E l' Esercito espulse Davide di Oreste Del Buono

E l' Esercito espulse Davide LUOGHI COMUNI Personaggi e memorie dell'Unità d'Italia di Oreste del Buono e Giorgio Boatti (gboatti@venus.it) E l' Esercito espulse Davide In seguito alle leggi razziali furono eliminati dai ranghi, perché ebrei, 3057 ufficiali: molti finiranno nei lager CI sono - anche nelle memo¬ rie collettive - piccole ed inespiabili vergogne. Poste a cospetto dei grandi crimi¬ ni della storia sembrano scompari¬ re arroccandosi in ciucila terra di nessuno che sta tra la tragedia e la commedia. Dove le ingiustizie - anche le più imperdonabili - per passaggi progressivi paiono mime¬ tizzarsi. Diventare quasi trascurabi¬ li. Facciamo un esempio: qualcuno ha mai sentito narrare la storia di Zaché Gabrù? Zaché Gabrù era un tenente colonnello di Artiglieria del Regio Esercito. L'unico ufficiale di colore presente nelle nostre forze armate. Nato da genitori abissini ad Adua nel 1887 era stato portato in Italia da un ufficiale che l'aveva avvialo alla carriera militare. Dai livelli più bassi Zaché Gabrù era arrivato al grado di tenente colon¬ nello. Tutto bene, diciamo così, fino al 1940. Poi, a due anni dall'approva¬ zione delie famigerate leggi per la difesa della razza, qualcuno s'accor¬ ge di questo nero. Che fare? Si può tenere in organico un ufficiale dalla pelle indiscutibilmente scura quan¬ do si espellono generali a due e tre stelle, ammiragli di assoluto spicco, perché sono ebrei? Qualcuno in alto loco coglie «l'incongruenza». Ma la legge 1728 del 17 novembre 1938 («Provvedimenti per la difesa della razza italiana») e il successivo regio decreto del 22 dicembre («Disposi¬ zioni relative al collocamento in congedo assoluto») affrontano solo l'espulsione dal servizio degli ebrei. Così con Zaché Gabrù si fanno i conti con ipocrisia tutta italiana. Come spiega Alberto Rovighi - nel volume «1 militari di origine ebraica nel primo secolo di vita dello Stato italiano» intelligentemente pubbli¬ cato due anni orsono dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell' Esercito - Zaché Gabrù «veniva proposto, nel luglio 1940, in licenza straordinaria con assegni ma con divieto di indossare l'uniforme fino a che non fosse eliminalo dal servi¬ zio effettivo per avanzamento in ausiliaria o per età». La vicenda di Zaché Gabrù - che qualcuno s'appresta a tradurre in una più ampia narrazione biografi¬ ca - è l'introibo sghimbescio ma assolutamente illuminante per en¬ trare in quel crimine che sono le leggi razziali promulgate dal fasci¬ smo. Chi sostiene essere stato il ventennale regime mussolhiiano una folkloristica parentesi incasto¬ nata nella nostra vicenda nazionale si vada a leggere il libro del generale Rovighi. Lì viene ricostruito - come ha fatto ancor più recentemente Michele Sarfatti nel suo esaustivo studio sugli ebrei nell'Italia fascista - il quadro complessivo di un crimi-. ne che fa sì che gli ebrei che nel 1938 erano circa 47.000 nel 1945 fossero ridotti a 29.000. E, per chi l'avesse dimenticato, nel 1943-45 si ebbero 8.561 deportati dei quali 7.380 uccisi nei lager (980 i supersti¬ ti), mentre in Italia 292 sono stermi¬ nati o muoiono in galera. Tra le vittime dalle discrimina¬ zioni razziah la vicenda degli ufficia- li ebrei è particolarmente eloquente poiché colpisce uomini che hanno testimoniato in lunghi anni la dedi¬ zione allo Stato itahano. Già nell'Ita¬ lia ottocentesca la presenza di ebrei negh organici miUtari è significati¬ va. Sfoghando l'annuario militare del 1895 emerge come 700 ufficiali , israeliti fossero in servizio penma- nente effettivo e 400 nella riserva. Alcuni raggiungono i vertici dell'isti¬ tuzione militare come quel generale Giuseppe Ottolenghi, comandante della divisione di Torino, destinato a diventare nel 1902 ministro della guerra. A cavallo del cambio di secolo i giovani ebrei che si avviano alla carriera militare sono da individua¬ re soprattutto tra coloro che hanno allentato i vincoli più stretti con le comunità di provenienza assumen¬ do una visione laica e positivista della vita. Aderendo sovente ad organizzazioni massoniche ben ra¬ dicate nelle forze armate. La loro scelta - che apporta all'esercito intel¬ ligenze e competenze di prim'ordi- ne - ribadisce con nuova forza il legame degli ebrei alle istituzioni del Regno e ai Savoia che già nel 1848 avevano riconosciuta la com¬ pleta eguaglianza di tutti i cittadini, qualunque fosse la loro religione. Questo legame permane nei decen¬ ni successivi. Nella «grande guerra» sono una quarantina i generah ebrei: tra questi Emanuele Puglie¬ se, il generale più decorato dell'eser¬ cito italiano, il generale Roberto Segre efficiente organizzatore dell' artigheria, il generale Guido Liuzzi potentissimo intendente d'Armata dal 1915 al 1918. Più di mille sono i decorati al valore. L'incisività di questa presenza permane sino alla promulgazione delle leggi razziah. Ma la discrimina¬ zione, prima d'abbattersi aperta- mente sulle vittime designate opera silenziosamente già nei mesi prece¬ denti. Come documenta il libro di Rovighi Mussolini, già sul finire del 1937, mette nel mirino generah e ufficiah superiori di presumibile origine ebraica. Il Duce chiede ven¬ gano schedati dalle autorità milita¬ ri. Queste spiegano al Duce come - sulla base dei cognomi ebraici censi¬ ti dal volume di Gino Sottocomo «Sotto la maschera di Israele» - si potrebbero annoverare nei possibili discriminabili anche marescialli d'Italia (Enrico Caviglia) e famosi generah (Rodolfo Graziani). La mac¬ china discriminatrice però è ormai avviata. Da un promemoria del «5 luglio 1938 risulta come già nel novembre 1937 fossero state impar¬ tite direttive intese ad evitare l'am¬ missione di israeliti nelle Scuole e Accademie militari». Tuttavia poi¬ ché le ammissioni di quell'anno sono già avvenute si dispone «per¬ ché fosse resa difficile la permanen¬ za negli istituti. Ma - si nota - gli allievi israeliti in genere non offro¬ no motivi a rilievi per deficienze nello studio o nel contegno». Non potendo contare su défail- lances dei cadetti ebrei si sceghe allora di espellerli, e di non ammet¬ terne di ulteriori, servendosi di «mezzi di selezione normale: infor¬ mazioni sulle famighe, visite medi¬ che, esami orali». Ancora una volta ecco la soave ipocrisia itahana che usa le norme per far passare, mime¬ tizzata, la violenza che, di lì a poco, getterà la maschera. Ed eliminerà dai ranghi, perché ebrei, 3057 uffi¬ ciah (81 in servizio permanente, 24 generah in ausiliaria o nella riserva, 2952 non più in servizio). Di questi buona parte vivrà vicende tragiche. Molti moriranno assassinati nei la¬ ger o in prigionia (tra i più noti rammiraglio Capon, padre della mo¬ glie di Fermi, Laura; il generale Bachi, il generale Olivetti). Altri combattendo per la libertà, come il generale di corpo d'armata Ettore Ascoh che settantènnte, sotto falso nome, si arruola tra i partigiani. E viene ucciso a Cingoli, dai tedeschi, il 14 dicembre 1943. DA LEGGERE Alberto Rovighi I militari di orìgine ebraica nel primo secolo di vita dello Stato italiano Ufficio Storico dello Stato Maggiore dellEsercito, Roma 1999 Michele Sarfatti GII ebrei nell'Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione Einaudi, 2000 La rivista che propugnò le leggi razziali del fascismo contro gli ebrei

Luoghi citati: Cingoli, Israele, Italia, Roma, Savoia, Torino