L'ABBRACCIO DI WOJTYLA

L'ABBRACCIO DI WOJTYLA L'ABBRACCIO DI WOJTYLA non pochi parlarono di rivincita del Concilio Vaticano II). La «Assisi-bis» non sarà certo taumaturgica ma segna un mo¬ mento alto nella Storia contempo¬ ranea. Non solo: riafferma il pote¬ re insindacabile del pontefice, conferma la sua visione del mon¬ do e questo perché la proposta del papa - condannare la guerra pregando per la pace - raccoglie la spinta che sale dalla base della Chiesa di Roma. Dai vescovi, dai parroci, dai missionari che sparti¬ scono le angustie dei più poveri che sono, in definitiva, l'autenti¬ co popolo di Dio. Wojtyla sarà «conservatore» ma che ne sareb¬ be della Chiesa s'egli non fosse stato attento a conservare i valo¬ ri antichi celebrandoli, però, in sintonia inedita e con il Volks- geist, lo spirito dei popoli, e con lo Zeitgeist, lo spirito del tempo. Ed eccolo con chiara ammirazione pei musulmani, invitare i cattoli¬ ci a un giorno di digiuno che cadrà in pieno Ramadan: gli isla¬ mici praticano il digiuno durante trenta giorni per purificarsi al fine di celebrare la Rivelazione - i cattolici con questo «piccolo di¬ giuno» accoglieranno, si spera, la Natività non più come una festa consumistica bensì come l'avven¬ to di Gesù sulla Terra per farsi carico dei peccati del mondo. Il discorso della pace di que¬ sto profeta postmoderno ch'è papa Wojtyla, coincide con la giornata dei migrantes. Anche Gesù, a ben vedere, era un «immigrato»: «ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; ero pellegrino e mi ospitaste» (Matteo: 25,37). Il pa¬ pa ci ricorda puntualmente Gesù, parlandoci sempre del-suo sacrifi¬ cio, del dolore pietoso di Maria, sua madre celeste. Il progetto di pace di Giovanni Paolo II potrà realizzarsi solo se lo aiuteremo, credenti e non credenti. Di fronte alla tragedia della guerra siamo tutti eguali. Igor Man NO: non è una guerra tra religioni, fra diverse civiltà, quella che si sta combattendo. Questo dice Karol Wojtyla all'An¬ gelus in una piazza San Pietro allagata di pioggia ma non diserta¬ ta dalla gente. Tuttavia la guerra potrebbe degenerare in uno scon¬ tro tra isiàm e cristianesimo: questo il papa non lo dice, ma la terribile preoccupazione traspa¬ re dalle sue parole. Parole dram¬ matiche epperò soffuse di beata speranza, tanto che il suo volto abitualmente appenato questa volta rasenta, a tratti, l'ineffabile sorriso che fu di lui all'inizio del pontificato. Per scongiurare che la violen¬ za intrinseca alla guerra (anche a questa, ineludibile, contro il terro¬ rismo) diabolicamente traligni in una crociata tecnologica, con con¬ seguente grande jihad, per scon¬ giurare tanta disgrazia il rimedio esiste. E' il dialogo, dice il papa. E se il dialogo si intreccia con la preghiera, è possibile che diventi la scorciatoia per la pace. 0, almeno, per «una convivenza pa¬ cifica», come esattamente dice Wojtyla. Quindici anni fa, allorché il papa chiamò al dialogo in Assisi i fratelli delle altre religioni, in quel lontano 1986 segnato dalla guerra fredda, col muro di Berli¬ no a dividere i figli di ima stessa nazione e, in fatto, la democrazia dal comunismo, non mancarono le critiche e persino i compati¬ menti. La Curia paventava lo spettro del sincretismo, il mondo laico denunciò attraverso i suoi chierici più zelanti ima indebita intrusione nella pohtica, una «presuntuosa provocazione» fine a se stessa. Invece quel raduno di islamici, buddisti, ebrei, cristia¬ ni, là nella Porziuncola di France¬ sco, «il Santo che dialogò col Sultano», fu una svolta storica. (Dentro e fuori dei Sacri Palazzi

Persone citate: Gesù, Giovanni Paolo Ii, Igor Man, Karol Wojtyla, Wojtyla

Luoghi citati: Assisi