RE ZAHIR «Governo aperto a tutti ma non ai taleban»

RE ZAHIR «Governo aperto a tutti ma non ai taleban» :-i^U^,'...À'h^-y-^:,':.: . IL RIMPATRIO DAL SUO ESILIO ROMANO RE ZAHIR «Governo aperto a tutti ma non ai taleban» intervista Christina lamb :.;v ^ DANDO arrivo alla villa di \^ re Zahir all'Olgiata a Roma, trovo l'ex sovrano dell'Afghani¬ stan lucido nei suoi 87 anni e intento a seguire gli ultimi svi¬ luppi in televisione. Il Re mi dice di essere rimasto scosso, in queste settimane, nel vedere i bombardamenti su Kabul e Kan¬ dahàr. «Sono contrario a questa guerra perché sono contrario a qualunque uccisione di esseri umani» spiega. Da quando Kabul è caduta nelle mani dell'Alleanza del Nord, un flusso ininterrotto di persone arriva alla sua porta. Pare che tutti quanti, dalle Nazioni Unite ai rifugiati afgha¬ ni che lo chiamano «Babà» (non¬ no), lo ritengano l'unica perso¬ na in grado di mettere insieme un governo multietnico e di riportare la pace. «La situazio¬ ne del mio Paese è molto grave - mi dice in francese, che è il linguaggio di corte -. Quando vedo certe immagini in televi¬ sione o parlo al telefono con i comandanti militari, mi rendo conto che ci attendono ancora molte difficoltà». Affascinante e cortese, Zahir è troppo diplomatico per scen¬ dere in dettagh. È il generale Wah, suo genero, a incaricarsi di spiegarne le preoccupazioni-. «L'Alleanza del Nord aveya'lpjro- messodrfermàrsì'aUe'pòrta di Kabul per dare ad altri gruppi, provenienti dal Sud, il tempo di muoversi a loro volta. Invece l'Alleanza non si è fermata. Noi non giudichiamo nessuno, solo osserviamo che una promessa è qualcosa che ci si aspetta che venga rispettato. Naturalmente il Re è molto preoccupato per¬ ché teme che possano esplodere combattimenti fra le fazioni, causando nuove vittime fra la popolazione civile. Sarebbe un grave errore trascinare gh af¬ ghani in una guerra fra etnie». Il timore è che dopo avere assunto il controllo della capita¬ le, l'Alleanza del Nord, compo¬ sta soprattutto da tagiki e uz¬ beki, non conceda un adeguata rappresentanza ai pashtun, la tribù maggioritaria da cui pro¬ viene aliene Zahir e che ha guidato il Paese negh ultimi 300 anni. Il Re ha scritto al segreta¬ rio generale dell'Onu, Kofi An¬ nan, chiedendogli di inviare una forza di pace che consenta di convocare a Kabul la «loi jirga», l'assemblea tradizionale di capitribù, intellettuali, co¬ mandanti e religiosi che sceglie il capo dello Stato. «L'unica speranza di una pace stabile in Afghanistan - dice Zahir - è costituire una struttura politica rappresentativa di tutti gh af¬ ghani: pashtun, tagiki e uzbeki. Se a questo non si provvede, la pace non arriverà mai». Negh ultimi giorni, diversi comandanti pashtun gh hanno telefonato spiegandogli che han¬ no occupato dei territori e chie¬ dendogli che cosa fame. «Abbia¬ mo ricevuto chiamate da 27 province. Tutti chiedono di sa¬ pere quand'è che arriva Sua Maestà», interloquisce suo nipo¬ te Mustafà. Monarca di malavoglia, co¬ stretto a salire al trono nel 1933 all'età di 19 anni quando suo padre fu assassinato, Zahir Shah è stato deposto nel 1973 da un colpo di Stato ordito da suo cugino Daoud. Quando que¬ sto successe il re si trovava in Italia, presso le terme di Ischia dove trascorreva la convale¬ scenza dopo un'operazione ocu- listìca.-Fu avvertito di non rien¬ trare in patria: la sua famiglia era agli^arresti e lo stesso gene- rò-Wadfièstò chivéto in prigfóne per tre anni prima che gh fosse permesso di raggiungere Zahir in esilio. Zahir Shah è stato un re modernista. Viaggiò in lungo e in largo per l'America e l'Euro¬ pa e il suo regno è ricordato come un'epoca di relativa stabi¬ lità, in cui le donne di Kabul potevano indossare minigonne e truccarsi, benché per il resto non si facessero dei grandi pro¬ gressi. «C'era parità di diritti, i diritti umani erano rispettati», ricorda il Re. Adesso vuol torna¬ re in Afghanistan. «Sono pronto a sacrificare la mia salute, il mio tempo e qualunque cosa mi resti in vita per servire il mio Paese» dice. .Per il momento non va da nessuna parte. «Sono qui prigio¬ niero» lamenta, riferendosi al cordone di forze di sicurezza che è stato stretto attorno alla casa non appena ha annunciato l'intenzione di rimpatriare. A parte un bandiera afghana sul balcone, qualche libro sul¬ l'Afghanistan e qualche dipinto raffigurante antenati in turban¬ te, la sua villa di quattro came¬ re da letto è sorprendentemente semplice. Tutto ciò che la fami¬ glia possedeva è rimasto in Afghanistan. «Nei primi tempi sopravvivevamo mangiando un uovo al giomo» racconta la nipote, Humara Wah. Alla fine Zahir accettò l'aiuto dello Shah di Persia, del presidente egizia¬ no AnWar Sadat e di re Fahd deh'Arabia saudita. Zahir aveva già fatto i baga- gh per l'Afghanistan nel 1995: i taleban avevano preso Kabul autodefinendosi «soldati del Re» e Wall andò in Pakistan a incontrare i loro capi, illudendo¬ si di preparare il rimpatrio. Oggi Zahir Shah parla di loro con astio: «Da Alessandro il Grande ai nazisti, è incredibile quel che la gente fa per il potere. Spesso si va indietro anziché avanti e quando questo succede ci vuole moltissimo tempo per rimediare». Fino all'attacco deh'11 set¬ tembre, il Re aveva rinunciato all'idea di rientrare in Afghani¬ stan e passava il tempo a Roma dipingendo, ascoltando musica indiana «sitar», giocando a scac¬ chi e allevando piccioni - tutte attività vietate dai taleban. Non riceveva più giornalisti dal 1991, allorché un finto reporter portoghese non lo aveva accol¬ tellato al collo e al petto. Si ritiene che il mancato assassino fosse stato inviato da Osama bin Laden. Zahir Shah non ostenta parti¬ colare eccitazione in vista del¬ l'insperato ritorno. Il suo palaz¬ zo a Kabul è imo dei pochi edifici rimasti i piedi nella capi¬ tale distrutta (ma la sua collezio¬ ne di Rolls-Royce è sparita da un pezzo). Il Re si rende conto che ora deve evitare di apparire come un pupazzo dell'Occiden¬ te. «Siamo a un punto cruciale della nostra storia. Le decisioni prese adesso saranno decisive per il futuro dell'Afghanistan. Spero che il tempo della soffe¬ renza sia finito». Copyright «The Sunday Telegraph» Un flusso continuo di connazionali che lo chiamano «nonno». «Quando ero sul troncM^ifittierano rispettati Ora il pericolo è là guerra f raj^lnie» L'ex re Zahir dell'Afghanistan, a destra Qui sopra suo figlio, il principe Mirwaìs Zahir