Lo sciopero generale ora è più vigno di Roberto Ippolito

Lo sciopero generale ora è più vigno Lo sciopero generale ora è più vigno Oggi i sindacati decidono, lo scontro parte dagli statali Roberto Ippolito ROMA Un gesto dì cortesia. Ma nulla di più. Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi accoglie così Sergio Coffera¬ ti, Savino Pezzetta e Luigi Angeletti. Ai segretari della Cgil, della Cisl e della Uil sì limita infatti a dire dì comprendere le loro ragioni sulle tutele cóntro ì licenziamenti immotivati: «Vi capisco ma voi dovete capire noi» mette le mani avanti il premier. Nella sala degli Arazzi a Palazzo Chigi, poco dopo le venti, cala subito il gelo. La premessa di Berlusconi non può che avere un risultato: «Non è possibile cominciare con ima marcia indietro» annuncia il premier. E' con queste parole che rende nota, nell'in¬ contro con ì sindacati, la decisione di non accogliere la richiesta delle tre confederazioni dì mettere nel cassetto l'annunciata modifica dell'artìcolo 18 dello statuto dei lavoratori. Il govemo confenna invece che in alami casi, per i licenziamenti riconosciuti dalla magistratura senza giusta causa, è previsto solo un risarcimento e non pm il reintegro. In pochi secondi svaniscono le voci su una possibile mediazione. In pochi secondi vengono cancellate le soluzioni alternative al centro per tutta la giornata dì voci incontrollate. E l'ipotesi di sciopero generale sì fa più concreta: decìderanno oggi ì direttivi delle tre confederazioni. Berlusconi ha scelto quindi dì rompere con ì sindacati, irritandoli, incurante della minaccia dì una nuova ondata di scontri sociali estesi anche alla dirompente questione del rinnovo del contratto del pubblico impiego, settore questo destinato a fare da battistrada alla protesta. Una rottura, dunque, anche se il presidente del consiglio a Cofferati, Pezzetta e Angeletti garantisce che non avrebbe voluto imbocca¬ re questa strada: «Ci tengo moltissimo, con il massimo della volontà, a fare le cose insieme» dichiara il presidente del consiglio. Ma altro che collaborazione! Ora i sindacati sono sulle barricate, lamentando dì aver messo in guardia sulle conseguenze della mancata manna indietro. Cofferati, Pezzetta e Angeletti non hanno più nemme¬ no molto da dire. Avevano detto e ripetuto che per loro l'intervento sull'articolo 18 andava cestinato e basta. Nella sala degli Arazzi ì tre leader sindacali non fanno altro che ripetere le motivazioni contrarie alle dero¬ ghe (sperimentali per quattro anni) al reintegro. Illustrano il loro no, sfruttando la rinuncia del ministro del lavoro e delle politiche sociali Roberto Maroni a rispondere all'insolita richiesta di Berlusco¬ ni dì spiegare le ragioni della modifica allo statuto dei lavoratori. Ma ormai c'è poco tempo per le spiegazioni. Sì consuma lo strappo. Sabato a ima manifestazione delle Adi a Verona, Maroni aveva detto dì sentirsi tra l'incudine e il martello, cioè stretto tra le pressioni sindacali e quelle della Confìndustria. Per l'articolo 18 ha respinto le sollecitazioni della Cgil, della Cisl e della Uil. Ed è andato incontro parzialmente alle tesi della Confìndustria che chiedeva una modifica molto più netta. L'intervento deciso «è il minimo che si può fare per aumentare la flessibilità del mercato del lavoro» fa sapere poche ore prima dell'appuntamento fra gover¬ no e sindacati il consigliere per le relazioni industriali della Confìndustria Guidalberto Guidi. Ma il sindacato promette battaglia e ora il passo verso lo sciopero generale è davvero breve: «Questa prospettiva - ha annunciato Angeletti al termine dell'incontro con Berlusconi- ora è più vicina, il govemo ci ha fornito solo aiigomentazioni polìtiche». Sulle pensioni invece il govemo sembrava più in sintonia con ì sindacati dopo la bocciatura da parte della Confìndustria della riforma progettata da Maro¬ ni. Ma è possibile scindere la questione mercato del lavoro (di cui l'articolo 18 è solo un punto) dalla questione pensioni? In realtà ì diversi temi sono legati. E a Palazzo Chigi affiorano tutti i problemi. Berlusconi si dichiara indisponibile anche alle richieste sindacali per il rinnovo del contratto di lavoro del pubblico impiego: non ci sono le risorse necessarie. Il premier fa presente infatti cbe è indispensabile un attento controllo della spesa pubbli¬ ca: «Stiamo a guardare la lira in maniera pazzesca» dice. E così chiude il portafoglio oltre che il dialogo con i sindacati. Parole secche. Scelte precise. Berlusconi dà la sensazione di aver misurato bene i suoi passi. Tutta¬ via ai sindacati confida di non aver potuto approfondi¬ re tutte le questioni dell'economìa: «Ho avuto poco tempo». E poi precisa alludendo all'incontro a pranzo con il presidente della commissione europea Romano Prodi e a tutti gli impegni legati alla guerra in Afghanistan: «Le questioni intemazionali mi hanno occupato molto». Ma ora il capo del govemo deve fare i conti con l'aspra reazione delle tre confederazioni. Esauriti i margini di trattativa con le confederazioni anche sul contratto del pubblico impiego «Non ci sono risorse» 1 Là Conf industria «La delega è II minimo che si può fare per aurinentare la flessibilità»

Luoghi citati: Afghanistan, Maroni, Roma, Verona