La rivolta dei poliziotti contro Bush

La rivolta dei poliziotti contro Bush La rivolta dei poliziotti contro Bush Rifiutano di interrogare persone non sospette di reati Lorenzo Seria LOS ANGELES Sinora le poche e timide voci di dissenso erano venute dalle asso¬ ciazioni che si battono per la difesa dei diritti civili e costituzio¬ nali, dai libertari di destra, da alcuni opinionisti. Ma mentre tenta di applicare un piano an¬ nunciato il 9 novembre che preve¬ de di individuare e interrogare cinquemila uomini tra i 18 e i 33 anni di origine mediorientale che «coirispondono alle caratteristi¬ che di persone che potrebbero essere in contatto con terroristi stranieri», il ministro della Giusti¬ zia John Ashcroft e l'Fbi si sono trovati davanti un ostacolo im¬ previsto quanto sorprendente: vari corpi di polizia locali, citan¬ do leggi dei rispettivi Stati che proibiscono loro di interrogare chi non è sospetto di alcun crimi¬ ne, hanno rifiutato di collabora¬ re. Un rovesciamento di ruoli, in altre parole: per anni sono state le polizie locali a finire nei guai con il Dipartimento di Giustizia per l'uso di metodi troppo aggres¬ sivi nei confronti delle comunità di immigrati. E un'ulteriore indi¬ cazione del fatto che mentre cer¬ ca di imporre tribunali militari e altri struménti straordinari per combattere il terrorismo, l'ammi¬ nistrazione Bush rischia di entra¬ re in un campo minato. Il primo a rompere pubblica¬ mente il fronte è stato Andrew Kirkland, capo della polizia di Portland, nell'Oregon. Nel suo memorandum, Ashcroft gli chie¬ deva di raccogliere informazioni da un centinaio di immigrati sul loro status migratorio, il motivo del loro arrivo negli Usa, le loro frequentazioni e anche se avesse¬ ro simpatia per Al Qaeda e altri gruppi terroristici. Kirkland ha appunto rifiutato, sostenendo che la legge dell'Oregon «ci con¬ sente di interrogare solo gente sospetta di avere commesso un crimine». Sembrava un caso isola¬ to. E viziato, aveva suggerito qualcuno, dal fatto che Kirkland è afro-americano e quindi parti¬ colarmente sensibile alla pratica del «racial profiling». Ma quando il capo della polizia di Detroit ha ricevuto da Washington ima lista di 83 indivìdui da interrogare, ha fatto sapere che non vuole che i suoi agenti «si mettano a trattare tutti come criminali». I capi della polizia di San Francisco e di San Jose non hanno ancora ricevuto alcuna richiesta formale, ma hanno già messo in guardia Ashcroft: segui¬ remo l'esempio di Portland, han¬ no detto. La polizia di Tucson e quella di Richardson, un sobbor¬ go di Dallas con una folta comuni¬ tà musulmana, hanno comunica¬ to nel frattempo che collabore¬ ranno con l'Fbi solo se avranno il consenso degli interessati. Nel suo controverso memoran¬ dum del 9 novembre, Ashcroft ha spiegato che la nazione è in guer¬ ra e che è suo dovere fare tutto il possibile per prevenire nuovi at¬ tacchi terroristici: «Questi indivi¬ dui non sono stati selezionati per prendere di mira un particolare gruppo etnico o religioso», ha insistito. Ma il timore dei poliziot¬ ti «ribelli» è proprio questo, che dopo avere dedicato anni a co¬ struire ponti con le varie comuni¬ tà etniche adesso salti tutto. E' la preoccupazione, per esempio, di Greg Guibord, capo della polizia di Dearbom, nel Michigan. Quan¬ do ha ricevuto ima lista di 250 nomi, le prime persone cui si è rivolto sono stati i leader delle locale e numerosa comunità mu¬ sulmana. «Non vogliamo rompe¬ re la fiducia costruita nell'arco di anni coi^ la comunità araba ,- sostiene - Gli interrogatori saran¬ no dunque strettamente volonta¬ ri e non ci saranno bracci di ferro». Altri corpi di polizia non si sono posti troppi problemi. A Los Angeles, per esempio, sono pron¬ ti a eseguire gli ordini dell'Fbi e a collaborare. A Fremont, una città nella baia di San Francisco dove risedono migliaia di rifugiati af¬ ghani, la polizia ha fatto sapere che è disponibile a «facilitare» gli mterrogatori. Ma ,i;pirdine....cli Ashcroft ha finito per riportare alla ribalta la questione dei 1.100 - o sono di più? - detenuti per l'inohiestàt dell' 111 - settembre! Nessuno di loro è stato accusato di legami diretti o indiretti con gli attacchi terroristici, ma restano in carcere con la scusa di violazio¬ ni delle leggi sull'immigrazione o di infrazioni stradali, le loro tele¬ fonate con i rispettivi avvocati vengono apertamente intercetta¬ te e i fermati rischiano di venire porocessati da tribunali militari. Una necessità di fronte al¬ l'enormità di quanto accaduto, sostiene l'Amministrazione. Ma per altri è un attacco frontale ai principi costituzionali del paese. «Non vogliamo un'America dove chiunque può venire trattato co¬ me un terrorista, un narcotraffi¬ cante o un riciclatore di denaro sporco», ammonisce Lori Cole, direttrice esecutiva dell'organiz¬ zazione conservatrice e pro-am¬ ministrazione Bush «Eagle Fo¬ rum». L'ordine del ministro della Giustizia Ashcroft riguarda cinquemila mediorientali «che potrebbero avere contatti con terroristi stranieri» Poliziotti di New York portano bandiere americane durante la parata del Thanksgiving Day