OMAR il mullah del mistero scomparso nel nulla

OMAR il mullah del mistero scomparso nel nulla LA SVOLTA 8N AFGHANISTAN I DIFFICILI EQUILIBRI DI POTERE DOPO LACADUTADELREGIME —i-i jì : ; i :—; ^—j ~ —i—i 1 : ■- -' '.^ .•■- . : J^. , OMAR il mullah del mistero scomparso nel nulla ritratto IgoìrMan NEL cielo ceramica di Kabul sono tornati gli aquiloni. La gioia dei bambiniai quali li aveva confiscati la paranoia dei Talebani è senz'altro auten¬ tica. Altoparlanti diffondono le canzoni (già vietate) del cantan¬ te nazionale Farhad Darya. Ed è, ovviamente, la voce di una donna, l'annunciatrice della ri¬ naca radio Kabul, Jamila Mujabid, ad aprire le trasmis¬ sioni: «Gli oppressori sono fug¬ giti, bruciate il burqa voi don¬ ne, preparatevi a ricostruire la nostra capitale, voi uomini». Probabilmente Io faranno, per intanto loro unica preoccupa¬ zione sembra esser quella di tagliarsi i lunghi capelli, le barbe «islamiche» imposte dai Talebani. Che strano: dopo l'S di settembre i soldati che aveva¬ no smesso la divisa e s'erano rifugiati in Roma si facevano crescere la barba, ingenuamen¬ te convinti di salvarsi, così, dai tedeschi a caccia di «disertori badogliani»; a Kabul invece si radono. Certamente tra gli ex barbuti presto verranno indivi¬ duati infiltrati Talebani, spie del vecchio regime. L'apparen¬ te gioia popolare nasconde la certezza d'uno scanna-scanna per consumar vendette; «un dente per cinque», questo slo¬ gan funesto ha.soppiantato lo storico «dente per dente». E' stato sempre così, in Afghani- stan.ma è difficile f^rci il caljo, anche per i disgraziati abitanti di questo paese scabro e pure colmo di bellezza.. Più che una fuga, quella dei Talebani è stata una evacuazio¬ ne. Veloce ma sefaza panico: tanto è vero che-«son fuggiti con la cassa». Sì, i Talebani hanno avuto il tempo di ripuli¬ re la banca nazionale e in aggiunta, gli ultimi di loro han tolto ai cambiavalute tutto il capitale in dollari. Ogni ora che passa l'incertez¬ za sembra lentamente prevale¬ re sull'esultanza. La caduta di Kabul sarà magari una vittoria ma non è certo la fine della guerra né sancisce la sconfitta dei talebani. Secondo Dawn, il bene informato giornale paki¬ stano in inglese, prima della caduta di Kabul il leggendario mullah nascosto, lui, il monoco¬ lo Omar, avrebbe inviato que¬ sto messaggio ai difensori della capitale: «Combattete, resiste¬ te in nome di Dio», aggiungen¬ do: «Non credete al nemico servo dell'infedele, io non sono fuggito, sono dove debbo esse¬ re e voi dovete rimanere dove è ;iusto che stiate. Non perdete a testa come pulcini che vanno a destra e a sinistra e finiscono in una fossa». «Siate calmi, la nostra forza è intatta, tornere¬ mo»: questo è il messaggio che avrebbe diffuso a sua volta Osama bin Laden, assicurando che lui e il Mullah Omar sono vivi e combattono. Gli esperti sostengono che come già fece Saddam che ritirandosi in fret¬ ta a Baghdad riuscì a salvare quella Guardia Repubblicana con cui avrebbe, poi, domato la rivolta degli sciiti e dei curdi, del pari Osama avrebbe fatto ritirare in tempo la sua famosa Brigata (araba) 055 su posizio¬ ni sicure. E' nel Sud, in ogni caso, che si giuoca la partita finale. Ora la domanda è questa: sono salvi entrambi, Osama e Omar, ma chi è l'uomo del destino? Non è una domanda oziosa. Allorché nel gennaio del 1952 i liberi ufficiali egiziani spodestarono Re Faruk, fu il maresciallo Neghib ad esser presentato al mondo, tramite la stampa, come il rafss. Nessu¬ no aveva prestato soverchia attenzione a un maggiore alto e scabro, Gamal Nasser, che face¬ va da portavoce. Quando si sbarazzò di Neghib, legato ai fratelli musulmani che in segui¬ to Nasser sterminerà, Gamal risultòilvero ideatore.e.capo del colpo di stato. Qui, nel pasticcio afghano, dico, due figurano al .vertice: Osama bin Laden, appunto, e il misterioso Omar, l'orbo veggente. Chi dei due è il raiss? Se il leader autentico fosse Mohammed Omar non sarebbe irragionevo¬ le pensare che, alla lunga, la sua molto pubblicizzata «flessi¬ bilità coranica» potrebbe fame l'interlocutore dell'Alleanza del Nord, oggi trionfatrice a Kabul, con danno di Osama che non pochi analisti considerano «bollito». Se, invece, il leader autentico è Osama: perché ric¬ co e come tale procacciatore infaticabile di aiuti in denaro e materiali, perché soprattutto reggitore della rete allargata oramai da anni a tutti gli Stati Uniti, a qualche pae^e d'Euro¬ pa, nel Golfo e nelle ex repubbh- che sovietiche, in questo caso c'è da temere che la guerra, questa guerra indecifrabile con¬ tro il terrorismo vedrà la mala- bestia in attività, «dovunque e comunque» seminando morte e paura. L'arma più terribile, quest'ultima. (Certo alla fine Osama sarà battuto, ma a quale prezzo e quando?). Chi scrive ha conosciuto un ' Grande Vecchio che usò anche il terrore, quel Khomeini che fece fare al terrorismo un salto di qualità argomentando che sì -il .-suicidio è peccato-mortale- ma uccidersi per uccidere l'infe¬ dele è santamente diverso. In- , fatti la niort^ Jegata a quella del nemico, simultanea, subli¬ ma il musulmano poiché diven¬ ta martirio e i martiri vanno diritti in Paradiso. Codesta teo¬ ria funzionò durante la guerra Iran-Iraq: a Dezful noi giornali¬ sti, col binocolo, vedemmo schiere di bambini «votati al martirio» correre scalzi sui campi di mine, saltando in aria con esse così da spianare la strada ai carri armati iraniani. Inorriditi leggevamo, sui gior¬ nali di Teheran, «il compiaci¬ mento» dei genitori, espresso, nero su bianco, a modo di didascalia, sotto le fotografie degli impuberi figlioletti suici¬ di-martiri. Di più: è stato Kho¬ meini a esportare in Libano i suoi pasdaran che fecero dei miliziani sciiti del «Partito di Dio» (Hezbollah) una devastan¬ te arma: per uccidere si uccide¬ vano, non solo gli uomini ma persino le donne: la prima fu una ragazza di 16 anni. E tuttavia Khomeini seppe bere l'amaro calice della fine della guerra contro l'Iraq finita in coda di pesce poiché «il cane rognoso» Saddam non era stato abbattuto. E seppe dimostrarsi un cinico politico, abilissimo nel restituire gli ostaggi del¬ l'ambasciata americana non già a Carter (così condannando¬ lo alla sconfitta) bensì a Rea- gan, in cambio di una «tregua». Che portò frotte di businest sman americani (anche ebrei) a Teheran: senza visto. Teoricamente Osama bin La¬ den per la sua conoscenza del¬ l'occidente dovrebbe sentire la politica più di Omar, un mullah con scarso uso di mondo. Solo in teoria, poiché l'orbo veggen¬ te ha imparato dagli sciiti l'arte antica della taqqya, la dissimu¬ lazione, e dai sunniti l'interpre¬ tazione diremo pragmatica del Corano, ma soprattutto della Sunna (la tradizione) e degli Hadith, cioè tutto quello che il Profeta ha «detto e fatto sulla Terra». Da ciò che sappiamo su Maometto (non è molto ma neanche poco) possiamo dire che egli sia stato un Profeta armato di spada ma anche di astuzia e, soprattutto, di buon senso, condito con straordina¬ ria fantasia, da felice cinismo (detto senza offesa, col massi¬ mo rispetto). Giù per li rami, Mohammed Omar, il Mullah misterioso perché raramente appare in pubblico e son pochi coloro che gli vivono accanto, potrebbe rivelarsi un Khomeini senz'altro più elastico del tene¬ broso imam. Il quale disse più volte che l'islam «o è politica o non è niente». Vediamo. Nato 42 anni fa in una miserabile capanna di pa¬ glia e sterco d'animale, prossi¬ ma a Singesar, nella provincia di Kandahar, si trasferisce in , questa località un po' meno miserabile. Cresce fra gli sten¬ ti, rimane presto orfano di padre, lavora a spezzaschiena per mantenere una famiglia numerosa. Esce dall'anonima¬ to il giorno in cui toma dalla guerra, con quattro ferite e cieco dell'occhio destro. Fonda una madrassa, una scuola cora¬ nica, dove anziché insegnare il Corano, e come potrebbe, se¬ mianalfabeta com'è, riunisce giovani animosi che mal sop¬ portano la prepotenza dei lati¬ fondisti. Un giorno gli giunge l'appello di una famiglia: un signorotto ha rapito due ragaz¬ zine, ne ha stuprato una. Omar balza su di un carro armato, souvenir di guerra, e con tredi¬ ci amici corre sul posto. Sono dell'etnia dei pashtun. Hanno schioppi e baionette. Assaltano la ricca casa dei rapitori, ne impiccano uno alla canna del carro armato (inaugurando una prassi atroce); l'altro viene ammazzato ed evirato. Torna¬ to al paese, la gente lo nomina Mullah. E questo Mullah un bel giorno, a somiglianza di Mao¬ metto il Profeta, ha una visio¬ ne. Dio gli ordina di combattere i musulmani che sgarrano, in primo luogo i latifondisti. Ed egli, aiutato dagli intrigati ser¬ vizi segreti pakistani, sollecita¬ ti dalla interessata signora Be- nazir Bhutto la bellissima presi¬ dentessa d'allora, fonda il movi¬ mento dei Talebani, gli studen¬ ti del Corano. E sarà l'uomo che deciderà, coi suoi combattenti, gli studenti del Corano, sarà colui che deciderà la sorte di Kabul dove entra trionfalmen¬ te nel corso della guerra fratri¬ cida seguita alla sconfitta dei sovietici. Omar chiede al presi¬ dente Najibullah di lavorare con lui per il bene del paese ma Najibullah, forte della protezio¬ ne dell'Onu, rifiuta. E Omar lo cattura insieme con suo fratel¬ lo, li castra entrambi, ne trasci¬ na i cadaveri in giro affinché tutti vedano e capiscano. Infi¬ ne l'impicca a un passo dalla sede delle NU. Poi ha un'altra visione, e come un sonnambulo riesuma nel museo antico la cappa di Maometto, l'indossa e così appare alla gente, ritto sul tetto del palazzo dell'ex re. La folla, estasiata, lo proclama «Principe dei credenti». L'incontro con Osama avvie¬ ne nel 1996 e lo Sceicco del Terrore gli si rivolge chiaman¬ dolo ruffianescamente Emiro (leader, principe) del Grande islam nel Mondo. Osama versa contanti alla causa, per creare un nuovo ordine globale nel segno di Maometto; costruisce strade e rifugi blindati. Omar lo ripaga assicurandogli protezio¬ ne «in nome di Allah il clemen¬ te, il misericordioso». Agli emissari che tentavano di convincerlo a mollare Osa¬ ma, Omar ha detto: «Noi stu¬ denti della Parola, combattia¬ mo contro gli infedeli, ma so¬ prattutto contro i musulmani che tralignano. Ha tralignato il fratello Osama? No. E dunque finché egli obbedirà al Libro, noi lo proteggeremo. Sia come sia se egli tradisse lo saprei subito». Detto da un uomo che vive pressoché nascosto, che soffre di agorafobia fino alla paranoia, che si sente e crede (come Khomeini) guidato da Allah, non è che sia un discorso blindato. Al contrario è un discorso aperto: a quella poUti¬ ca cui Khomeini assimila l'islam. L'ultimo messaggio delleader deposto ai suoi fedelissimi «Resistete in nome di Dio Non credete al nemico servo dell'infedele lo non sono fuggito sono dove devo essere come voi dovete rimanere dove è giusto che stiate Non perdete la testa i come pulcini che vanno a destra e a sinistra e finiscono in una fossa» Nella foto grande, una delle pochissime immagini del mullah Omar A centro pagina Osama bin Laden