Trentotto delegati e due «uomini forti» di Francesca Sforza

Trentotto delegati e due «uomini forti» NEL CASTELLO-ALBERGO LUNGHI ABBRACCI COPRONO UN'ANCESTRALE OSTILITÀ' TRA GLI OSPITI Trentotto delegati e due «uomini forti» I veri protagonisti della trattativa al Petersberg sono l'inviato speciale degli Stati Uniti, James Dobbins, e il ministro degli Interni dell'Alleanza del Nord, Qanooni retroscena Francesca Sforza inviata a BONN Cf È calma a Petersberg. Nel¬ le stanze dell'albergo-ca¬ stello che ha ospitato i grandi colloqui politici della Guerra Fredda, i delegati delle diverse formazioni afghane e delle Na¬ zioni Unite seguono un ritmo completamente diversò da quel¬ lo che scandisce l'affannosa ri¬ cerca di notizie alla base dell'Ho¬ tel Maritime, nella frazione di Koenigswinter. I due mondi so¬ no separati da una decina di chilometri di tornanti, e da un dislivello di quasi 350 metri. In basso, oltre un mighaio di gioma- Usti affollano le sale dell'Hotel e il barcone allestito sul Reno per ospitare le conferenze stampa ufficiali e le troupe televisive di mezzo mondo. In alto, sulla colli¬ na dove Neville Chamberlain, nel 1938, attese di poter incon¬ trare Hitler per ratificare l'accor¬ do di Monaco, gli agenti chiama¬ ti a blindare la residenza ci lasciano passare con il solo tesse¬ rino stampa. Gli ingressi sono pigramente controllati, e anche se non è possibile accedere nei saloni dove si tengono gli incontri bilaterali, nel giardino che cir¬ conda quelle stanze è possibile incontrare delegati che passeg¬ giano, prendono il caffè nella veranda panoramica e discuto¬ no delle sorti del futuro gover¬ no di transizione afghano, «sem¬ pre che ci sarà», dice qualcuno. Il menu dei delegati non preve¬ de altre carni che cervo e lepre, debitamente cucinate dai ga¬ stronomi del Petersberg. Una riunione plenaria al mat¬ tino e un'altra la sera, per tutti i tre giorni della durata della Con¬ ferenza: «Non voiremmo abusa¬ re dell'ospitalità della Germania - ha precisato l'inviato delle Nazioni Unite Ahmed Fawzi - ma i giorni potrebbero anche essere cinque». Tra le due riunio¬ ni plenarie, i delegati si incontra¬ no a gruppi di due o di tre, e ogni colloquio rimanda di fatto al successivo. Ci si sente, ci si confronta, si cercano punti di disaccordo, si tenta di sciogliere inodi. Ma chi sono i veri protagoni¬ sti della Conferenza sull'Afghani¬ stan di Bonn? Tra i volti che affollano i tavoli della trattative, due sono i profili che più marca¬ tamente di altri si stanno deline¬ ando: da un lato l'inviato specia¬ le degli Stati Uniti James Dob¬ bins, dall'altro il ministro degli Interni dell'Alleanza del Nord Yunus Oanooni. Il primo è consi¬ derato uno dei diplomatici più inteUigenti del Dipartimento di Stato america¬ no, il secondo, già vicinissimo al generale Massud, è l'uo¬ mo ombra di Rabbani, chia¬ mato a gestire le trattative e a tessere ' intese profonde tra i recalcitranti protagonisti. Ouando si incontrano, i lea¬ der musulmani invitati alla Con¬ ferenza, impiegano circa cinque minuti per abbracciarsi, sorri¬ dersi, scambiarsi complimenti, anche'se sanno di non poter mai raggiungere un accordo comu¬ ne. Qanooni, a differenza loro, ha appreso che tra gli occidenta- li sono preferibili altre maniere. Il suo abito è di taglio classico, color marrone, e anche se il suo intervento di apertura non è stato pronunciato in inglese, ma in farsi, le sue idee piacciono agli americani, e a Dobbins in parti¬ colare. Far rientrare re Zahir dall'esilio romano e.metterlo a capo di un governo di transizio¬ ne: questa è l'idea. Un portavoce di Dobbins l'ha confermata, seb¬ bene tra infiniti congiuntivi e precisando che si tratta ancora di una proposta «di cui va verifi¬ cata l'effettiva praticabilità». Qa¬ nooni invece ci sta lavorando già da un po'. A ottobre scorso ha incontrato l'ex re Zahir nella sua villa a Roma e i colloqui della prima giornata di ieri lasciano pensare che, nei giorni successi¬ vi, si rivelerà un uomo chiave nei contatti tra Bonn e Kabul. «E' vero, Qanooni è un politi¬ co di spessore - ha dichiarato la belhssima osservatrice Fatimah Gailani, sorella di un delegato del gruppo di Peshawar - e su di lui sono appuntate molte speran¬ ze per la riuscita del congresso». Anche per quanto riguarda i diritti delle donne? «Sì, anche per quello. E' mi uomo molto sensibile, e sa che le donne, nell'Islam, non sono affatto con¬ siderate come i fondamentalisti vorrebbero fa credere. Per l'Islam - aggiunge la Gailani - quello che accade ancora oggi a molte dorme afghane non rispet¬ ta la tradizione, anzi la viola. Ci auguriamo che questa Conferen¬ za serva anche a ristabilire que¬ sta verità, e che all'interno della grande storia islamica questo periodo possa essere considera¬ to un episodio». Erano una quarantina le don¬ ne afghane che hanno manifesta¬ to ieri mattina ai piedi del Peter¬ sberg. Alcune col Velo, altre sen¬ za, tutte volevano far sentire la loro voce, e speravano di farla arrivare fino in Afghanistan. «Le nostre donne sono state a lungo oppresse dai taleban - ha detto l'osservatrice del gruppo di Cipro Fedifheh Balki, con il capo incor¬ niciato da un velo e l'aria timida - Ora si prospetta un autentico rinascimento per loro, e io sono sicura che anche noi donne avre¬ mo un futuro appropriato nella nostra società». E' sposata? Le chiediamo. «Sì - risponde abbas¬ sando gli occhi - ma mio marito è un musulmano rispettoso. Non solo dell'Islam, anche di me». A Bonn sono arrivati, in sera¬ ta, anche i rappresentanti dell'« Afghanistan Civic Society», un gruppo di giornalisti, militanti di oi-ganizzazioni non govemati- , ve in terra afghana e in Europa. Sanno di non poter entrare nei riservati cortili di Petersberg, ma sono qui per ripetere, ai molti inviati presenti, che l'Af¬ ghanistan è una società comples¬ sa, ricca, molto più diversificata di quanto la Cnn non dica. «Par- liamoci chiaro - dice uno di loro - quanti di voi sapevano dov'era l'Afghanistan prima che succe¬ desse tutto questo?». La riunione potrebbe durare fino a sabato Il menu dei partecipanti prevede alla voce carne soltanto cervo e lepre Mostafa Zahir (a destra) nipote dell'ex re afghano parla ai dimostranti a Bonn che inalberano ritratti del sovrano