Mantenere la pace, un grattacapo

Mantenere la pace, un grattacapo IL PERICOLO CHE IL PEACE-KEEPiNG DiVENTt PEACE-MAKING, CIOÈ' LA NECESSITA' Dì STABILIRE ANZICHÉ^ AMMINISTRARE VOI Mantenere la pace, un grattacapo L'esperienza del Kosovo una lezione per l'Afghanistan retroscena LA comunità intemazionale discu¬ te di possibili scenari geo-politi¬ ci, per.assictirarq una ^ace duratu¬ ra» all'Afghanistan post-bellico, mentre un milione di kosovarì si preparano alle elezioni che si svolge¬ ranno sabato sotto l'egida delle Na¬ zioni Unite. Sono passati più di due anni da quel 10 giugno 1999, quan¬ do il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottando la risolu¬ zione 1244, istituì la Missione di amministrazione transitoria in Ko¬ sovo (Unmik) e le affidò, accanto ai tradizionali compiti di assistenza umanitaria ed economica, quello di ricostruire un sistema pohtico-am- ministrativo per guidare il Kosovo all'dautonomia sostanziale». Giunti in Kosovo, assieme alla Kfor e ad altre 450 Organizzazioni non governative (Ong), capimmo subito che, più che a «mantenere la pace» (peace-keeping) le Nazioni Unite erano state cmamate a «co¬ struire la pace» (peace-making). In¬ fatti non si trattava solo di ricostrui¬ re le oltre 150 mila case distrutte, riabilitare strade e ponti, accogliere gli 800 mila sfollati albanesi kosova- ri, bonificare i campi infestati di mine, localizzare circa 500 fosse comuni, riesumare migliaia di cada¬ veri. L' Onu doveva innanzitutto affrontare l'irrisolto conflitto inter¬ etnico tra la minoranza serba e la maggioranza albanese: la vendetta contro i pochi serbi rimasti (circa 100 mila) aveva innescato una nuo¬ va spirale di violenza che si consu¬ mava sotto 1 nostri occhi addolorati ma spesso impotenti. «Dietro le vitti¬ me per le quali siamo entrati in Kosovo si nascondono oggi altre vittime», disse Bernard Kouchner, Rappresentante speciale Onu ai fu¬ nerali dei 14 contadini serbi trucida¬ ti a Gracko. Il vuoto politico-amministrativo lasciato dalla fuga dell'establish¬ ment serbo aveva fornito agli uomi¬ ni del demilitarizzato Uck lo spazio per insediarsi abusivamente nei mu¬ nicipi e, all'intricato e resìstente sistema di «strutture parallele» con¬ gegnato dal «presidente» Rugova, di ritornare in superficie. In questa deriva sociale e politica nella quale versava il Kosovo all'indomani del conflitto, il Rappresentante speciale e uno sparuto gruppo di funzionari Onu (eravamo 30 mentre oggi la missione conta mille persone) intra¬ prese un innovativo processo di «nation building» sforzandosi di ren¬ derlo così convincente da riuscire a distogliere gli albanesi kosovarì dal richiamo delle sirene dell'indipen¬ denza. Per coinvolgere i kosovari nella costruzione di un Kosovo multi-etni- co e democratico, Unmik istituì due avvenirìstiche strutture di governo transitorio : il Kosovo Transitional Council (Consiglio transitorio del Kosovo, Ktc), supremo organo politi¬ co-consultativo composto dai rap- presentanti di tutte le forze politi¬ che, etniche e religiose dell'irrequie¬ to dopoguerra kosovaro; la Joint Interim Administraive Structure (Struttura amministrativa congiun¬ ta, Jias), nella quale ognuno dei 20 dicasteri (educazione, sanità, tra¬ sporti) era co-diretto da un ministro Onu e da uno kosovaro. Ogni mercoledì ci sembrava fan¬ tapolitica vedere seduti attorno all' enorme tavolo ovale nel palazzo Onu di Pristina (che fino a pochi giorni prima ospitava il governo di Belgrado) l'esuberante Thaci, detto «il Serpente»; il malinconico profes¬ sor Rugova; il piccolo e coraggioso vescovo serbo Artemije, che la scor¬ ta Kfor andava a prelevare al Mona¬ stero di Grecanica in carro armato; e poi i rappresentanti della poliedrica società civile kosovara come l'intel¬ lettuale Blerim Shala del giornale «Zeri», e Zulfi Mergja, della comuni¬ tà rem. lì poi le donne (10 su 36 membri del Ktc) come , Shukria Rexha, la giovane rappresentante dei prigionieri politici e dei 4 mila desaparecidos che le milizie serbe avevano rastrellato prima di lascia¬ re la provincia; o come Sonia Nico- lic, la coraggiosa giornalista serba con la quale fondammo una radio multi-etnica'. Alle elezipoi municipali del 28 ottobre 2000, boicottate dai serbi kosovari, la vittoria schiacciante della Lega democratica del Kosovo (Ldk) di Rugova sul Partito democra¬ tico del Kosovo (Pdk) di Thaci e sull'AUeanz a per l'avvenire del Koso¬ vo (Aak) di Haradinaj mostrò come il dialogo politico intrapreso dall'Onu avesse rmforzato i moderati e rallen- tatato, almeno momentaneamente, la forza centrifuga verso l'indipen¬ denza. «Per costruire il nostro futu¬ ro bisogna partecipare al presente», dichiarava un Rugova per la prima volta sorridente. Ma la «questione kosovara», ri¬ masta illesa nel conflitto Nato, tor¬ nava adesso alla ribalta: che cosa significava «autonomia sostanzia¬ le»? Nel «Quadro costituzionale per l'autogoverno provvisorio» adottato da Unmik a maggio 2001 viene sancita la multi-etnicità, la tutela delle minoranze e il rientro dei serbi sfollati; e soprattutto si chiarisce inequivocabilmente che il Parlamen¬ to eletto il 17 novembre non avrà alcun potere di modificare lo status di provincia dell'ex-Jugoslavia che, appartiene al Kosovo. Ma a Belgra¬ do non basta e così, temendo che il Parlamento dichiari l'indipendenza, e che la partecipazione dei serbi alle elezioni legittimizzi il voto, ai serbi kosovari è stato ordinato di boicotta¬ re le elezioni. Solo il patto fiduciario firmato lo scorso 5 novembre dal nuovo Rappresentante speciale di Unmik Hans Haekkerup e dal Presi¬ dente Kustunica - nel quale l'Onu assicura che il Parlamento non po¬ trà procedere a dichiarare l'indipen¬ denza - ha finalmente fatto scioglie¬ re la riserva a Belgrado e ha autoriz¬ zato i serbi kosovari a votare. In questi giorni di Ramadan, lungo le strade fangose di Prìstina occhieggiano sui muri ì poster eletto¬ rali: Rugova, con la sua immancabi¬ le sciarpa al collo, troneggia sulla scritta «Indipendenza, democrazia, libertà»; Haradinaj, fasciato in un elegante completo blu, dice: «Né a sinistra, né a destra, solamente drit¬ to»; e infine Thaci che sul poster è ritratto con Vlora Brovina, poetessa- pediatra albanese, grande attivista di diritti umani, arrestata dalle mili¬ zie serbe nell'aprile del '99 e rilascia¬ ta dopo 19mesi di prigioniaedi forti pressioni intemazionali. Lo slogan dice: «Il domani nasce oggi». Mentre gli avvenimenti in Afgha¬ nistan assorbono l'attenzione della comunità intemazionale, in Kosovo con l'apertura dei seggi si apre una nuova fase del complesso processo di pace iniziato dall'Onu nel giugno '99. Certo, le guerre hanno la «fortu¬ na» di essere più mediatiche. e con ritmi narrativi perfetti per la televi¬ sione, mentre i processi di pace intrapresi in Kosovo, Timor Est, Sierra Leone, Congo sono inevitabil¬ mente lenti, balbuzienti, contorti, spesso addirittura invisibili. Eppu¬ re, mai come in questo momento, i successi e gli errori fatti dalla comu¬ nità intemazionale in Kosovo e nelle altre operazioni di pace possono essere preziosi. E' vero, cambiano la geografia, i nomi dei belligeranti e quelli delle vittime. Ma la sfida rimane sempre la stessa: costruire la pace. *gia funzionario della Missione di pace Onu in Kosovo I successi e gli errori fatti dia comuriiti^ internazionale possono essere preziosi nella nuova contingenza Il dottor Bernard Kouchner, Rappresentante speciale dell'Onu, in un'immagine con il vescovo serbo Artemije