«Sono stato io, li ho mandati a morire»

«Sono stato io, li ho mandati a morire» . IL DOLORE NELLA CASERMA DEI POMPIERI E LA DISPERAZIONE DEL CAPOTURNO «Sono stato io, li ho mandati a morire» «Fra loro un ausiliario, ha insistito per andare assieme ai compagni» protagonisti ROMA HANNO le divise verdi e gialle sporcate di calce e sangue e piangono abbracciati, come bambini. Sono pompieri. Hanno perso tre amici sotto quel palazzo - altri due sono in fin di vita - e stanno ancora scavando, cercando tra le mace¬ rie altri corpi, altri aliti di vita. Sandro ha trent'anni e ha lan¬ ciato lontano casco e guantoni bianchi, cammina nervosamen¬ te toccandosi i capelli, con la mascella serrata. Pensa a loro, al capogruppo Danilo Di Veglia, trovato per ultimo, che con il suo corpo ha fatto da scudo a un operaio. Pensa soprattuto al più giovane di tutti, Sirio Coro¬ na, che indossava la divisa solo da sei mesi. Li chiamano ausi- liari, ma rischiano la vita come gli anziani. Lui non aveva espe¬ rienza, dicono adesso di lui i colleghi. Ma averla avuta non avrebbe cambiato il destino. Il suo sangue è su quei guanti bianchi che adesso sono gettati sul van del camioncino rosso dei pompieri. Ricordano la sua giovane vita spezzata in una qualunque giornata di lavoro. Alle 8 di ieri mattina Sirio era in caserma, distaccamento No- meptano in via in via Romagno¬ li. La solita routine: la doccia, la barba, indossare la divisa e poi il caffè da mescolare con chiacchiere e battute. Ieri ha inisistito: «fatemi an¬ dare ...». L'entusiasmo di chi ha appena iniziato un' avventura con quella divisa verde e gialla sognata a lungo è immagmata da bambino insieme ai supere¬ roi. Il, tempo di ima presa in giro, di una spettinata ai capelli da parte degli amici ed era sull'auto, a sirene spiegate. Co¬ si è andato incontro alla morte, schiacciato dal crollo dei solai degli appartamenti ai piani su¬ periori, insieme a Danilo Di Veglia, il bello del gruppo, fisi¬ co da culturista, il capo della squadra amato da tutti. Fuori, accanto all'auto c'era Di Lorenzo, l'autista. Racconta¬ no: «È rimasto schiacciato da un'auto che gli è piombata addosso». Per lui non c'è stato scampo. Anche Alessandro Ma¬ nnelli e Corrado Baldassarri al momento dell'esplosione si tro¬ vavano in strada, erano appena scesi dall' autopompa e stava¬ no sistemando le tubazioni. An¬ che loro sono stati schiacciati dalle auto trasformate in gigan¬ teschi proiettili. Le loro condi¬ zioni ieri notte erano disperate. Il capoturno che ha inviato la squadra in via Ventotene non si dà pace: «Li ho mandati a morire», ripete come una litania. Racconta: «Terremoti, alluvioni, abbiamo fatto di tut¬ to insieme ed eravamo una squadra affiatata. Stamattina quando sono stato in ospedale mi è venuto incontro il fratello di Fabio Di Lorenzo, due gocce d'acqua. Per un momento ho pregato Dio che lui non fosse morto e invece quella che sem¬ brava una partenza come tante altre, per due cassonetti in fiamme si è rilevata l'ultima volta in cui ho sentito le loro voci». E' il tempo delle lacrime, ma anche della rabbia. Domenico e Roberto si tolgono il casco è rimangono con i capelli sudati sotto la pioggia. Lo , sguardo fisso verso quel cratere che si è aperto nella palazzina, una tomba per i loro amici. «Noi - dice uno di loro - facciamo questo mestiere per passione, rischiamo, muoriamoe come ci ripaga lo Stato? Con Una busta paga da due milioni e 70 mila lire al mese». Accanto c'è Ser¬ gio che rivendica il ruolo del pompiere, l'importanza di un mestiere ignorato. Quando qualcuno gli dice della solida¬ rietà dei colleghi di New York sospira: «Altro che America, altro che eroi. Qui da noi quan¬ do passiamo con i camion la gente ci fischia o protesta sen¬ za pensare che stiamo andando a salvare vite e a rischiare le nostre. Ma lo sapete che in Italia non esiste una festa nazio¬ nale del pompiere e nemmeno un monumento?». Con la rabbia le voci si molti¬ plicano. Sandro: «Quando an¬ diamo nei posti assieme a cara¬ binieri e polizia siamo noi che facciamo il lavoro duro e poi veniamo ignorati. Mai un rico¬ noscimento. Adesso ci ascolta¬ te perché ne sono morti tre di pompieri e avete la notizia...». Cinismo o forse verità, senti¬ menti comunque comprensibili in un giorno di lutto. Nessuno dei vigili morti era sposato. De Lorenzo, 37 anni, era fidanzato con là cuoca della mensa del distaccamento vigili del fuoco di via Romagnoli. Le nozze, sognate e progettate, sarebbero state tra un anno. Nessuno aveva il coraggio di parlare con questa ragazza che la capito la verità dalle lacrime degli amici. Per Corrado Baldassarri, in coma, il padre spera in un miracolo. A Montereale, in pro¬ vincia deh'Aquila, dove è cre¬ sciuto, lo ricordano «generoso, sportivo, buono». Federico Capelli, è l'unico della sesta squadra dei vigih del fuoco che l'ha scampata. E' in ospedale, con il dolore per la perdita degli amici che a tratti sovrasta il sollievo di essere ancora in vita. Dice: «Oggi la Madonna mi ha aiutato». Hanno perso tre colleghi, altri due lottano per restare vivi «Finiti così, schiacciati dai solai p dalle auto scagliate in aria» - «Siamo sempre noi a fare il lavoro più duro» L'unico sopravvissuto «Oggi la Madonna mi ha aiutato» Auto e motorini sono stati-scagliati a decine di metri di distanza durante l'esplosione

Persone citate: Corrado Baldassarri, Danilo Di Veglia, De Lorenzo, Federico Capelli, Sirio Coro

Luoghi citati: America, Italia, Montereale, New York, Roma