KENZABURO OE La guerra ambigua contro il terrorismo

KENZABURO OE La guerra ambigua contro il terrorismo PREMIO NÒBEL199*4 PER LÀ LETtÉRÀTURAKENZABURO OE KENZABURO OE La guerra ambigua contro il terrorismo intervista Philippe Pons GLI americani cercano in Afghanistan una proble¬ matica vittoria finale sul ter¬ rorismo. Secondo lei è una risposta appropriata agli at¬ tacchi dell' 11 settembre? «Vedendo e rivedendo le im¬ magini della distruzione del World Trade Center di New York, mi sono detto che si tratta davvero di un nuovo tipo di guerra, come ha affermato il presidente Bush. La prima of¬ fensiva di questa guerra si è conclusa con una disfatta per il sistema militare, economico e culturale degh Stati Uniti. Trat¬ tandosi di un attentato terrori¬ stico, questa disfatta non ha disonorato gli americani; però ha reso evidente la vulnerabili¬ tà delle civiltà a forte concentra¬ zione urbana. Una vulnerabilità già sottolineata dalla minaccia nucleare, che però poteva essere attenuata dal rischio di ritorsio¬ ne e dunque dall'equilibrio del terrore. Stavolta il contesto è stato differente. Gh Stati Uniti avrebbero dovuto riconoscere la loro sconfitta ed elaborare una pohtica per rimediare alla gigan¬ tesca ostilità nei loro riguardi che si è accumulata su scala planetaria. Questa politica avrebbe sicuramente beneficia¬ to di un più vasto consenso nel mondo, in particolare da parte dell'Europa occidentale che ri¬ schia di essere vittima di atten¬ tati analoghi. Una tale pohtica da parte americana sarebbe sta¬ tai una ScèM efSicà.' Ifivece, fMé'àé sostfegnb-: aelttJtìpotò americano il presidente Bush ha voluto'raccogliere la"sfida lan¬ ciata di terroristi e dichiarare una guerra da cui è dubbio che gh Stati Uniti possano uscire vincitori. Oggi, di fronte alle sofferenze del popolo deh'Afgha¬ nistan e al caos in cui è sprofon¬ dato quel Paese, l'inumanità del terrorismo che ha colpito gh Stati Uniti risalta meno». Come giudica la disponibili¬ tà di quasi tutti i grandi Paesi a sostenere (con la benedizione delle Nazioni Unite) l'azione mihtare americana in Afghanistan? «Le grandi nazioni sono entrate in una "battagha ambigua", per riprendere il titolo di un roman¬ zo di John Steinbeck ("In Du- bious Battle", 1936, tradotto in Itaha semphcemente come "La battagha", ndr) perché le moti¬ vazioni sono equivoche. La lot¬ ta contro il terrorismo va intra¬ presa. D'accordo. Ma penso che per condurla a buon fine gh Stati Uniti abbiano soprattutto bisogno di tempo, in questa "guerra nuova" che ha esigenze molto diverse da quelle eh una guerra convenzionale in cui ser¬ vono dei rapidi e forti colpi di reazione. Gh Stati Uniti avreb¬ bero dovuto prendere del tem¬ po per far rimarginare le ferite che sono state loro inflitte e forse più ancora per avviare una riflessione sulle cause degli attentati, invece di lanciarsi in attacchi alla cieca. Questa rapi¬ dità è stata giustificata con il timore che i terroristi preparas¬ sero una seconda offensiva. Ma le cose stavano davvero così? Washington non ci ha offerto una benché minima valutazio¬ ne del rischio. Prima dell'inizio dei bombardamenti sull'Afgha¬ nistan solo il dipartimento di Stato americano e l'Fbi lancia- v&ho" mòniti secbhdo cui "ima " àtìcohdà àittó di attentati sàfób^'; be stata imminente. E adesso a ctepuHtò siamo? Siamo al peg¬ gio. Anche se gh Stati Uniti e la Gran Bretagna riuscissero a uc¬ cidere Bin Laden o ad arrestarlo per condurlo in giudizio, non penso che una tale "soluzione" sia efficace per rimediare alla vulnerabilità dei Paesi occiden¬ tali. Al contrario, rischierebbe di suscitare una seconda e una terza ondata di terrorismo che della "battagha ambigua" che rischia di essere assai-lunga. L'informazione secondo cui Bin Laden disporrebbe dell'amia nu¬ cleare e sarebbe pronto a utiliz¬ zarla non ci fa intrawedere uno scenario infernale al cui con¬ fronto gli attentati alle Torri gemelle, già spaventosi, ci sem¬ brerebbero all'acqua di rose?». Che cosa pensa dell'atteg¬ giamento del Giappone e dell'apposita legge che il suo Paese si è dato per poter inviare le sue truppe all'estero? «La Costituzione e la democra¬ zia giapponese anteguerra sono morte'quel giorno, o almeno sono entrate in imo stato coma¬ toso, contagiate dalla febbre bellicistica degh Usa. Cosa an¬ cor più grave, nessun movimen¬ to ha provato a rianimarla». La questione centrale re¬ sta: che cosa hanno fatto gli Stati Uniti per suscitare tutto quest'odio? «Le ragioni sono più vicine di quanto sembri, ma non abbia¬ mo voluto vederle. Come dice l'americano Noam Chomsky il terrorismo di cui sono rimasti vittima gh Stati Uniti è stato nutrito dalla globalizzazione, dall'estensione dell'economia neoliberale, dalle ingiustizie crescenti che vi sono connesse e dalla supremazia mihtare ame¬ ricana. Più che l'espressione di un odio passionale, vedo dietro questi attacchi delle ragioni strutturali. Invece il presidente Bush e il popolo americano hanno percepito il terrorismo a livello emotivo, cosa che. ha permésso loro di mobilitare del¬ le forze armate gigantesche e dei considerevoh mezzi econo¬ mici distogliendo gli occhi dalle cause fondamentali». L'Occidente si propone co- possibili valori di portata universale la cui formula- zioué fosse differente da quella occidentale, senza per questo perdere il loro valore universale?. Per esempio la nozione di uma¬ nesimo preesisteva nel¬ l'Asia orientale al contatto con l'Occidente? «Sono discepolo di Kazuo Wata- nabe, studioso che ha consacra- miei libri ho sempre cercato di mettere afuoco coloro che vivo¬ no ai margini della società, ignorati dalla "grande storia". Questo mi ha portato a parteci¬ pare al movimento di protesta dei cittadini giapponesi per i quali la presenza di truppe americane a Okinawa è diventa¬ ta un problema politico. In Ci¬ na, in Corea e in Giappone certo esistevano poteri oppressivi pri- «tea ro che si opponevano all'oppres¬ sione erano-animati da-valori umanistici che non erano d'im¬ portazione occidentale, e c'è tutta una letteratura a mostrar¬ lo; Il fenomeno contemporaneo della globalizzazione deve in¬ durci a riesaminare le culture considerate "periferiche", quel¬ le che vengono minate nella loro esistenza tradizionale, rele¬ gate nel .folklore o distrutte mmakàkSwn Jisogna riflettere,' con umiltà, sugli apporti diver¬ sificati, portatori di valori uhi- velfsali, che vej colano il buddhi¬ smo, l'Islam o ii giudaismo». Copyright «Le Monde» La risposta americana non avrebbe dovuto essere un cieco attacco all'Afghanistan. Gli Usa non possono vincere con le armi. Farebbero meglio a cercare di rimediare alla gigantesca ostilità che hanno suscitato su scala planetaria con la globalizzazione e il poco rispetto per le altre civiltà, ridotte a folklore o distrutte se troppo diverse L'attacco alle Torri gemelle di New York ha scatenato una guerra di un genere che l'umanità non aveva mai conosciuto

Persone citate: Battle, Bin Laden, Bush, John Steinbeck, Kazuo Wata, Noam Chomsky, Philippe Pons