ll tranquillo partito della Buona Morte di Pierangelo Sapegno

ll tranquillo partito della Buona Morte ll tranquillo partito della Buona Morte Pierangelo Sapegno NELLA clinica geriatrica «Eli¬ zabeth Gasthuishof» di Lei¬ den, Amsterdam, le domande di morte stanno dentro le cartelle cliniche dei pazienti. Finiscono agli atti assieme ai pareri di tre medici, alle diagnosi, alle analisi. Sono scritti burocratici, risposte a quesiti sanitari, definizioni che nascondono il dolore. Quando ar¬ rivi alla fine del viaggio, la forma non conta più tanto. La domanda di morte è solo un foglio come gli altri, non ci sono le lacrime che l'hanno accompagnato, non c'è la sofferenza che l'ha provocato, non c'è nemmeno segnata la mor¬ te di una vita, quand'è comincia¬ ta e perché. Forse il dolore non si scrive. Ai cronisti che vanno a cercare una risposta alla Elizabeth Ga¬ sthuishof, dicono subito che quel¬ le domande non si possono vede¬ re, che non c'è niente da vedere. Al telefono, un dottore fihge persi¬ no di stupirsi: «Come fate a chie¬ derci una cosa del genere?». Cerca¬ re una cosa, qualsiasi cosa, anche quella che non possiamo, in fondo è la banale ragione di una vita. Alla fine del percorso arrivano uomini che non possono cercare più niente, se non una liberazio¬ ne. In un filmato di 57 minuti sull'eutanasia, si vede un signore che l'aspetta seduto su una sedia a rotelle, con la faccia di sghem¬ bo, i medici, gli attrezzi, gli aghi, le siringhe, un laccio emostatico, le pareti bianche, il lettino di un ambulatorio. La morte non si vede. Finisce con la moglie che chiude la porta. Però, un medico una volta disse a quei giornalisti che volevano riempire di parole la dolce morte nascosta dietro quel¬ la porta chiusa che la pietà dev'es¬ sere la forma più elevata di cono¬ scenza: a chi non è dato incontrar¬ la forse dev'essere concesso, alme¬ no, invocarla. Dove non c'è la legge, dove non c'è lo Stato che ascolta questa voce, alcuni uomini hanno fonda¬ to Exit, per rispondere in qualche modo a quelli che urlano la loro invocazione. Sul logo c'è scritto semplicemente «Centro di Studi e Documentazione sull'Eutana¬ sia». Lo strillo dice: «Il diritto a una morte dignitosa». E' un'asso¬ ciazione intemazionale, «un'asso¬ ciazione di grande umanità, di grande civiltà», come scandisce Oliviero Toscani: «Nessuno si per¬ metta di definirla un'associazio¬ ne a delinquere». Un anno fa aveva raccolto le dichiarazioni della gente famosa che era a favore dell'eutanasia. Un piccolo esercito inaspettato, che com¬ prende di tutto, senza divisioni pohtiche: destra, sinistra, laici e anche cattolici. Ci sono Paolo Villaggio, Dacia Maraini, Andrea Pezzi, Serena Fogha, Elio Fioruc- ci, Luciano De Crescenzo e tanti, tanti altri. La scrittrice Fernanda Pivano sorrise davanti alle teleca¬ mere per quel filmato dell'Exit: «Guardatemi in faccia. Brutta co¬ me sono, non ho diritto di uccider¬ mi?» Oggi spiega che «quella di Exit è una battaglia giusta. Con¬ tro il dolore non si discute. E' una questione di diritto di fronte alla vita». Elio Fiorucci, il grande sar¬ to, aveva firmato un manifesto a favore di Exit: «Io penso che sicuramente questa nostra pre¬ senza nel mondo è un grande mistero. La nascita è un mistero inesplicabile. Anche la morte è inesplicabile. Però, non mi fa pau¬ ra. Mi fa più paura la sofferenza, mentre la morte in sé qualche volta mi sembra quasi una libera¬ zione. Io ho avuto amici che hanno desiderato la morte, che l'hanno chiesta, e non è condanna¬ bile ima persona che decide que¬ sto per se stesso. Non accettarlo, invece, è ima violenza». Ed è proprio la conoscenza di un dolore, la sofferenza anche personale vista da vicino che ha portato molti di questi nomi famo¬ si a conoscere Exit. Pure Diego Dalla Palma, esperto d'immagine, ci arrivò attraverso un percorso difficile e dolente : «Ho visto soffri¬ re papà e mamma. Se avessi potuto, avrei smesso io le loro sofferenze. Per me è stato lanci¬ nante, per loro umiliante. Mam¬ ma non capiva. Papà sì. Mi ha chiesto lui di morire. L'agonia di papà è durata 10 anni. Quella della mamma, ventidue. Mio pa¬ pà soffriva di artrite reumatoide, di artrosi deformante, ernia iata- le, tumore alla prostata e labirinti¬ te. Mia mamma, demenza senile e depressioni. Sono stati due esem¬ pi laceranti, che avrebbero aperto gli occhi a chiunque. Mi capita spesso di vedere come arrivano al capolinea gli anziani. Sono sicuro che l'eutanasia è un atto di pietà che non concediamo perché non ammettiamo la morte. La verità è che siamo ancorati alla vita al punto da diventare patetici e ridi¬ coli. Invece, la sofferenza è molto peggio della morte, più devastati- te, più deleteria». Diego Dalla Palma è «cattohco e credente. E sono assolutamente convinto che l'eutanasia sia una teoria molto vicina e molto cara a Gesù Cri¬ sto». Nessuna paura di aver detto una bestemmia? «Lo so, qualche prete potrà rabbrividire, ma io ho questa sensazione. Il Nostro Si¬ gnore predicava la misericordia». Exit, dice Dalla Palma, fa opera di misericordia. Addirittura? Per An¬ drea Pezzi, presentatore e dj mol¬ to amato dai giovani, «la loro è un'idea di libertà». Racconta di aver conosciuto quelli di Exit discutendo sull'eutanasia: «Lo Stato attraverso la legge ha trova¬ to un modo per gestire la violen¬ za. Non sopporto l'idea che anche su me stesso, sulla vita interiore di un individuo, sulle sue decisio¬ ni supreme che riguardano il dirit¬ to alla vita e il diritto alla morte, ci sia lo Stato che ti dice che cosa devi scegliere e che ti obbliga a scegliere. Quando la legge entra nella tua sfera, tutto questo diven¬ ta ridicolo. L'eutanasia è l'unica forma di libertà assieme al libero arbitrio. Eticamente, la scelta del¬ la morte è una scelta talmente indivduale che nessuno può arro¬ garsi il diritto anche solo di giudi¬ care. Il rapporto tra me e me stesso, tra la psiche e il corpo, dev'essere esclusivamente mio». Ma allora anche il suicidio è giustificato? «Per me, sì. Se uno arriva a capire che la sua vita non ha più senso, noi non possiamo intervenire. C'era un grande filo¬ sofo che aveva detto: nessuno muore se non è già morto prima». Ma quella porta che si chiude, quella vita che finisce per nostra volontà è solo un modo per cancel¬ lare il dolore? O è anche una scelta di libero arbitrio come dice Andrea Pezzi? E' una questione di decenza, secondo il fotografo Oli¬ viero Toscani. Per l'astronoma Margherita Hack, «la vita appar¬ tiene a noi e dobbiamo essere liberi di decidere quando finirla se diventa insopportabile. Chi non è credente non dev'essere obbligato a seguire un'etica di qualsiasi rehgione». Un giornale cattohco, in Olanda, aveva defini¬ to questi discorsi «nazisti». Rispo¬ sta: «Non vedo perché uno non debba essere libero della propria vita e scegliere la propria morte. Nazismo è impedire agli altri un'etica che non si condivide. La Chiesa, qualsiasi Chiesa, impone la propria etica». Oliviero Tosca¬ ni: «A queste offese neanche ri¬ spondo. Exit è un'associazione di grande umanità. Ed è umano la¬ sciar decidere quelli che non vo¬ gliono morire in un modo indecen¬ te. Perché soffrire in un modo tremendo dopo aver vissuti sani, se uno non ce la fa più, non vuole più, perché? E' come mangiare qualcosa che fa male. Perché? A che scopo?» Luciano De Crescen¬ zo, scrittore: «E' l'interessato che deve decidere, e basta. Quando si dice che la vita è sacra è una stupidaggine. Il dolore è sacro. Spero solo quel giorno di essere in grado di decidere fisicamente io. Che differenza c'è fra vivere anco¬ ra sei mesi o otto mesi tra tormen¬ ti indicibili e anche una bella degenerazione della privacy? A chi servono quei due mesi in più?» In fondo, si ritoma a quel medico olandese. Forse, è solo un discorso di pietà, «la forma più elevata di conoscenza». Oppure è anche politica. C'è un discorso controcorrente, un dubbio su cui meditare. La scrittrice Dacia Ma¬ raini è favorevole all'eutanasia e favorevole a Exit. Ma non in Italia. «Come funziona la nostra sanità, con quel che capita nei nostri ospedali, e nelle nostre cliniche private, ma anche con le nostre leggi, con tutto, cosa po¬ trebbe succedere con l'eutana¬ sia?» Harold Brodkey, un malato terminale, diceva semphcemente così prima di morire: «Ciascuno di noi deve patire la propria vita e la propria morte sotto l'egida del diritto civile in un paese civile». Poi s è spenta la luce. Fernanda Pivano «Guardatemi in faccia brutta come sono ho diritto di uccidermi Contro il dolore non si può discutere» Elio Fiorucci «Ho avuto amici che hanno desiderato la morte, che l'hanno chiesta. Non accettarlo è una violenza» Nella clinica geriatrica «Elizabeth Gasthuishof» di Leiden, Amsterdam, le domande di morte finiscono dentrole cartelle cliniche dei pazienti. Sono agli atti assieme ai pareri di tre medici, alle diagnosi, alle analisi. Qui a fianco una manifestazione a favore dell'eutanasia

Luoghi citati: Amsterdam, Italia, Olanda