«Iracheni state attenti i tempi sono cambiati»

«Iracheni state attenti i tempi sono cambiati» VICE SEGRETARIO ALLA DIFESA E COLLABORATORE PI CHENEY DURANTE LA GUERRA DEL GOLFO, P UNO DEI REGISTI DELLA SFIDA AL TERRORISMO «Iracheni state attenti i tempi sono cambiati» Wolfowitz: la necessità è prevenire che in futuro i terroristi abbiano armi di distruzione di massa. «Non saranno i marines a prendere Kandahar, le navi alleate servono a impedire la fuga dei colpevoli» intervista Maurizio Molinari inviato a WASHINGTON NELL'ANGOLO preferito del suo studio rettangolare al primo piano del Pentagono c'è un piccolo busto bronzeo di Abramo Lincoln. Paul Wolfowitz gh si siede vicino, si toglie gh occhiali da professore e incrocia le impo¬ nenti mani bianche. Considerato all'estero un super-falco, visto da vicino sembra un diplomatico che non teme di dire quello che pensa. Sul tavolo davanti a sé ha i rapporti del mattino sull'anda¬ mento deUe operazioni in Afgha¬ nistan. Durante l'intervista con «La Stampa» fa trapelare dettagh operativi inediti: non saranno i marines a prendere Kandahar, le navi alleate (italiane incluse) ser¬ vono per impedire ai terroristi di fuggire via mare, le truppe specia- li francesi sono entrate a Mazar-i- Sharif, Al Qaeda potrebbe spostar¬ si in Somaha. Ma in queste ore in cima ah'agenda c'è l'Iraq di Sad¬ dam Hussein che ha rigettato la richiesta del presidente George Bush di riammettere gh ispettori deh'Qnu. Wolfowitz ha presiedu¬ to la Scuola di Studi Strategici della Johns Hopkins University e si considera imprestato alla politi¬ ca: a 57 anni è imo dei registi della guerra al terrorismo neUe vesti di vice del Segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, e la sua voce è molto ascoltata dal vice¬ presidente Dick Cheney, a cui fu a fianco proprio al Pentagono durante la Guerra del Golfo nel 1990-91. Paul Wolfowitz, il presiden¬ te Bush ha chiesto all'Iraq di riammetere gli ispettori del¬ l'Onu ma la risposta è stata negativa. Sarà guerra? «Quello che il presidente ha detto è molto chiaro, Bush è una perso¬ na seria. Gli iracheni, o chiunque altro, farebbero bene a prestare la dovuta attenzione». Perché avete deciso di eserci¬ tare pressione su Baghdad? «La necessità è prevenire che in futuro i terroristi possano impa¬ dronirsi di armi di distruzione di massa. Qualche Paese, Iraq inclu¬ so, deve rendersene conto». Avete prove che collegano l'Iraq aU'attacco terroristi¬ co dell' 11 settembre? «Ogni Stato terrorista deve fare marcia indietro. Comportamenti che prima dell'I 1 settembre era¬ no condannati ma toUerati non lo saranno più. L'attacco all'Ameri¬ ca è stato terribile ma potrebbe essere nulla in confronto a quello che i terroristi sarebbero in grado di fare se in possesso di armi di distruzione di massa». Tuttavia nessuna organizza¬ zione o individuo indicato dal Dipartimento dì Stato come collegato all'attacco al¬ l'America ha a che fare con l'Iraq. «Sono molti i network del terro¬ re. L'Iraq per il Dipartimento di Stato è uno Stato terrorista, la documentazione non manca». Il Segretario di Stato, Colin Poweli, non considera Ba¬ ghdad un perìcolo immedia¬ to. L'Amministrazione è divi¬ sa? «Vi sono discussioni: energiche, come sempre. Il Presidente inco¬ raggia il dibattito, quando poi prende una decisione l'Ammini¬ strazione funziona come un te¬ am, con un'unica politica. Sul¬ l'Iraq c'è una vasta intesa sulla strategia, la discussione è sulla tattica. Deciderà il Presidente». Nel caso di un attacco al¬ l'Iraq non temete di perdere il sostegno di europei e ara¬ bi? «Nessuno è più disposto a tollera¬ re uno Stato che sostiene il terro¬ rismo. Per tutti è preferibile usa¬ re gh strumenti diplomatici piut¬ tosto che i mezzi militari, anche se personalmente ritengo che la diplomazia sostenuta dalle armi funziona assai megho». A quali condizioni l'Iraq po¬ trebbe essere depennato dal¬ la lista degh Stati terroristi? «Evitiamo speculazioni». Le forze militari messe a disposizione dall'Italia e da altri Paesi per l'Afghanistan potrebbero essere usate con¬ tro altri obiettivi come l'Iraq? «Sono 17 i Paesi con ufficiali di cohegamento al comando deUe operazioni a Tampa. E' lì che si prendono le decisioni. Nessun Paese dovrà partecipare a opera¬ zioni che non condivide». i In Afghanistan sentite di avere la vittoria in pugno? «Abbiamo fatto progressi. L'atmo¬ sfera è cambiata da quando tre settimane fa dicevano che erava¬ mo impantanati. Il capitolo afgha¬ no però non è chiuso. C'è ancora molto da fare nel Sud, a Kan¬ dahar. Uno dei nostri principali obiettivi ora è favorire il rafforza¬ mento deh'opposizione deUe tri¬ bù pashtun». Non saranno dunque i mtj1'- nes ad espugnare Kan¬ dahar? «Più gli afghani fanno da soli, maggiore sarà il successo e più stabile sarà la situazione. Il com¬ pito dei marines è di creare una base operativa avanzata per so¬ stenere l'opposizione nel Sud co¬ me nelle scorse settimane altre basi operative nel Nord, di cui non abbiamo parlato apertamen¬ te, hanno sostenuto l'offensiva deh'Alleanza del Nord. I marines non sono lì per fare il lavoro al posto degli afghani». Aver mandato i marines in Afghanistan è un rischio. Avete messo in conto le vitti¬ me? «C'è sempre un rischio. Gh afgha¬ ni hanno accolto i soldati alleati nel Nord come liberatori. Dobbia¬ mo essere prudenti perché nessu¬ no lì ha le mani ,pulite, ma i taleban sono talmente odiati da aver unificato tutti». In che condizioni è l'organiz¬ zazione Al Qaeda? «Li abbiamo messi in fuga, sulla difensiva. Il loro sistema di comu¬ nicazioni è saltato. Ma siamo all'inizio, molti leader ancora sfuggono. E' bene rammentare che Al Qaeda non esiste solo in Afghanistan ma in sessanta Pae¬ si, a cominciare dagh Stati Uniti e dal Medio Oriente. Li bracchere¬ mo ovunque, non avranno scam¬ po. L'obiettivo simbolico della guerra resta Osama bin Laden, è un uomo diaboheo che deve esse¬ re punito, ma quello che conta è smantellare l'intero network». Che fine faranno i taleban e i membri di Al Qaeda? «Chi si è macchiato di terrorismo, ovvero di crimini contro l'umani¬ tà, dovrà risponderne». Dopo la guerra resterete con le truppe in Afghanistan? «L'interesse è che non diventi ancora un santuario per i terrori- sn, ma sappiamo bene che da quelle parti gli stranieri fanno presto a diventare impopolari. Una certa nostra presenza rimar¬ rà. Saranno benvenuti contributi di altri Paesi». Gh alleati vogliono parteci¬ pare alle operazioni militari ma l'impressione è che gli Usa facciano resistenza. E' così? «A Mazar-i-Sharif ci sono già un ospedale giordano e le truppe speciah francesi. A Bagram vi sono gh inglesi. E' l'inizio di una presenza intemazionale. I Paesi che gh afghani conoscono meno, come l'Italia, saranno accolti me¬ gho. In questo momento é urgen¬ te evitare che i terroristi fuggano via mare, per questo è importan¬ te il contributo di quei Paesi che, come l'Italia, sono presenti con le navi. L'altro giomo alcune imbar¬ cazioni apparentemente con a bordo profughi pakistani legah e illegali sono state fermate nel¬ l'Oceano Indiano da canadesi e francesi». Quanto durerà la guerra? «Parliamo non di mesi, ma di anni. La verità è che non lo sappiamo. Una lunga guerra non signfica però una lunga campa¬ gna militare. Si combatte anche con l'applicazione delle leggi. Non sarei sorpreso se fra due anni vi fossero ancora membri di Al Qaeda nelle montagne afgha¬ ne». Al Qaeda potrebbe trasferir¬ si altrove? «Trovare ospitahtà non sarà faci¬ le. Una delle preoccupazioni ri¬ guarda però queUe zone dove 'autorità del governo non c'è». La Somalia? «Non faccio nomi, la lista di tali luoghi è ben nota». Un gruppo di marines si prepara a bordo della portaerei «Peleliu». In basso, il vice segretario Usa alla Difesa Paul Wolfowitz