A Kabul l'Alleanza nomina un nuovo governo di Giovanni Cerruti

A Kabul l'Alleanza nomina un nuovo governo A Kabul l'Alleanza nomina un nuovo governo Mossa a sorpresa per il Pakistan e per i mujaheddin monarchici del Sue Giovanni Cerruti inviato a ISLAM ABAD Il nuovo presidente l'hanno deciso ieri: è quello vecchio, Burhannud- din Rabbani, ora in viaggio dal¬ l'Iran a Kabul. Come l'abbiano deciso non si capisce, ma chi l'ha annunciato è il generale uzbeko Rashid Dostum. Sarà un govemo di tagiki, e al signore di Mazar-i- Sharif forse piace già poco. Cinque anni di taleban e la barba bianca di Rabbani, 61 anni, toma dove l'ave¬ vano messo nel '92, dopo la caccia¬ ta dell'Armata rossa. Sarà il gover¬ no dell'Alleanza del Nord: con la giacca marrone diAbdullahAbdul- lah ministro degli Esteri e il tur¬ bante bianco di Mohammad Fahim, già capo del servizio segre¬ to del comandante Massud, mini¬ stro della Difesa. Rabbani presi¬ dente non è una sorpresa, già lo era, e alle Nazioni Unite che mai hanno riconosciuto il regime del mullah Omar ancora rappresenta l'Afghanistan. La sorpresa è che abbiano annunciato anche il nuo¬ vo govemo. «Provvisorio», «di transizione», «in attesa di nuove elezioni». Però fino all'altra notte l'avevano escluso: «Aspettia¬ mo...». Dove è arrivata l'Alleanza del Nord da ieri vogliono comandare Rabbani e i suoi tagiki. Un'altra sberla per i pakistani, che affidano al vice portavoce del ministero degli Esteri la loro vana supplica, «intervenga al più presto la comu¬ nità intemazionale, l'Onu raggiun¬ ga Kabul, il rischio è la guerra civile, l'Alleanza del Nord abban¬ doni la capitale...». Altro che andar¬ sene, a Kabul hanno mandato pure i vigili urbani con le divise nuove e i guanti bianchi. Occupare Kabul e le città abbandonate dai turbanti neri. Trattare la resa dei coman¬ danti militari che tra il morire per Bin Laden e trovarsi un altro generale preferiscono Moham¬ mad Fahim. Il nuovo vecchio presi¬ dente l'aveva detto quando l'Alle¬ anza del Nord era a 50 chilometri dalla capitale: «Amnistia per chi si arrende». Con la stessa fretta del¬ l'arrivo a Kabul ora l'Alleanza si presenta come govemo che decide e progetta: «Come sollecita l'Onu - dice Younis Oanooni, il nuovo ministro dell'Interno - provvedere¬ mo alle elezioni entro due anni». Per il govemo del presidente Rabbani, ancora impegnato a capi¬ re dove siano finiti i taleban in fuga, ancora incapace di garantire la sicurezza su strade e piste e in città, la sorte del mullah Omar e di Osama bin Laden non sembra il problema più urgente. Lunedì il comandante Dostum l'aveva pre¬ sa larga: «Saranno gli afghani, se verranno catturati da noi, a decide¬ re il loro destino». Dichiarazione troppo generica, o almeno ambi¬ gua. C'è chi si è ricordato che su Osama i ministri dell'Alleanza del Nord nelle ultime settimane ave¬ vano dichiarato poco o niente, forse troppo occupati dalla corsa su Kabul. Così, in una delle sue innumerevoli interviste, la doman¬ da è toccata al ministro Abdullah. «Naturalmente sia il mullah Omar che Bin Laden hanno commesso crimini contro il popolo afghano e molti civili innocenti sono stati uccisi - ha risposto alla tv di Abu Dhabi -. Li consideriamo criminali di guerra e dovranno essere porta¬ ti in giudizio». Dove? Processati da chi? Portati in giudizio, ha detto. Estradati non si sa. Per l'Alleanza del Nord, dopo Kabul, non si sono avute nuove conquiste. I taleban in cinque giorni hanno perso l'BO per cento dell'Afghanistan, ma le sconfitte di ieri vengono da altri nemici. Dai monarchici di re Zahir, dai pa- sthun che stanno cambiando tur¬ bante. Martedì l'Afghanistan era diviso in due, l'Alleanza e i tale¬ ban. Ora almeno in quattro: ci sono anche i monarchici nell'Uruz- gan, alle porte di Kandahar, e i pasthun sulla linea di confine con il Pakistan. Problema non da poco. per l'Alleanza. E può essere che la fretta dell'annuncio, il nuovo go¬ vemo che si insedia, Rabbani che toma, nasca proprio da questo: dalle città che si liberano e si ritrovano con improvvisati capi tribù che gridano «siamo indipen¬ denti sia dai talebah che dall'Alle¬ anza», come a Jalalabad. Il nuovo govemo si è insediato senza tratta¬ tive, senza nulla concedere né ai pasthun della stessa etnia dei tale¬ ban né ai sostenitori di re Zahir. Rabbani l'aveva detto: «Se pren¬ diamo Kabul il potere toma a chi l'aveva prima. Poi vedremo». In arrivo nella notte, Rabbani potrebbe metter fine alle speranze di chi nell'ultimo mese aveva lavo¬ rato al «govemo rappresentativo di tutte le etnie». Compresi i «tale¬ ban moderati», come aveva chie¬ sto il presidente pakistano Mu- sharraf. Una possibilità che l'Alle¬ anza del Nord ha sempre guardato con sospetto, tanto da rinunciare all'invito di Pir Ghillani, il Saggio rappresentante di re Zahir che. aveva convocato l'assemblea «di tutte le forze di opposizione» a Peshawar. Non c'era l'Alleanza, e già si era capito che tra loro (tagiki e uzbeki) e i pasthun non ci sareb¬ bero state intese. Ora, se questi riescono a conquistare il loro terri¬ torio, da Jalalabad a Kandahar, l'Afghanistan si ritrova diviso in due. A Nord l'Alleanza, a Sud il «Pasthunistan». A Ouetta, la città pakistana più vicina a Kandahar, ieri si sono incontrati pasthun, taleban eJ'ambasciatore Zaeef tra¬ slocato da Islamabad. Lavori in corso tra i pasthun e i taleban meno indecenti, meno compromes¬ si. Ouelli che potrebbero trattare e rimanere. Da Quatta segnalano il ritomo a casa dei pakistani, i volontari del¬ la Guerra Santa del mullah Omar, e l'arrivo clandestino delle fami¬ glie dei capi militari taleban. Sa¬ rebbe un altro segnale di crollo imminente e definitivo, Omar e Bin Laden sempre più soli e allo sbando. E invece, tra scatoloni da caricare sulle jeep e sacchi di coperte e cuscini, nell'ambasciata taleban di Islamabad con il primo segretario Shaheen è rimasta una piccola speranza: «Il nuovo gover¬ no a Kabul non verrà mai accetta¬ to dal popolo afghano. Non accette¬ ranno mai le atrocità, il bagno di sangue e gli assassini comunisti imposti da potenze straniere». La Russia, dice, l'India, l'Iran che ha mandato la nota di felicitazioni, gli odiati Stati Uniti. Shaheen, l'ultima voce taleban rimasta al¬ l'estero, raccomanda di stare at¬ tenti: «Il nostro è solo un ripiego strategico e tattico per evitare di sacrificare la vita degli afghani. Ci stiamo raggruppando e abbiamo un nuovo piano. No, per noi non è finita. Per noi la guerra comincia adesso». Il neopresidente è quello di «prima», Rabbani. «Provvisorio, di transizione, per due anni», dicono i nuovi signori dell'Afghanistan Il pericolo che il Paese si divida fra le forze venute dal Nord e un «Pashtunistan» nella parte meridionale Tornano a casa i volontari pakistani Mujaheddin dell'Alleanza del Nord, il giorno dopo il loro ingresso a Kabul, a spasso in un mercato della capitale