può andarsene indistur¬ bato per la sua strada. Domani toccherà anche a lui entrare in aula: dopo il confronto fra i periti sulle condizioni di salute mentale degli imputati, i giudi¬ ci ascolteranno genitori e tuto¬ ri. Che cosa Erika voleva che Omar dicesse? Non ha potuto porgli la «sua» domanda, ma l'ha subito esortato: «Assumiti le tue responsabilità». L'ha fat¬ to con enfasi, a tratti con foga. Come quando l'ha punto sul vivo (attenta al ruolo di succu¬ be costruito dall'ex fidanzatine per sé) rammentandogli di aver saputo «sempre pensare con la tua testa». O quando, sentendo¬ lo fornire la sua versione, è sbottata in un colorito «tu conti balle». Il suo giorno da protago¬ nista l'ha tentata come se fosse su un palcoscenico. Non è in fondo così, considerate le prime domande rivolte ai suoi avvoca¬ ti al cancello? Voce di uomo: «Erika è sempre carina?». Oppu¬ re: «Che ne è di questo travol¬ gente amore?». Risate di gusto dei legali, i e" Chi ha assistito all'udienza sottolinea che la ragazza non ha rinunciato al ruolo di protagoni¬ sta. Ma a tenere meglio la scena è stato, a sorpresa, Omar. Alla domanda dell'altro giudice ono¬ rario, il sociologo Giovanni Ca¬ rena, su ciò che resta del loro affetto, il ragazzo risponde fred¬ do: «Mi è indifferente». Lei aveva, tre secondi prima, pro¬ nunciato un più teatrale «lo odio». L'udienza è filata via, dopo cinque ore, senza particolari tensioni. Per l'accusa le repon- sabilità sono definite. Non con¬ ta troppo che ieri i due abbiano ammesso di,aver inferto tre coltellateper ciascuno - simme¬ trici anche in questo - nell'omi- cidiodella povera mamma della ragazza. Né che, per quello di Gianluca, entrambi si siano li¬ mitati ad assumersi la responsa- bilità di aver tenuto per i piedi (lei)ie per la testa (lui) il ragazzi¬ no che si dibatteva per evitare di essere rovesciato nella vasca da bagno per essere affogato. Il fratellino di Erika era già stato ferito a una spalla al piano di sotto da Omar, come immediata reazione alla sua comparsa sul¬ la scena del delitto. E' stato rincorso e finito al primo piano della villetta di Novi perché «era diventato mio scomodo testimone». Lo si è ricordato anche ieri. E' stato il presidente ad evita¬ re troppi dettagli. I giudici vole¬ vano approfondire l'argomento movente e sono stati delusi da entrambi i ragazzi: Erika e Omar minimizzano, sfumano. Del resto, solo Omar (e soltanto ai periti) aveva fatto un raccon¬ to che ha consentito di compren¬ dere la perdita di controllo di questi .ragazzi nella mezz'ora del massacro. Osserva uno dei presenti all'udienza: «Colpisce che dietro la dimensione gran¬ guignolesca delle coltellate e del sangue si nascondano la foga di adolescenti che uccido¬ no improvvisando - più- avendo pianificato ima delle esecuzioni - e l'assènza di un movente tradizionale. Al di là del deside¬ rio di libertà che i due avevano in abbondanza». Con foga all'ex fidanzato «Assumiti le tue responsabilità tu conti balle» In una udienza precedente ha ammesso di aver accoltellato anche il fratellino Francesco De Nardo, il padre di Erika l'idea i E' stata Erika l'ideatrìce del piano, mi ha convinto. Ero vittima della sua personalità dominante ed è stata lei a scegliere il giorno in cui agire. Erika voleva eliminare tutta la famiglia per essere completamente libera. Voleva aspettare suo padre per ucciderlo ma io mi sono rifiutato, poi ha inventato la messinscena di una rapina da parte dì una banda di albanesi. \ E' stato Omar a convincermi: abbiamo pensato al delitto insieme. Omar voleva ammazzare i miei genitori, gli facevano schifo, perché fossimo finalmente liberi. Subito non lo presi sul serio. Omar sì è cambiato e ha organizzato la messinscena per far ricadere la colpa della strage su rapinatori albanesi. la madre Lei mi ha dato un coltello e dei guanti. Mi ha fatto entrare nel bagno al piano terreno perché colpissi la donna. Non ho avuto il coraggio e l'ho spinta. E' stata lei a ferirla per prima. Poi sono stato costretto a colpire la donna dùe-tre volte. A A E' stato lui per primo a colpire mia madre. Soltanto dopo l'ho colpita su ordine di Omar. I il fratello L'ho tenuto per la testa quando Erika voleva affogarlo. Luì sì dibatteva è riuscito a prenderci il coltello e ci ha minacciato. Erika lo ha colpito all'addome. Quando sono rientrato nella stanza era accovacciato in fondo alla vasca allora lei mi disse: «Dai, colpiscilo anche tu». A riscontri Gianluca urlava alla sorella: «Perché mi fai questo?» Lei ha tentato di calmarlo gli ha detto: «Porto via Oman). Così mi ha chiuso nella sua stanza. Non ho visto mentre lo uccideva. A A LE VERSIONI DEI RAGAZZI E DELL'ACCUSA /Reparto Investigazioni Spedali dei carabinieri Susy Cassini fu aggredita alle spalle mentre appena entrata in casa stava posandole chiavi dell'auto. Entrambi hanno inferto numerosi colpi, quelli determinanti sono stati dati da la mano di Omar, lo dimostra chiaramente il coltello ritrovato. Gianluca è stato ucciso perché ha visto il delitto di mia madre. Ha sentito le urla è sceso di sotto e ha visto Omar che la stava colpendo. Era terrorizzato. lo gli ho ordinato di andare via ma non ricordo poi che cosa ho fatto, non mi ricordo bene, forse anch'io gli ho dato due coltellate. A Ricordo solo Omar che andava dì sopra, lo non volevo farlo ma luì ci aveva visti. Sono rimasta in cucina mentre Omar saliva le scale. Ho sentito urlare. Sulla morte dì Gianluca è tutto confuso. Gianluca doveva essere rispar¬ miato, tenuto al piano superiore per il tempo necessario al duplice delitto dei genitori. Forse avrebbe dovuto solo vedere un uomo con il passamontagna }er sostenere la tesi degli albanesi. via Gianluca sentì le grida della madre si precipitò al piano di sotto e vide la sorella mentre colpiva. Fu proprio la ragazza a riportarlo di sopra e ad ucciderlo. Sono stati entrambi ad uccidere Lo dicono le tracce di gocciola¬ mento del sangue (2 coltelli che colpi¬ scono entrambe le vittime) ed alcune impronte trovate sul luogo del delitto. Il delitto è stato premeditato: è stato trovato un manuale sui veleni sottoli¬ neato nelle parti che riguardano l'uso di un particolare tipo di topicida. Durante i rilievi è stato trovato del topicida sul pavimento del primo piano.

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