Rugova: Kosovo indipendente di Giuseppe Zaccaria

Rugova: Kosovo indipendente Rugova: Kosovo indipendente «Ho vinto le elezioni con il 70 per cento dei voti» Giuseppe Zaccaria inviato a PRISTINA L'improbabile transizione del Ko¬ sovo si delinea intorno a un asse che fino a ieri nessuno avrebbe potuto immaginare. Le seconde libere elezioni nel protettorato intemazionale si sono svolte ve¬ nerdì e dalle solite sassaiole, dalle bombe esplose qua e là, dalla distruzione delle residue chiese ortodosse emerge un risultato pressoché straordinario. Ibrahim Rugova con il suo «Ldk» ha vinto al di là delle aspettative, ma la vera novità sta nel fatto che la minoranza serba potrebbe conqui¬ stare 20 o 22 seggi, rappresentan¬ do con questo la terza forza politi¬ ca della Regione. E' un risultato ancora in attesa di conferme (fino a questo momento valgono le dichiarazioni dei «leader», e sol¬ tanto oggi l'Osce renderà noti i conteggi ufficiali), ma se le tenden¬ ze significano qualcosa questo è forse il momento in cui nel Koso¬ vo degli ultimi vent'anni si può registrare la prima, vera inversio¬ ne di tendenza. Non è detto che accada, ma adesso almeno esisto¬ no le condizioni per uscire dalla tutela delle bande armate e dal ricatto nazionalistico. Ieri sera Ibrabim Rugova, presi¬ dente storico e leader de.ll'«Ldk», ha annunciato una vittoria che va molto a di là delle previsioni: il suo partito, già maggioritario con il 40-42 per cento, avrebbe rag¬ giunto quasi il 70 per cento dei voti albanesi. «E' il viatico per proseguire sulla via della demo¬ crazia e dell'indipendenza», ha ripetuto il vecchio leader, sempre munito della storica sciarpetta di seta al collo. Da Belgrado il vice premier Nebojsa Covic reagisce subito parlando di «dichiarazioni insensate»: in effetti, un accordo siglato pochi giorni fa impedisce alla Regione autonoma del Koso¬ vo e alla sua nuova, autonoma, assemblea di compiere qualsiasi atto che prepari la secessione. Al di là delle scheraiaglie dialet¬ tiche c'è però un fatto che sembra consohdarsi: a dispetto della tota¬ le sproporzione etnica ( 1 milione e 200 mila albanesi rispetto a 170 mila serbi, centomila dei quali riparati oltrefrontiera) grazie ad un sistema di garanzie e a un voto più sostenuto di quanto si pensas¬ se, oggi i serbi tornano a costituire in Kosovo ima vera forza pohtica. Hashim Thaci, ex capo guerri¬ gliero del «Pdk», il secondo partito albanese, osserva e non commen¬ ta; «Aspettiamo - dice - i risultati ufficiali». Secondo i suoi, Rugova ha vinto ancora, ma non nella misura che si pretende. La situa¬ zione che comincia a delinearsi, comunque, sarebbe stata inimma- ginabDe appena fino a ieri: se il risultato di Rugova non fosse ef¬ fettivamente quello da lui annun¬ ciato e nell'assemblea nazionale (120 seggi) i leader delle tre mag¬ giori formazioni albanesi non do¬ vessero trovare accordo, ciascuno dei tre potrebbe cercare appoggio nella rappresentanza serba. Tha¬ ci, durante la guerra di due anni fa, per i serbi era «il serpente». Il leader del terzo partito, l'Alleanza per il futuro del Kosovo, Ramush Haradinaj, era a sua volta coman¬ dante di un'ala della guerriglia, quindi sospettabile di un simile accordo resta soltanto Rugova. Forse il «tradimento» non avverrà mai, ma da questo momento an¬ che nel simulacro di democrazia che in Kosovo si sta costruendo, gli equilibrii cambiano del tutto. Dal punto di vista dei serbi di Belgrado, questo è un successo. Fino a venti giorni fa non esisteva alcuna garanzia che queste elezio¬ ni potessero svolgersi: poi, lo scor¬ so 5 di novembre Hans Haedkke- rup, governatore del Kosovo per conto delle Nazioni UNite (la mis¬ sione di chiama Unmik) aveva raggiunto a Belgrado con il presi¬ dente Kostunica un accordo-chia¬ ve. Non solo garanzie per la mino¬ ranza serba, non solo la statuizio¬ ne del fatto che in nessun caso il nuovo Kosovo potrà muoversi ver¬ so l'indipendenza, ma anche l'in¬ troduzione nei trattati della paro¬ la «Serbia» il luogo della dizione «Jugoslavia». E questi elementi hanno finito col modificare anche l'evidente sproporzione di forze sul campo. Nel Nord del Kosovo, dietro il muro che separa la Mitrovica dei serbi da quella albanese, al di là del fiume, i manifestini elettorali dicevano semphcemente «He», che in cirillico significa «Ne» ovve¬ ro «No». No al voto, no ad una partecipazione che per loro avreb¬ be significato sostegno alla farsa, no a qualsiasi tipo di legittimazio¬ ne di un'assemblea che deve con¬ durre la Regione verso r«autono- mia sostanziale». Invece le candi¬ dature di un raggruppamento che si chiama «Povratak», ossia «Ritor¬ no», hanno spinto a votare il 57 per cento dei serbi, per la grande m^qioranza ancora rifugiati in ;auipj di raccolta collocati in Mon- . inpr j o nella Serbia del Sud. Fra gli albanesi c'era già stato chi, come il famoso Hasim Thaci, aveva tuonato anche prima delle elezioni contro l'accordo di Belgra¬ do minacciando di disertare qual¬ siasi organismo comune di ammi¬ nistrazione. Insomma, adesso si tratta soltanto di scoprire chi sarà il primo a contestare i nuovi equilibrii: obiettivo non esaltante però, in un momento come que¬ sto, unica soluzione per congelare l'esistente. La Germania aveva stampato 1 milione e 600 mila schede elettorali (circa 400 mila in più degli iscritti alle liste), l'Osce aveva mobilitato 1200 osservato¬ ri per garantire correttezza, l'Un- mik aveva impegnato 40 mila soldati nell'attività di protezione delle «enclave» serbe. Fra i serbi che avrebbero dovu¬ to votare, ci è accaduto di incon¬ trare tre famighe di contadini che dal villaggio di Stipce, fra Pec e Mitrovica, raggiungono ogni gior¬ no i loro campi sotto scorta dei soldati francesi e mandano a scuo¬ la i loro bambini nei blindati. Fuori dal settore Nord ogni casa di campagna, qualsiasi sobborgo in cui qualche famiglia serba (in genere, anziana) ha decìso di rima¬ nere, impegna l'Umnik in una sorveglianza estenuante eppure ineludibile, se non si vuole che a due anni e mezzo dall'intervento Nato la pulizia etnica si svolga al contrario. Nelle ultime tre setti¬ mane otto serbi kosovari sono stati uccisi, pochi giorni fa due bombe hanno distrutto la chiesa ortodossa di Staro Gracko, vicino a Lipljan (in circa due anni, do¬ vrebbe trattarsi della settantaset- tesìma) ed una bomba a mano contro il portone del Comune ha impedito un «meeting» elettorale di candidati belgradesi a Zvecan. Le violenze, è vero, nell'ultimo anno sono diminuite del quaranta per cento e la faraonica struttura del protettorato ha prodotto alcu¬ ni effetti, ma ogni giorno di più le prospettive di una nuova convi¬ venza anziché cementarsi si dis¬ solvono. Costruendo il fantasma di una democrazia e perpetuando uno «status quo» che ha soltanto lo scopo di procrastinare una nuo¬ va crisi, lì Kosovo prepara un nuovo mandato per Bbrahun Rugo¬ va. Magari (ma non lo dica nessu¬ no) col sostegno dei delegati serbi. Ibrahim Rugova: il leader moderato è convinto di avere vinto le elezioni del Kosovo