IL SINDACALISTA NEL PARTITO di Giuseppe Berta
IL SINDACALISTA NEL PARTITO A RISCHIO L'AUTONOMIA DALLA POLITICA IL SINDACALISTA NEL PARTITO Giuseppe Berta BEN di rado la situazione sindacale in Italia è stata confusa e tormentata come oggi. A luglio è stato firmato un contratto separato dei metalmeccanici che ha esacerbato i contrasti fra la Cisl e la Uil da una parte e la Cgil dall'altra, con l'effetto di caratterizzare la confederazione di Cofferati come sindacato di opposizione. All'accordo separato la Cgil ha reagito con una mobilitazione sociale che, se è in grado di promuovere manifesta¬ zioni di massa, non sembra però poter incidere sulle relazioni industriali in fabbrica. La caratterizzazione antagonistica della Cgil è valsa per un po' ad attenuare le distanze degli altri due sindacati dal governo, almeno nel senso che questi ultimi hanno badato a non alimentare conflitti di principio. Ma non appena il ministro del Lavoro ha sollevato la questione della revisione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, si è verificato un riallineamento sindacale, seppure con i distinguo della Uil e soprattutto della Cisl, attente a non omologare le loro posizioni a quella della Cgil. Insomma, c'è tensione fra governo e sindacati, ma non ce ne di meno fra le confederazioni. L'esito del congresso dei Ds, con la svolta socialdemocratica di Fassino, rischia di avere la conseguenza paradossale di accentuare ancor più questo scenario di divisioni. Cofferati ha scelto infatti di schierare il suo sindacato contro la maggioranza del partito. Pochi l'hanno sottolineato, ma siamo di fronte a una discontinuità importante. Dopo trent'anni, i dirigenti sindacali tornano a figurare negli organismi di partito, seppellendo quella regola dell'incompatibilità fra cariche sindacali e politiche che era stata a lungo alla base dell'autonomia delle confederazioni. I sindacalisti rientrano nelle sedi di partito, ma questa volta con l'intento - sembrerebbe - di sottoporre la strategia politica a un vincolo. È una decisione che, in prospettiva, pone seri problemi ai Ds. Anzitutto, perché toglie alquanto mordente alla svolta socialde¬ mocratica, privandola di un residuo radicamento di massa. Ma non può non avere gravi contraccolpi anche sul complesso del movimento sindacale: che faranno i dirigenti della Uil, ormai per lo più entrati nel partito di Fassino? Che rapporto stabiliranno col partito di cui hanno concorso a determinare la maggioranza? In casa Cisl, le cose stanno diversamente, perché gli uomini di questo sindacato sono più legati all'universo politico della Margherita. Non di meno, per tutti questi motivi, si dovrebbe cercare di ripensare al rapporto fra sindacati e politica, magari per scrivere nuove regole, ma comunque per non cancellare l'esperienza' dell'autonomia sindacale dai partiti che è andata a vantaggio di tutti.
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