Maledetti architetti, così vi ameranno

Maledetti architetti, così vi ameranno A FINE ANNO ENTRANO IN VIGORE PROFONDI CAMBIAMENTI NELLA FORMAZIONE E NELL'ACCESSO AL LAVORO Maledetti architetti, così vi ameranno Carlo Olmo CON la fine dell'anno entrano in vigore profondi cambia¬ menti nella formazione e nel!' accesso al lavoro di una delle poche professioni riconosciute dal¬ la Comunità Europea come di inte¬ resse sociale: quella dell'architet¬ to. Quelli che sono stati «maledet¬ ti» (l'ultima declinazione la offre il sito Buildlab.com) come responsa¬ bili del degrado fisico e funzionale delle città contemporanee, hanno oggi l'occasione di ripensare identi¬ tà e ruolo, in una società che li reclama come protagonisti. Chi sono in realtà i costruttori delle città che abitiamo? Quale sarà la reale incidenza dei cambiamenti che si stanno discutendo? Che utili¬ tà ne potranno trarre le comunità? Senza entrare nel merito di processi decisionali tra i più com¬ plessi, la qualità dell'abitare, che oggi tutti sembrano evocare, più che invocare, non appartiene al DNA di chi ha costruito la città contemporanea. Imprese, burocra¬ zie (ormai largamente suddivise), professioni che hanno condiviso, quando non favorito, la frammen¬ tazione dei mestieri che danno forma alle nostre città, hanno con¬ vissuto con l'impossibilità di reali cambiamenti. L'interesse sociale che dovrebbe guidare i costruttori della città appare una bandiera, dietro la quale si sono schierati eserciti assai scarni, non solo tra gli architetti. In nessun altro setto¬ re dell'economia, d'altronde, un mercato dalle infinite regole scrit¬ te e dall'abusivismo come pratica diffusa, ha generato effetti così facilmente riscontrabili dal cittadi¬ no. Non è tanto il brutto a colpire (l'estetica architettonica e urbana è anzi tornata al centro de un confronto quasi politico) quanto la funzionalità delle nostre città. Un' occasione come quella che oggi si profila, di riordinare formazione e professione dell'architetto, non può quindi essere lasciata al silen¬ zio di accademie, ordini professio¬ nali, uffici ministeriali, senza che ogni volta che ci si ferma ad un ingorgo, che non si trova un giardi¬ no, che le scale di casa appaiono troppo mal distribuite o illumina¬ te, la responsabilità... non sia an- che del cittadino. Il diritto di citta¬ dinanza si esprime, come già awe- niva-nell'Atene di Pericle, discuten¬ do anche sulla forma urbis. È diffìcile, ma non impossibile, indi¬ viduare alcuni passaggi critici del processo di riorganizzazione che si staawiando. È facile comprendere perché accademia, professioni, imprese, burocrazie, hanno potuto sino ad oggi operare in maniera separata. Valori condivisibi¬ li (l'autonomia dell' accademia, il libe- ,,.,, ro mercato, la na¬ tura liberale delle professioni) sono diventati strumen¬ ti utili per difende¬ re l'insindacabilità delle decisioni pre¬ se. Oggi esistono due strumenti all' apparenza tecnici che potrebbero contribuire a mu¬ tare il quadro. Tut¬ ti i laureati di I e II livello che potran¬ no partecipare (con ruoli e funzio¬ ni diverse) alla co¬ struzione della cit¬ tà sono stati rag¬ gruppati in un'uni¬ ca classe (che signi¬ fica in un solo spa¬ zio formativo). Nessun percorso di studio, d'altron¬ de, potrà essere convalidato, senza che appositi orga¬ nismi (le consulte di facoltà) ne approvino la validità. I progetti formativi potranno cioè avere basi culturali e applicative comuni, im¬ prese e istituzioni saranno chiama¬ te a condividere, insieme con il progetto, la responsabilità delle scelte compiute. Due passaggi, for¬ malmente obbligati, che certamen¬ te possono tuttavia aiutare alme¬ no a svelare le carte di chi è oggi seduto a questo tavolo. Le imprese di costruzione (nella quasi indeci¬ frabile galassia che le contraddi¬ stingue) sono state assai raramen¬ te portatrici di qualità, nelle buro¬ crazie pubbliche è spesso prevalsa' la scelta di legittimare i propri Potsdamerplat ruoli, le oi-ganizzazioni professio¬ nali hanno operato sovente come casse mutue, più che come associa¬ zioni, l'accademia ha agito privile¬ giando, salvo rari casi, ima garan¬ zia astratta della propria formazio¬ ne. Un tavolo comune può elimina¬ re i giochi di prestigio, da solo non sarà sufficiente. Per garantire che questo proces¬ so rappresenti davvero l'avvio di una riforma autentica dei profili professionah, il «valore sociale» dell'architettura dovrà essere ri¬ proposto e, in qualche forma, con¬ trollato dal cittadino. Certo itecni- cismi, i linguaggi specialistici, le normative, non sembrano facilita- urbanistica re ima possibile partecipazione. Ma rendere possibile discutere un progetto, visitare tm cantiere, valu¬ tare il contesto in un'architettura prende forma, non facilita solo la formazione di un gusto per ciò che è bello e funzionale: è la condizio¬ ne di una possibile democrazia della città che si costruisce Se questa strada non sarà percorsa sino in fondo, si aprirà la strada. Non solo (e non tanto) alla conser¬ vazione di piccole rendite di posizio¬ ne per imprese, professionisti, fun¬ zionari, ma ad una riorganizzazione deimodi di costrui¬ re la città, guidata da- logiche pura¬ mente economi¬ che e produttive Per conoscere, controllare, gesti¬ re un cantiere di una qualche im¬ portanza sono ne¬ cessari anni non solo di studio/ma anche di apprendi¬ mento. Sino a non molti anni fa, le tecniche costrutti¬ ve e i valori sociali (dalla sicurezza all' igiene) che un'ar¬ chitettura traduce in pietre, appariva¬ no stabili. Si pote¬ va davvero ipotiz¬ zare una lenta e lunga maturazio¬ ne, che al limite si sofisticava con gli anni: la parabo¬ la dell'architetto che davvero ini¬ ziava a lavorare a 60 non era solo tm paradosso. Oggi questa consta¬ tazione è insieme ancor più valida e non più véra. L'organizzazione e la gestione di cantieri appena sofi¬ sticati, richiede ima pluralità dì conoscenze (e di atteggiamenti cul¬ turali). Progettare e gestire un cantiere non è solo una delle forme dialogìche più complesse e che vede aumentare i protagonisti (ba¬ sti pensare alla complessità delle tematiche ambientali o patrimo¬ niali). Oggi molte delle tecniche e dei saperi necessari per dar forma ad una casa, ad un ufficio, ad una scuola, sono in forte cambiamento e smentiscono (una volta ancora) l'immagine dell'edilizia come setto¬ re «arretrato» dell'economìa. Proprio la lunga durata della formazione (e la sua stabilità nel tempo) aveva favorito, come per altre professioni liberali, una for¬ ma particolare di mobilità: una mobilità nella stessa persona. Il cantiere, come la clinica per il medico, costituivano il terreno in¬ sieme diiverifica, di apprendìmien- to, traduzione in pratica, esperien¬ za che sola poteva garantire un insegnamento aggiornato. Oggi questo; processo è enfatizzato e esploso. Le professionalità più al¬ te, ma di ridotta entità numerica, richiedono un ancor più comples¬ so (se non lungo) processo di ap¬ prendimento: ragione che spiega come la formazione postlauream stia diventando, anche per l'archi¬ tetto (e le altre professioni liberali) una scommessa essenziale. Altre professionalità, legate al progetto come alla gestione del cantiere, si stanno invece specializzando, ma conoscono un'obsolescenza sem¬ pre più rapida: e dovranno essere prese, quasi di ciclo formativo in ciclo formativo dal mondo del lavoro. i Un problema che non è solo di formazione, non interessa solo la scuola. La nostra società è vissuta a lungo sulla formazione di élite, formatesi nelle professioni, in pri¬ mo luogo quelle liberali. Nella discussione oggi aperta sulla for¬ mazione delle classi dirigenti del paese, non avere sòtt'occhio la radicale opposizione che si sta definendo tra segmenti di un mon¬ do professionale, assai ristretti, che governano processi sempre più complessi, e un numero cre¬ scente di specialisti che, che svol¬ gono mansioni sempre meno libe¬ rali e sempre più subalterne, po- . trebbe indurre errori, anche politi¬ ci, non indifferenti. Tenere aperta una discussione con tanti protagonisti e che si svolge su diversi tavoli non è certo agevole: e il ruolo di un'informazio¬ ne capace di riconoscere e ripropor¬ re il valore sociale di un buon serramento, di una bella facciata, di uno svincolo autostradale, non è certo secondaria.. Costruire case e strade ha un interesse sociale alle decisioni non devono restare estranei i cittadini ,,.,, Potsdamerplatz a Berlino, un esempio di riqualificazione urbanistica

Persone citate: Carlo Olmo

Luoghi citati: Atene, Berlino