DS Compagni di discordia

DS Compagni di discordiaAL CONGRESSO Dt PESARO LASTRICATA DI DIVISIONI E INTERMINABILI LITI DS Compagni di discordia la storia Filippo Cecearelli ROMA QUANDO tutto non solo an¬ dava male, ma tutti comin¬ ciavano a litigare, gli antichi di solito tiravano in ballo gli dei. Còsi, nelTHiade (IV, 440) Eris entra nottetempo negli accam¬ pamenti troiani per diffondere il suo perfido know-how. «E a»flhe -allora gettò in mezzo a quelli crudele contesa, Z andan¬ do tra là folla; moltiplicando i l«B8!KtfiK^3^rT«rrST-'!^ ":"* Nen'Orlandojurioso{XlV,76 e ss.), che per inciso era poema preferito di Togliatti e della lotti, quella stessa Eris ha il nome a noi più consono di Discordia; ed è Dio, tramite un arcangelo, a spararla nel campo dei Mori con tanto di spoletta e acciarino: «e tra quei che vi son detti più forti Z sparga tanta zizzania e tante liti, Z che com¬ battano insieme: et altri morti, Z altri ne sieno presi altri feriti, Z e fuor del campo altri lo sdegno porti, Z sì che il lor re poco di lor s'aiti». Può risultare grottesco, anzi risulta senz'altro grottesco ri¬ chiamare Omero e Ariosto per introdurre le presenti e incessan¬ ti beghe diessine. E tuttavia l'impressione è che anche nel campo post-comunista Eris ab¬ bia svolto con successo qualche lavoretto. Più in particolare: che la Discordia, al di là delle singole volontà dei D'Alemà e dei Mussi (che sono cresciuti insieme e oggi si combattono), dei Violan¬ te e dei Polena (fra i quali sarebbe arduo riconoscere qual¬ che differenza di linea), abbia qui preso le vesti della sconfitta e della fine inesorabile del parti¬ to di massa. Troppe liti, da troppo tempo. Tutti contro tutti, al di là delle normali divergenze. Tutto rim- picciolito, immiserito. «Risse in¬ decenti» ha detto Emanuele Ma- caluso ricordando come nel Pei «gli scontri avevano una forte dimensione politica, ma restava tra noi un sentire comune che ora non c'è più». C'è, appunto, il contràrio della concordia. E c'è una sofferenza di cui ogni tanto pare di cogliere qualche amara testimonianza, qualche barlu¬ me di verità. «I principali nemi¬ ci della sinistra - ha ammesso ima volta Polena - siamo noi». Ha riconosciuto un'altra volta Claudio Velardi, che di Polena non può essere considerato né un amico, né tanto meno un compagno: «Purtroppo il grup¬ po dingente ha trattenuto il peggio del comunismo: il canni¬ balismo. Ognuno di questi signo¬ ri vede in chi gli sta più vicino il suo peggior nemico». Di questa ragnatela di inimici¬ zie ormai extra-politiche, ecco 18 frammenti delle quali chi vince al congresso, e anche chi perde, dovrà tenere conto.. L'ACCADEMIA DEL SOSPET¬ TO. Non c'è frase, non c'è iniziati¬ va che non venga sottoposta al più classico processo alle inten¬ zioni, di sohto le meno nobili. Violante parla di TangentopoU? E' perché vuol diventare giudice costituzionale. La sinistra vota contro la guerra? Sta per fare la scissione. La maggioranza s'irri¬ gidisce? Sono pronte le Uste di proscrizione. Si candida D'Ale¬ mà? Vuole prendere più voti di Passino. E così via. LA MALEDIZIONE DI OCCHET¬ TO. Un partito che nasce con il suo fondatore eletto malamen¬ te, poi sbrigativamente dimissio¬ nato ed emarginato, è un partito che vìve male. Ma anche Occhet¬ to ha fondato, oltre al Pds, un blocco di rancore senza prece¬ denti, ma con doppia ricaduta editoriale. LA SOLITUDINE DEL BOTTE¬ GHINO. «Un palazzo triste e senza luce» ha detto D'Alema della nuova sede.. Non di rado deserta. I funzionari, spesso sen¬ za stipendio, sono già scesi in sciopero. In un comunicato sul¬ la cerimonia di commemorazio¬ ne di Berlinguer era sbaghata anche l'indicazione del cimitero. LA FERITA DELL'UNITA Molti giornalisti non riescono a perdo¬ nare come i dirigenti si compor¬ tarono durante la lunga crisi e gli otto mesi di chiusura. Ancora risuonano le urla di rabbia mega¬ fonate sotto Palazzo Chigi ai tempi del governo D'Alema: «Buffoni! Buffoni!». IL MIDAS INTERRUPTUS. 0 del¬ la accentuata craxizzazione dei Ds. Ha detto sprezzante D'Ale¬ ma al suo ex seguace Polena: «Per fare un Midas ci vuole una notte, se si ha la forza». La parodia del mancato Bettino ha l'effetto di rivalutare la dignità di quell'episodio di cui tutti pen¬ savano male. LA CACCIA A D'ALEMA. «Mi si vuol mettere davanti a un ploto¬ ne d'esecuzione». Il suo perenne dispiegamento assorbe un ecces¬ so di energie e consente all'eter¬ na vittima di non esserlo affat¬ to, e di lamentarsene pure: «Pri¬ ma non mi invitano alle manife¬ stazioni importanti, e poi mi accusano dì non impegnarmi abbastanza». IL MURO DELLO STAFF. Pu fatto costruire da Velardi per impedire l'accesso di una delle due scale del Bottegone al piano della segreteria. Ha detto Rober¬ to Cuillo, ex staff di Veltroni: «Il partito del leader ha avuto costi umani pazzeschi». Ora dissapori e delusioni anche all'interno del partito del leader. IL DISIMPEGNO DI VELTRONI. Prima da Prodi e dallUlivo; poi dal partito e dalla campagna elettorale; ora, forse, dal «cor- rentone». Ogni presa di distan¬ za ha in genere una sua logica e ima sua perfino elegante neces¬ sità. Ma il cuore fatica ad accet¬ tarle. I CAPRICCI DEL «CACICCO». Cioè di Bassolino, che deve sem¬ pre prendersi la rivincita di qualcosa: dello scorso congres¬ so, dove non lo fecero parlare all'ora giusta; poi della brutta esperienza ministeriale; quindi delle candidature in Campania. Chi fa da sé, fa per troppi. IL DOTTOR COFFERATI. Così lo chiamò D'Alema - con la consue¬ ta gentilezza - quando il leader della Cgil si mise di mezzo sulle pensioni. Ma Cofferati deve aver appreso la lezione, se l'altro giomo ha accusato di «volgari¬ tà» Giorgio Napolitano, addirit¬ tura, che di tutti i pohtici, anche non diessini, è tra i meno volga- LÉ BARUFFE PUGLIESI. Caso Bargone, non candidato; caso Pellegrino, lasciato tornare al suo lavoro; e faide gallipoline, con inciuci bizantini e Uste fedi¬ fraghe ad alto impatto giornali¬ stico. STRESS A BOLOGNA Dirigenti emiliani non solo imbufaliti, ma con la sindrome permanente dei portatori d'acqua. Zani prima umiliato, poi ripristinato. Pa¬ squino rivela che nel 1996 furo¬ no raccolte firme per Hauti. Bologna intanto persa. GLI ALAMBICCHI DI SIENA. Da anni, ormai, raffinazione di vele¬ ni all'ombra del Monte dei Pa¬ schi. Il sindaco Piccinni contro Luigi BerUnguer. Lotta tignosis¬ sima con sventolio di elenchi di massoni e altre simpatiche tro¬ vate. FRATRICIDIO SALERNITANO. Il sindaco De Luca, già plebisci- tato, contro il resto della Campa¬ nia. I bassoliniani temono la pulizia etnica. Da Roma giocano eaizpaaMroT^---.---, —^i BINGÓ TORINESE. Dimissioni e polliniche pelrché il partito sta¬ va i^rr f s^OTe-coinvqlton^mio- vo btjisiness. Nella citta de Lar¬ dine nuovo e della classe opera¬ ia più avanzata d'Europa passa¬ re dalla lotta di classe al gioco d'azzardo non è cosa che passi - ancora - del tutto Uscia. VEZIO SE NE VA. Storico bari¬ sta romano, custode di ima spe¬ cie di sacrario del comunismo: «Il partito non mi emoziona, non mi scalda il cuore». S'è candidato con Cossutta. LA VEDOVA NATTA. Dopo i funerali: «Veltroni non si è fatto mai vedere, mai. D'Alema è sali¬ to due volte, cinque minuti. Sandro l'avvertì: avete demolito il partito, voi perderete. Li ave¬ va allevati e li vedeva così, con tutti quei lussi, parlare solo in tv, senza nemmeno tentare di entrare in una sezione, ascolta¬ re la base, il cuore e il sangue del partito». E NEANCHE SALUTANO. Mario Farini, autista del Bottegone e del Botteghino: «E' che non c'è più lo stimolo, la passione. I dirigenti non sono più punti di riferimento, non ci sono più lea¬ der... Questi di adesso quando entrano ed escono mica saluta¬ no. Non considerano i compagni che lavorano. I vecchi invece ti trattavano alla pari. Ouando li aspettavo con la macchina sotto Montecitorio i colleghi autisti della De e del Psi mi invidiavano perché a me quelli mi avvisava¬ no pure se facevano tardi cinque minuti. Adesso invece...». La nuova sede «Un palazzo triste e senza luce» come lo descrisse D'Alema E ppi i «capricci» \ diBassolinO; ;- .:t\;j che deve ptende^iv la rivincita'diel passato congresso e dell'infelice esperienza ministeriale Dalla ferita della chiusura dell'Unità allo sciopero dei funzionari di partito rimasti senza stipendio, dal rancore di Occhetto ai sospetti di D'Alema, fino ali'accusa della vedova di Natta: «Veltroni non si è fatto mai vedere, Massimo cinque minuti Alessandro li aveva avvertiti: voi perderete» A sinistra lo «stato maggiore dei Ds» all'ultimo congresso del Lingotto, a Torino Qui sopra un'immagine del 6 marzo 1988, che mostra Alessandro Natta con Achille Occhetto durante una conferenza dei lavoratori del Pei Qui sopra il sindaco di Roma Walter Veltroni A destra il leader della Cgil Sergio Cofferati w..,;i,iatoiasfe -.m&m ■--■■■:i- .■■: 'a, c/'^^rtte, :itfgfllr-11lìfir'ìJ'fl4Ai|!ffr ;'fj ' -"^k.:,,, •S ^ s"*- i* mmmm tidid I firi Accanto la nuova sede dei Ds in via Nazionale, in alto Antonio Sassolino, presidente della Regione Campania

Luoghi citati: Bologna, Campania, Europa, Mori, Roma, Torino