Una vera Camelot etiope tra le magie deiraltipiano

Una vera Camelot etiope tra le magie deiraltipiano A NATALE NEL RECINTO IMPERIALE DI GONDAR POPOLATO DI MILLE CASTELLI Una vera Camelot etiope tra le magie deiraltipiano REPORTAGE - Giuliana Gardini L periodo più suggestivo per visitare l'Etiopia è tra dicem¬ bre e gennaio, vuoi per il clima, vuoi perché si celebrano le grandi feste dei copti. Nehe chiese, una dovizia di oro, broccati e pietre preziose, e una moltitudine di per¬ sone, in colonna, in processione dietro all'Arca dell'Alleanza, con ombrelli raggianti che coprono le teste degh officianti per rappresen¬ tare la volta celeste. Il massimo di questo splendore è nehe ore del Ghenna e del Timkat, il Natale e l'Epifania. Le magie dell'altopiano sono tan¬ te ma, tra queste, la più sconosciu¬ ta è quella della grande Camelot africana, dove è facile immaginare le cacce di re Artù e gh intrighi amorosi di Lancillotto e Ginevra, con i cavalieri che si sfidano a duello. Se andrete oltre la sponda settentrionale del lago Tana, in una vallata ricoperta da odorosi eucalipti si nasconde il Makabab- ya, ossia il recinto imperiale di Gondar. Ecco il grande regno me¬ dioevale dove grandi i tragedie d'amore sono realmente accadute, ma nessun cantastorie ci ha tra¬ mandato la storia della regina Men- twab con l'esploratore inglese Ja¬ mes Brace. Non rimane che imma¬ ginare o cercare di risolvere il mistero dei grandi palazzi voluti dalla sovrana e dei castelli di Gon¬ dar; come fosse possibile in quel¬ l'epoca progettare e costruire, sen¬ za reali contatti con il mondo occidentale e distante decine.di mighaia di chilometri, una coite imperiale simile a quelle del Rina¬ scimento europeo. Quanto stupore a Gondar. Nel centro della città, una foresta di castelli di grande splendore che disegnano la Sceno¬ grafia •di'uMiinùnensa e potente corte, il trionfo delle arti e dell'uto¬ pia, la prima modernità d'Etiopia, il Rinascimento degh altopiani. Ri¬ marranno sempre sconosciuti i mo¬ tivi che ispirarono il geniale re Fasiladas il Grande a fame, nel XVII secolo, la capitale dell'Impero Amara. Si presume che la vera fonte di ispirazione architettonica, dei castelli sia quella di alcuni vecchi palazzi dell'Arabia meridio¬ nale, con lo schema a blocchi rettan¬ golari di tre piani, con una torre i superiore e quattro torrette roton¬ de agh angoh. I castelli si trovano in un parco ondulato, leggeraiente collinoso, racchiuso da mura merlate. Percor¬ rendo le vuote sale d'udienza, o passeggiando lungo i bastioni, si può immaginare di sentire ancora il ruggito dei leoni nel parco che si fonde con la lamentosa melodia di un masenko. Per due secoh, Gon¬ dar ha dominato le terre degli rinnovato il miracolo del battesimo di Cristo. Gondar, che aveva già all'epoca 80 mila abitanti, divenne un centrò commerciale ed artistico importante, un nevralgico emporio per i mercanti dell'altopiano. Ieri come oggi. Lo splendore e la deca¬ denza di Gondar si compie nell'arco di un 'secolo, il 1600. Nel 1603, infatti, un gesuita spregiudicato e abile convinse il negus a convertire la propria dinastia al cattolicesimo. Ma questo provocò la ribellione violenta e immediata del potente clero copto. Il negus abdicò e sah al trono il figlio Fasihdas che espulse i gesuiti, chiuse le loro missioni e tentò, nel 1632, di unificare il pae¬ se, con la città di Gondar capitale. Era il 1636. Per Gondar conti¬ nuò il periodo superbo. Ma in segui¬ to, i ras, nelle regioni più lontane, si rifiutarono di pagare i tributi al altopiani e nonostante l'Imperatore avesse espulso i portoghesi che lo aiutarono, numerosi artigiani greci e indiani rimasero in città lascian¬ dovi la loro impronta architettoni¬ ca in molti quartieri. Fasihdas fu l'artefice non solo dei palazzi impe¬ riali del grande parco, quello rac¬ chiuso dalle mura merlate, ma an¬ che degh edifici intomo, che com¬ prendono chiese, ponti e torri, padi- ghoni e balconi, cappelle e bacini d'acqua. Non è certa la data di costruzio¬ ne del primo castello, ma nel 1648 esisteva già. Oltre il fiume Qaha, il re fece poi costruire lo stabilimento dei suoi bagni. Ancora oggi, questa grande vasca è la cornice della gocesBipne-delTEpifania, chescivo- léntamente dai castelli fino a alla piscina sacra, dove ogni anno viene potere centrale e Gondar divenne luogo di congiure, assassinii, intri¬ ghi dove il clero e la corte imperiale iniziarono una lotta mortale per il potere. Seguì una gravissima insta- bOità, fintanto che a metà del seco¬ lo successivo, con la decadenza di Gondar, che non garantiva più il potere centrale, incominciò il perio¬ do più oscuro della storia etiope. Una delle grandi meraviglie etio¬ pi è la chiesa di Debre Berhan Selassie, fondata da lasù il Grande, appollaiata come quasi tutte le chiese del paese suha cima di una collina e decorata con pitture per¬ fettamente conservate, che rappre¬ sentano scene bibliche e di vita. Se si ha la fortuna di poter assistere alla cerimonia derbattesi- mo", lo spettacolo varrà veramente la pena di essere vissuto: i preti escono al pomeriggio in processio¬ ne, addobbati con broccati e oro portano h "Tabot" ricoperto da vari strati di stoffa di seta. Il Tabot rappresenta l'Arca dell'Alleanza con i dieci Comandamenti. I preti benedicono l'acqua del fiume dove avrà luogo la celebrazione del gior¬ no successivo e per tutta la notte pregano, mentre migliaia e mighaia di fedeh, vestiti con candide vesti, si accampano mangiando, bevendo e festeggiando. Le celebrazioni han¬ no il culmine all'alba, quando il Patriarca immerge la croce d'oro e una candela consacrata nella pisci¬ na costruita da re Fasihdas. Poi benedice i fedeh con la medesima acqua, in ricordo, appimto, del bat¬ tesimo di Cristo. Molti fedeh si buttano poi in acqua, in segno di rinnovo della propria fede. Dopo il battesimo i Tabots ven¬ gono riportati nelle chiese, mentre i fedeh continuano a festeggiare con canti e danze. La Gondar di oggi la si ammira dalla terrazza dell'hotel Goha, sprofondata nella foresta di eucalipti, a 2200 metri di altezza. Qui il panorama è mozzafiato: dal¬ l'alto di questa amba il panorama arriva sino alle sponde del lago Tana, e guardando megho si vede la confusione della città, con le case luccicanti per i tetti di lamiera che brillano al sole, il mercato brulican¬ te è coloratissimo e zeppo di cose belle. Pur essendo una città-villag¬ gio, è beho passeggiare per le sue strade sterrate, scovare qua e là oggetti, tessuti, ori, abiti antichi e modernissimi scovati al mercato, •che è tra le cose che rimarranno di jiù nella memoria. Gioielli di rara fattura, a buon mercato per un europeo, e miniature su pergamena o pelle, croci copte saranno una festa per gh occhi e per chi ama le behe cose. Si dice che a Gondar vi siano 44 chiese e sette castelli. Le rovine sono tante e solo molti anni di lavoro ed eventuah restauri'po¬ tranno dire qualcosa di questa pri¬ ma capitale dei negus etiopici. I carpentieri abilissimi che con¬ tribuirono al suo splendore furono, probabilmente, i Falashà, gh ebrei d'Etiopia. In un villaggio a pochi chilometri, Wolleka, vicinissimo a Gondar, gh "ebrei neri" aprono un altro dei molti mondi di questo luogo. Ritenuti i discendenti della Tribù dispersa, sono tuttora fedeh alle loro antiche tradizioni ebrai¬ che che sopravvivono ancora, rela¬ tivamente intatte, non essendo sta¬ ti contagiati da cambiamenti o in¬ fluenze esteme. ,I1 punto centrale del villaggio è la Sinagoga con la sua stella di Davide. Qui si trovano ancora esem¬ plari pregevoh di ceramiche nere fatte dai Falascià: alcune straordi¬ nariamente graziose, a volte quasi grottesche, raffigurano uccelli, ani- mali o persone. Gondar, Lalibela, Axum, h lago Tana sono molto più di una meraviglia dell'umanità: so¬ no un miraco o che si è compiuto nell'Etiopia dell'antichità, e nessu¬ no ha parole per descrivere le emozioni e le sensazioni che si provano ripercorrendo queste anti¬ che vie polverose, sempre avvolte nel silenzio. Le leggende sono tan¬ te, ma una è più dolce e si riferisce a Lalibela, la Gerusalemme africana: "A questo luogo mancava un fiume. Gh operai-angeli tagharono la mon¬ tagna e aprirono un canyon tra le due montagne di roccia. Lo chiama¬ rono Giordano, il fiyjne del battesi¬ mo di Gesù Cristo. Il fiume del Timkat" IL REGNO MEDIOEVALE IN CUI ACCADDERO GRANDI TRAGEDIE JJ'AMORE, MA NESSUN POETA CI HA TRAMANDATO QUELLA DI REGINA MENTWAB CON L'ESPLORATORE INGLESE JAMES BRUCE CAFF.E' AL PEPE « La cucina tipica non prevede l'uso delleposate, ma solo la sfoglia della 'njera per arrotolarvi carne, sughi e quant'aitro. Severe regole igieniche d'obbligo:percìò niente acqua che nonsia chiusa in bottiglia e niente ghiaccio.Te è caffè sono grandiosi. II caffè spessoè speziatocon il pepee il tè con la cannella o lo zenzero. Ottima la birra Harar. Una cerimonia a Lalibela, la Gerusalemme africana. A destra, uno dei castelli di Gondar progettati per una corte imperiale simile a quelle del Rinascimento europeo.

Persone citate: Giuliana Gardini, James Bruce Caff, Patriarca