Da Asiago alle trincee: quattro passi sull'Ortigara

Da Asiago alle trincee: quattro passi sull'Ortigara SULLE TRACCE DELLA GRANDE GUERRA CON UNA GUIDA D'ECCEZIONE: MARIO RIGONI STERN Da Asiago alle trincee: quattro passi sull'Ortigara WEEKEND Folco Portinari TROVATI qui fra tre giorni alle sette del mattino, e ti porto dove combatteva tuo padre». Rigoni Stern vive, salva la parentesi belhca '40-'45, da sempre ad Asiago, un dolcissimo altopiano, l'Altopiano dei Sette Co¬ muni appunto, uno dei più straordi¬ nari paradisi per gh sciatori di fondo e perciò frequentato dai più celebri campioni. Ma tra il 1915 e il ' 18 fu, assieme al dirimpettaio Pasu- bio, uno dei cardini della difesa italiana, specie dopo Caporetto. Tut¬ ti parliamo del Piave,.però se gli austriaci avessero sfondato ad Asia¬ go e al Pasubio sarebbero arrivati a Milano in carrozza. Mario conosce ogni pietra del suo territorio e ogni pietra ha una storia. «Quello lassù, vedi, è il Monte Cengio. il è morto Scipio Slataper, non in combattimento comunque, ma suicida, per non cadere prigio¬ niero. Cosa che invece toccò a Gad- da, su quella gobba appena a sini¬ stra. Laggiù è morto un fratello di Fabio Filzi, mentre qui alle nostre spalle è caduto un figlio naturale di Mussolini, a diciassette anni. Ti farò vedere dove gh han fatto un monumento, senza che si sappia la sua paternità, ovviamente». Arrivo, dunque, puntualissimo alle sette, accompagnato dalla mia amica Ni- va Lorenzini. Mario e la signora Anna ci aspettano. Un caffè e via. Il primo tratto, di avvicinamento ver¬ so l'Ortigara, lo percorriamo in au¬ to, passando per Gallio. A un certo punto mi dice di fermarmi. Sotto di noi c'è una valletta amena che va a incrociarsi con un'altra, coperte da un bosco di abeti. Un paesaggio idillico, mentre invece... «Proprio lì, su quella pendice si è fermata l'offensiva austriaca, verso la pianura, contenuta e battuta dalla Brigata Sassari. E' proprio qui che Emilio Lussu si è guadagnato le sue medaglie. Avete letto, spero, "Un anno sull'Altipiano', uno dei libri più drammaticamente belli sul¬ la prima guerra mondiale». Certo che l'abbiamo letto e fatto leggere a scuola, ma lui riesce a farcelo «vede¬ re», die è tutt'altra cosa. Riprendia¬ mo la strada, oltrepassiamo il rifu¬ gio di Campomulo con le sue nume¬ rose piste di fondo, celebri e celebra¬ te, arriviamo a Passo Stretto, lascia¬ mo l'auto e imbocchiamo una mulat¬ tiera verso Cima Calcherà e l'Osser¬ vatorio Torino, dov'era dislocato il Vestane. Sul fondo D Grappa, le Pale di San Martino, il Catinaccio, il versante trentino deUe Dolomiti; di fronte a noi e disposte un po' a semicerchio Cima Undici, Cima Do¬ dici, l'Ortigara, Cima Calcherà, tutti nomi che evocano le più sanguinose battaghe crudelmente scriteriate, il «Calvario degli Alpini». Quanti furo¬ no i morti nessuno lo sa, ma ogni tanto la terra restituisce, al contadi¬ no che lavora, qualdie cadavere. Italiano, austriaco, inglese? Già, per¬ ché c'era pure il corpo d'armata inglese. D altra parte, una delle attività più remunerative dell'Alti¬ piano, e per qualche decennio, fu il recupero dei bossoli dei proietti di cannone (e sui «recuperanti» Er¬ manno Olmi, vicino di casa di Rigo¬ ni, girò appunto un film). Ogni passo è un racconto di felicità fabu- latoria e di precisione storica, che cresce e ci arricchisce. I luoghi sono rimasti pressoché inalterati dal 1918, perciò vai la pena di visitarli. Trincee, camminamenti, persino re¬ ticolati fanno, di tutta un'ampia area, una sorta di museo della me¬ moria, concretamente custodita ne¬ gh oggetti («Per non dimenticare» è scritto su una colonna spezzata, suU'Ortigara). Ciò che lascia stupe¬ fatti è come quest'arco di montagne sia stato completamente rielabora¬ to dalla mano dell'uomo e conserva¬ to in quello stato, in una ben singola¬ re dimostrazione di quanto la storia possa modificare la natura. Persino nei dettagli più segreti; siamo da¬ vanti a un lungo deposito scavato nella roccia, perforato fino all'usci¬ ta sull'altro versante austriaco del¬ la Valsugana, per piazzarci nidi di mitraghatrici. «Qui stavano Novello e Paolo Monelli, tutt'e due del Vestone an¬ che loro. E' questo l'ambiente deUe "Scarpe al sole" che, tra parentesi, è un libro che andrebbe ristampato. Però guarda lì davanti a queste grotte come le erbe crescono alte e fitte più che altrove. La causa sono i muli, ottant'anni fa, che orinavano riempiendo il terreno di azoto. Non solo i cristiani ma anche i muli han cambiato il paesaggio». Dopo un paio d'ore con Mario e Niva entriamo finalmente nel ridot¬ to di Cima Caldiera, dov'è probabile che ci sia stato mio padre; missione compiuta, dice soddisfatta la mia guida. La cresta è percorsa da trin¬ cee. Su una di queste, racconta Rigoni, tutte le sere sahva il sottote¬ nente di prima nomina Rota e si sporgeva, ben in vista, per fare i suoi bisogni nella sottostante Valsu¬ gana. E gh austrìaci lo salutavano con un colpo di cannone che non lo distraeva più di tanto. Ma lui, da quel momento, ebbe l'ammirazione dei suoi veci. «Ecco, sono contento di averti portato fin quassù, dove c'erano le postazioni del Vestone. Dovevo, davvero, fartele vedere». Qualcuno, con metà dei nostri anni, ci impiega metà tempo, ma non ha le lezioni di storia e persin di botanica dì cui abbiamo goduto. Quelli con metà dei nostri anni, qui giunti proseguono per l'Ortigara, Cima Dodici, Cima Undici, per scen¬ dere poi a Passo Stretto. Buona passeggiata. DAIBIGOLI VICENTfNI AL CERVO CON POLENTA m La «Lepre bianca» è uno status symbol, ma io consiglio i più ruspanti «Al laghetto» e l'«Aurora» (dai bigoli vici tini al cervo con polenta) ole «Trefonti». Per chi scendesse dall'Ort igara affamato, sosta a! rifugio di Campomulo con tipica cucina di montagna. Da non perdere r«Osteria del lìmite», che vide illustri dienti: Francesco Giuseppe, Musil e Fritz Lang. BorgoValsugstta ^ •Pieve : A.:'-" ^ ~ nftm Ttsino T - u^A S»v6ngno """ ^"V y E n'Eilr o .\ Galli^ ^