UNITA' D'ITALIA gli amici e i nemici

UNITA' D'ITALIA gli amici e i nemici IL PRESIDENTE CIAMPI DOMANI MORINO PER IL 140o ANNIVERSARIO: UNA RICORRENZA POCO SENTITA, DA RIPENSARE IN UNA LUCE NUOVA| i ^■^ ■. ;V-V: N? »SSÌ6 M I hfit UNITA' D'ITALIA gli amici e i nemici Maurizio Viroli IL Presidente Carlo Azeglio Ciampi ricorderà domani a Torino il 140" anniversario deh' unità d'Italia proclamata nel 1861. Divisa per 1300 anni, l'Ita¬ lia diventa uno Stato unitario (senza il Veneto e il Lazio) in due anni, dall'aprile 1859 al marzo 1861. Fu, come scrisse Cavour, «uno dei più grandi fatti che ricordi la storia di tutti i tempi» e suscitò grande impressione in Europa: quella povera cosa che Niccolò Machiavelh descriveva «più stiava che gh Ebrei, più serva ch'e' Persi, più dispersa che gli Ateniesi, sanza capo, sanza ordine; battuta, spogliala, lacera, corsa», era diventata uno nazione indipendente. Eppure la ricorrenza dell'uni¬ tà d'Italia non ha mai suscitato grandi passioni, e non è diventa¬ ta parte della coscienza degli itahani. Esauritasi rapidamente l'eco dell'epopea risorgimentale, l'unità d'Itaha è stata vissuta o come un dato scontato, o come un risultato di poco conto: un'an¬ nessione regia, o una rivoluzio¬ ne mancata, o addirittura tradi¬ ta. Eppure, con i suoi gravi limiti, l'unità d'Itaha fu un pro¬ cesso di unificazione nazionale non nazionalista. Per questa ra¬ gione, merita di essere ripensata in una luce nuova. Fu il risultato di una passione nazionale misu¬ rata e saggia in cui l'amore della patria era subordinato agli idea- li della ragione, della giustizia, dell'umanità. Gli uomini del no¬ stro Risorgimento, scriveva Adolfo Omodeo, uno di massimi storici del Risorgimento, «furo¬ no nella massima parte uomini aperti allo spirito della moderna civiltà europea», e considerava- no l'unità e l'indipendenza d'Ita¬ ha come la condizione per realiz¬ zare l'armonia dei popoli liberi. Lo era Cavour, che si ispirava agh ideali liberali. Lo era Giusep¬ pe Mazzini, che considerava la nazione come «la parte che Dio ha prescritto a ogni gente nel lavoro umanitario: la missione, il compito che ogni popolo deve adempiere sulla terra, perché l'idea divina possa attuarsi nel mondo; che gli dà diritto di cittadinanza nell'Umanità, il se¬ gno della sua personalità e del posto che egli occupa fra i popoli fratelli», e sottolineava che l'uni¬ tà di lingua, di territorio e di tradizioni sono importanti ma non bastano a formare la nazio¬ ne perché la nazione, e la nazio¬ ne itahana in primo luogo, «deve rappresentare un elemento di progresso nel consorzio euro¬ peo». Lo era Carlo Cattaneo, che, da erede dei Lumi, credeva nei benefìci effetti della circolazio¬ ne deUe idee, studiava con pas¬ sione la storia e i costumi dei popoh più lontani, odiava qualsi¬ voglia pretesa di egemonia di una nazione o di una razza sulle altre, e vedeva l'Italia come par¬ te degh Stati Uniti d'Europa. Lo era Giuseppe Garibaldi, che, seb¬ bene grande patriota itahano, predicava l'unità dell'Europa e l'arbitrato intemazionale e com¬ batté per la libertà degli altri paesi arrivando a dirsi pronte a combattere contro l'Italia, se mai l'Italia avesse tentato di schiacciare la libertà di altre nazioni. D'altra parte è significativo il fatto che i nemici della moderna civiltà europea, del liberalismo, della democrazia e dei Lumi furono anche nemici del Risorgi¬ mento. Lo furono i cattolici rea¬ zionari e Pio IX, che proclamò la sua condanna del liberalismo e dello spirito moderno proprio negli anni dell'estremo tentativo di difendere il potere temporale del papato contro il Risorgimen¬ to. Lo furono i nazionalisti dei primi decenni del Novecento, i quali, come scriveva Alfredo Rocco, vedevano «nella concezio¬ ne degh uomini a cui fu dovuto il nostro Risorgimento un'idea in¬ dividualista secondo la quale l'indipendenza politica non fu che il mezzo per attuare il libera¬ lismo e la democrazia». Il fasci¬ smo, che pur si proclamò a volte erede e continuatore degh ideah mazziniani, accusava anch'esso il Risorgimento di essere stato liberale e democratico e imbevu¬ to di ideologie straniere indivi- duahstiche e materialistiche che avevano ostacolato il formarsi di ima vera e autonoma coscien¬ za nazionale itahana. L'unità nazionale realizzata nel 1861 non diede vita a quella vera patria, in cui tutti gli italia¬ ni potessero vivere come cittadi¬ ni liberi e uguali, che le forze migliori del Risorgimento chiede¬ vano. Non nacque per mezzo di una Costituente itahana eletta a suffragio universale, come vole¬ va Mazzini, e non attuò certo «la federazione», intesa come «plu¬ ralità dei centri viventi, strétti insieme dall'interesse comune, dalla1 fede data, dalla coscienza nazionale», che Cattaneo auspi¬ cava. L'ideale di una vera patria potè essere realizzato, per lo meno sul-piano istituzionale, solo con la Repubblica del 1946 e con la Costituzione che per la prima volta nella storia d'Italia riconosce la piena uguaglianza dei diritti politici e civili. Per questo i protagonisti della Resistenza e gli artefici della Repubblica e della Costituzione ebbero molto forte la consapevo¬ lezza del legame ideale con il Risorgimento. Il Presidente Car¬ lo Azeglio Ciampi sottolineerà a Torino questo legame ideale par¬ lando dell'unità d'Italia a Palaz¬ zo Carignano e recandosi poi in visita a Norberto Bobbio, ormai, purtroppo, imo degh ultimi rap¬ presentanti di quel Partito d'Azione che già con il suo nome intendeva affermare la continui¬ tà ideale con quel nostro Risorgi¬ mento che nulla ha a che fare con il nazionalismo e che aveva come ideale l'Europa unita e pacifica. Una sessione del Parlamento italiano nel Palazzo Carignano di Torino