«Consegna Bìn Laden», Omar: «Non lo tradirò»

«Consegna Bìn Laden», Omar: «Non lo tradirò» -— ; ' —— ' i . " 'i ' ' i 'i GLI ULTIMI GIORNI DELL'AFGHANISTAN INTEGRALISTA NELLE TESTIMONIANZE DEGLI INVIATI DELLA RETE TELEVISIVA ARABA «AL JAZIRA» «Consegna Bìn Laden», Omar: «Non lo tradirò» Quando il mullah pianse per la caduta della capitale in mano ai mujaheddin Al Jazira, la televisione del Qatar, è stata a lungo l'uni¬ ca televisione a operare in Afghanistan e i suoi inviati gli unici accettati dal regi¬ me di Kabul. Ma Al Jazira non è solo immagini, è anche un sito Internet. Da questo sono state tratte le storie che pubblichiamo: sono «vecchie» di qualche giorno, ma sono anche ec¬ cezionali documenti dei momenti decisivi della guerra. documento Reda Ali. Bianca DI Giovanni QUANDO HO INCONTRATO IL MULLAH OMAR (18 novembre) «Devi lasciare la città subito. Vai in un posto sicuro al più presto». L'ordine arriva da Doha, dalla redazione centrale di Al Jazira. A riceverlo, all'altro capo del telefo¬ no satellitare, è il corrispondente da Kandahàr Hafez el-Mirazi, che poi racconta il suo ultimo giorno a Kandahàr. Un giomo che non dimenticherà, visto che per la prima volta ha incontrato il mul¬ lah Omar. «L'ordine di andare via è arriva¬ to subito dopo l'inizio dell'attacco americano - scrive el-Mirazi -. Ho provato ad uscire dalla città, ma le strade erano tutte bloccate». Così il giornalista toma indietro, e comincia a girovagare per il centro, senza meta. «A un certo punto mi ferma un taleban e mi chiede: che cosa fai qui? Io gli dico che sono un giornalista di Al Jazira, e lui mi accompagna in un tunnel sotterraneo, sottoTospeda- le della città». Cosi el-Mirazi si ritrova nel posto più segreto di Kandahàr, riservato ai fedehssi- mi del mullah Omar. Se ne sta rannicchiato in un angolo del bunker, quando sente qualcosa alle sue spalle. C'è una riunione di uomini quasi tutti irriconoscibUi: i volti sono coperti e lasciano liberi soltanto gli occhi. Sicuramente sono leader pashtun. A un certo punto tutti si alzano in piedi e compare un uomo davanti al quale tutti si inchinano. «Mul¬ lah, mullah», ripetono i pashtun. L'uomo scopre il volto e el-Mirazi lo riconosce e si volta completa¬ mente verso il gruppo: è Omar, il dittatore ormai sconfitto. A questo punto i pashtun si accolgono di lui e vogliono cac¬ ciarlo. «Che fai qui? Chi ti ha portato?», domandano. El-Mirazi si presenta e ottiene il permesso di assitere, grazie all'intercessio¬ ne del vice di Omar, Mohammed Hassan. Per due ore sente solo uomini urlare, senza capire gran¬ ché, visto che non parlano arabo ma il dialetto pashtun. Quando.il mullah Omar si alza e se ne va, visibilmente contrariato, el-Mira¬ zi riesce a convincere il portavoce a raccontargli l'accaduto. «I lea- der pashtun accusano Omar di aver causato la distruzione del Paese per non aver consegnato Bin Laden, uno straniero - raccon¬ ta il portavoce -. Il mullah si difende: "Anche se l'avessi ponse- gnato - argomenta - gh americani ci avrebbero bombardato, con la scusa che questo è il Paese in cui Bin Laden ha studiato il suo piano d'attacco agli Usa. L'America tro¬ va mille motivi per attaccare l'Afghanistan"». Il mullah è con¬ trariato, in fondo pensa che i pashtun non hanno tutti i torti, e decide di andare a parlare con lo sceicco saudita. Dopo soli 15 minuti di collo¬ quio con Bin Laden, Omar torna e sembra un'altra persona. «Non tradirò mai Osama, lui è il vero leader in questo momento, anda¬ te via, non vi vogho più vedere», urla il mullah in faccia ai leader pashtun. «Questi sono stati i 150 minuti più importanti della mia vita - scrive el-Mirazi - quando ho visto da vicino chi comanda nei taleban». LASCIATE KABUL (14 novembre) «Dovete lasciare Kabul, altrimen¬ ti perdiamo tutto». La voce del mullah Omar è rotta dal pianto. Le lacrime non si vedono, ma si «sentono» chiaramente attraver¬ so la radiotrasmittente che risuo¬ na ai piani alti del quartier genera¬ le taleban nella capitale afghana. Tutto lo stato maggiore delle truppe elei regime è radunato attorno a quel microfono in colle¬ gamento con Kandahàr, da dove il mullah invia i suoi ordini. «L'Alle¬ anza del Nord è alle porte della città - lo informa il capo di stato maggiore attorniato dagli ufficia¬ li -. Un gruppo di beduini ci ha traditi: ora fa il doppio gioco tra taleban e Alleanza del Nord. Alla fine i seguaci di Dostum hanno arrestato 1.300 .Taleban. Negh ultimi tre giorni gh attacchi aerei non ci hanno dato tregua. Non abbiamo più cibo, i civili sono stremati e non abbiamo più muni¬ zioni». Questo l'ultimo rapporto militare dei taleban da Kabul. Poi l'ordine: andate via. «Non vogho che voi moriate - continua il mullah Omar per la prima volta emozionato nella sua lunga e crudele storia di despota -. Venite qui, a Kandahàr, ho bisogno di voi». A fare la cronistoria, minuto per minuto, delle ultime ore dei taleban a Kabul prima dell'arrivo dell'Alleanza del Nord è il corri¬ spondente di Al Jazira nella capita¬ le, Tahizir Alwani. E' vivo per miracolo, anche per l'intercessione dei beduini che lo conoscono da molto tempo e convincono le trup¬ pe dell'Alleanza a risparmiargli la vita. E' lui stesso a riferirlo, assie¬ me al resoconto sulla disfatta del mullah Omar 24 ore dopo la libera¬ zione di Kabul. Per un giomo la tv del Qatar ha perso i contatti con lui. Solo mercoledì, rifugiatosi a Bekitia - terra di nessuno, né dei taleban, né di Dostum - il cronista è riuscito a riferire gh eventi in un lungo rapporto comparso nel sito Internet dell'emittente satellitare dal titolo : «Quando il mullah Omar pianse e con lui piansero tutti i taleban». Nella notte prima dell'arrivo dell'Alleanza Tahizir Alwani con la sua troupe decide di uscire per riprendere la linea del fronte. In questo modo evita la morte: la sede della tv, infatti, viene bom¬ bardata e distrutta. Fa un giro in città con il cameraman e decide di raggiungere il quartier generale taleban. Arriva proprio mentre i generali parlano con il mullah Omar, che ordina la ritirata. In¬ tanto, con l'aiuto del buio per le strade di Kabul cominciano ad infiltrasi i primi militari travesti¬ ti da civili. Gh «studenti di teolo¬ gia» se ne vanno e l'Alleanza si avvicina. Entra in città con l'arri¬ vo del giomo: all'alba. Tahizir non ha più contatti con la sua redazione: non sa più perché si trova in quell'infimo. Così è stato secondo Tahizir: un vero orrore. Dostum si porta dietro militari e anche clan violenti, che saccheg¬ giano case e negozi e sparano sui passanti senza motivo apparente. H corrispondente di Al Jazira si unisce ad altri giornalisti (un egiziano di Nile Tv, un pakistano, un kuwaitiano e un libanese) e tenta di lasciare la città. Ma un gruppo di collaboratori dell'Alle¬ anza ferma la loro auto e ordina ai passeggeri di scendere e di conse¬ gnare tutti i loro averi-(orologio, portafoglio, documenti, videoca¬ mere, cellulare). A questo punto Tahizir pensa per la seconda vol¬ ta di essere davanti alla morte. Senza più nulla, e soprattutto senz'acqua, il gruppo si dirige verso il deserto. Casualmente in¬ crociano sulla strada due leader dell'Alleanza del Nord che ricono¬ scono Tahizir per averlo visto più volte in tv. «Ho alzato gh occhi al cielo ed ho ringraziato Allah», racconta Tahizir. A Kandahàr i pashtun chiedono l'abbandono del capo di Al Qaeda «Anche se l'avessi dato agli americani ci avrebbero bombardato» le ultime ore della capitale: «Un gruppo di beduini ci ha traditi Non abbiamo più cibo né munizioni, i civili sono stremati» I sostenitori di Rabbani affigono un manifesto del vecchio - e nuovo - presidente