Il «top gun»: siamo preparatissimi

Il «top gun»: siamo preparatissimi Il «top gun»: siamo preparatissimi «Alta professionalità, ottimi apparecchi. Torneremo tutti a casa» intervista dall'inviato a TARANTO SI chiama Pietro Alighieri, ha 32 anni, la voce ferma di chi sa di essere il migliore di tutta la marina militare. Primo alla scuola di volo, primo del suo corso per prendere il brevetto di pilota di caccia. Un vero «topgun» come quello dei film, con apprendistato all'accademia dei pilo¬ ti americani a San Antonio e laurea sulla portaerei «Kennedy» della Mari- namilitare degli Stati Uniti. E' anche un simbolo dell'Italia multietnica e multiculturale di oggi: il tenente di vascello Alighieri è di origine soma¬ le, ha una pelle leggermente ambra¬ ta, senza negarsi il pizzetto come si usa nelle forze armate. Un figlio della globalizzazione: vive a Tnno VerceUese, lavora in PugUa, conosce l'America. «Sono molto legato a quel Paese. Mi sono sposato a New York nel settembre del 2000. E quest'an¬ no, l'il settembre, con mia moglie eravamo di nuovo lì, a New York. Sotto le Torri io potevo finirci sul serio». Il tenente di vascello Pietro Ali¬ ghieri è dunque un pilota di marina. Porta su e giù quei bestioni che sono gli Harrier, aerei a decollo corto e verticale. A lui, e ai suoi compagni del Gruppo aerei imbarcati, è riserva¬ to il compito forse più duro. Se qualcuno tra quelli che è partito ieri rischiera la vita sui cieli dell'Afghani¬ stan, uno è lui. Gli toccherà perché è un ufficiale pilota ti a i più specializ¬ zati d'Italia. Perché questo «top gim» non è un semplice pilota di caccia. Non deve soltanto guidare un jet e all'occorrenza sparare missili. Quan¬ do ha finito la missione, ha la compli¬ cazione che deve tomare con il suo Harrier sul ponte di una piccola portaerei che si muove in mezzo al mare. «Non dico che sia la parte più difficile, ma certo richiede una buo¬ na dose di attenzione», minimizza. Paura, tenente Alighieri? «No. Mi sento pronto. L'addestra¬ mento è stato lungo e duro. Ma sono, anzi, siamo pronti. Direi che porto dentro una grande serenità. Chiaro, avremo il nostro cuore sempre rivol¬ to verso casa. Ma le nostre famighe capiranno che ci possono aiutare soltanto con la tranquillità». Partite lasciando una parte di opinione pubbhca forse inquie¬ ta, ma un Parlamento larga¬ mente con voi. «E questo conta molto. Un mihtare senza l'appoggio del suo Paese vale la metà. Non solo ci rende più facile il compito, ma ci dà forza un consenso cosìla^go». La sua famiglia che ne pensa? «Hanno fiducia in me. Questa è la mia prima missione. Ma forse l'av¬ ventura fa parte del Dna della mia famiglia. I miei nonni erano italiani, le mie nonne somale. Io sono nato a Mogadiscio, però sinceramente non me ne ricordo nulla. Sono piemonte¬ se a tutti gli effetti anche se a 19 anni mi sono arruolato in Marina e ho cominciato a girare per il mondo». Eppure scorre una vena d'Afri¬ ca nel suo sangue. Prova qual¬ che emozione più degli altri (piando sente parlare dei dirit¬ ti di popoli dimenticati? S'è fatta molta retorica intorno al- lapovertà delmondo che sareb¬ be dietro il terrorismo. «Queste sono domande pohtiche che non dovete porre a me, prego. Io sono un mihtare e faccio quanto mi viene ordinato. Rispetto le autorità del nostro Paese. Certo, sono un uomo anch'io. Anzi, prima viene l'uomo e poi il mihtare. Però dico a chilo dimentica troppo presto: atten¬ zione, sotto le Torri sono morti an¬ che degli italiani, dei nostri connazio¬ nali. Io stesso ero a New York l'il settembre. Potevo essere sotto le macerie. Ero un turista che ha visto l'attacco dalla televisione dell'alber¬ go. Per giorni ho sentito le sirene e ho respirato la polvere». Insomma lei va alla guerra con animo sereno. Siciuo del suo aereo e della sua preparazione. «Sissignore. L'Harrier è un ottimo aereo, in grado di svolgere qualsiasi missione ci ordineranno. Le nostre famighe dovranno essere orgogliose. Il grado di professionalità tra noi è altissimo. Non abbiamo nulla di me¬ no degli altri. Non so nemmeno perché qualcuno abbia dubbi. Certa gente dovrebbe andarci cauta con i giudizi. Abbiamo ricevuto una prepa¬ razione eccellente. L'aereo è ottimo. La portaerei un organismo mare-cie¬ lo perfettamente integrato e anche, direi, indispensabile per una potenza industriale come siamo». Ma cosa andrete a fare, esatta¬ mente? «La situazione è in rapidissima evolu¬ zione. Difficile specificare adesso quali saranno le missioni che si delineeranno». Parliamo dello spìrito con cui lei, tenente Alighieri, parte. «Come ho detto, ho ancora negh occhi le immagini deh' 11 settembre. Io ero a New York. Non ritengo quel fatto lontano da me, dalla mia fami¬ gha, dall'Italia». Che cosa ha detto a sua moglie nell'ultima telefonata da ter¬ ra? «Torneremo tutti a casa». [fra.fea.l Marinai della portaerei ammiraglia della Marina italiana fotografati ieri a Taranto

Persone citate: Alighieri, Kennedy, Pietro Alighieri, Quan