Il vecchio Michelangelo nel buio della malinconia

Il vecchio Michelangelo nel buio della malinconia Il vecchio Michelangelo nel buio della malinconia | NTORNO alla figura di Miche¬ langelo Filippo Tuena, antiqua¬ rio e scrittore romano quaran- I tottenne, traffica da tempo, in¬ seguendo le sue tracce in archivi, biblioteche, carteggi. Ne è una con¬ ferma il suo quinto romanzo. La grande ombra, che si ricollega al libro d'esordio. Lo sguardo della paura (1991), concentrati entrambi sugli ultimi anni di vita dell'artista rinascimentale. Nell'arco di questo decennio ha pubblicato altri tre libri molto diversi, dall'intreccio più romanzesco e accattivante: li voto dell'occasione (1994), un avvincen¬ te giallo surreale giocato sulle coin¬ cidenze e sugli scherzi del tempo che passa. Cacciatori di notte (1997), misteriose sto¬ rie di fatti di sangue narrate in treno da un viaggiatore che crede ai licantropi, e Tutti i sognatori (1999), deli¬ cata anahsi dei confiitti affettivi ed esistenziah della borghesia nella Roma occupata dai tedeschi. Questo romanzo ha una parten¬ za lenta, anche per la struttura più elaborata, ma via via cattura il lettore, preso negli ingranaggi di una coralità di voci diverse e conver¬ genti sull'interiorità dell'artista. Di¬ viso tra Firenze, il luogo a cui è legato sin dall'infanzia, ma dove rifiuta di tomare nonostante i pres¬ santi inviti del granduca Cosimo de' Medici, e Roma, la città della vec¬ chiaia, trascorsa nella buia casa di Macel de' Corvi, Michelangelo è visto in una molteplicità di prospet¬ tive da chi lo ha frequentato, attra¬ verso un mosaico di lettere che disegnano un caleidoscopio sfaccet¬ tato della sua figura. Tuena ha costruito un mobile carteggio, rein¬ ventando una lingua dal sapore cinquecentesco nel gioco narrativo della finzione, a cui partecipano regnanti, banchieri, mecenati, stori¬ ci, letterati come la poetessa Vitto¬ ria Colonna, artisti come Vasari e RECEN- MasRom SIONE mo no Cellini, servitori, capo- mastri, scalpellini. Assillato dal tarlo della morte, scontento e deluso dalle trappole della vita, "il maestro sommo della bellezza delle opere incompiu¬ te" è un temperamento saturnino affetto da una crescente malinconia, che consiste nel "non poter nulla sul tempo trascorso; non poter tomare indietro per modi¬ ficare il passato, il tempo perduto". Intensa la pagina sul motivo dell'esi¬ lio volontario che ha provocato un progressivo rinchiudersi nella pro¬ pria interiorità: "quando ci si sente esuli per torti subiti, per delusioni, per speranze ingannate, si è definiti¬ vamente banditi perché è la volontà del ritomo in noi che si fa fioca. E' la malinconia allora che ci prende". Tuena sa cogliere nelle minime sfumature le contraddizioni dell'ani¬ ma dell'artista: la tristezza per la morte di Urbino, suo fedele domesti¬ co per ventisei anni, a cui si contrap¬ pone la freddezza per la scomparsa del proprio fratello. Cupa e dolente la scena della lunga agonia, con la Utanìa di decotti, pozioni, clisteri, nell'attesa della fine che lo coglie quasi novantenne. La «grande om¬ bra» del titolo è ovviamente quella della morte, ma è anche il lato oscuro della figura a cui lo scultore sta lavorando, quella che non vede ma immagina malfatta e imperfet¬ ta. 'Per lui - dice il capomastro Baronino - costruire era ricordare quel che aveva immaginato". RECENSIONE - Massimo Romano Filippo Tuena La grande ombra Fazì. pp.289, L.28.000 ROMANZO

Persone citate: Cellini, Colonna, Corvi, Cupa, Filippo Tuena, Massimo Romano, Tuena, Vasari

Luoghi citati: Firenze, Roma, Urbino