Da Kabul a Kandahar di Mimmo Candito

Da Kabul a Kandahar ■MIMI UN MEDIO EVO DAVANTI Al TANK E Al BLINDATI DEI SOLDATI TAGIKl, UZBEKI E HAZARA Da Kabul a Kandahar a valanga dei rmiaheddin reportage Mimmo Candito inviato al KHYBER PASS UNA valanga, un fiume in piena, un terremoto. Come definire questa straordinaria av¬ ventura di guerra senza scivola¬ re nelle parole grosse dell'emo¬ zione, e dello sconcerto? Cade Mazar, cade Kabul, cade Herat, cade Jalalabad, cade (o è comun¬ que lì) Kandahar, e poi Tarin Kowt, Khost, Konduz, l'intero Uruzghan. E' un bollettino di guerra, un nitido elenco di vitto¬ rie, e però sembra - nello spazio di appena 24 ore, forse 48 - la cancellazione totale d'una sto¬ ria. Fino all'altro ieri questo era un mondo misterioso, impenetra¬ bile, le donne spente dentro i loro burka ciechi, gli uomini nascosti dietro barbe di mangiafuoco, tut¬ ti uguali, tutti stranieri al nostro pensiero laico, al nostro tempo della modernità tecnologica. Era il Medio Evo che tornava sulla terra. E ora eccolo qui, questo mondo che si apre come la pasta¬ frolla, davanti ai tank e ai blinda¬ ti dei soldati tagiki, uzbeki, haza- ra dell'Alleanza del Nord. Ieri è caduta Jalalabad, sulla strada che porta al Khyber Pass e ^confine con il Palpstenu;conqui¬ stata dall'ennesimo «signore del¬ la guerra», Younis Khalis. Poi i taleban hanno perso la provincia di Uruzhgan, lasciando aperta la strada di Kandahar, della «fortez¬ za» del mullah Omaripresa in una morsa da Nord e sda Ovest. Hamid Karzai, uomo di re Zahir, ha occupato Tarin Kowt. E poi è stato il turno della stessa Kandahar. Per molte ore le notizie sono state contrastan¬ ti, incerte. Ma la verità si è fatta luce: sono state le tribù locali, con o senza l'appoggio dei mujaheddin provenienti da fuori ma sicuramente con il sostegno degli abitanti a mettere in fuga i taleban. Dove va chi scappa? Kasrallah Barjalaj, il fratello del comandan¬ te Abdul Haq che su queste montagne è stato catturato, tor¬ turato, e impiccato dai taleban, ieri mattina si stringeva nelle spalle, anche lui incerto. «Dove vadano nessuno lo sa bene. Cre¬ do a Sud, verso Kandahar, o più ancora verso la montagna: non hanno altra scelta». Due o tre giorni fa i taleban comandavano il 95 per cento di questo Paese, erano i signori assoluti, i padroni dell'Afghani¬ stan; oggi sono schiacciati den¬ tro uno stretto lembo di geogra¬ fia, tra gole e vette e canyon degne dell'uomo-ragno. La mon¬ tagna è il loro ultimo rifugio, però anche il terreno dove po¬ trebbero prepararsi ad aspettare la caccia degli americani. «Mujaheddin», i russi ricorda¬ no molto bene quale sia il signifi¬ cato amaro di questa parola, quando non bastarono 125 mila uomini e dovettero traversare in mesta ritirata il vecchio Ponte dell'Amicizia, sul fiume Amu Darya. II tempo toma indietro? Chissà: per ora l'unica certezza è la rotta taleban. L'altra notte, nella città di Peshawar vuota e silenziosa, da¬ vanti alla sua prima copia del «Frontier Post», giornale che qui racconta le terre della frontiera e il codice feroce dei loro guerrieri, il direttore Haled Jalil guardava il reporter e gli sussurrava come chi comunica un segreto: ((Atten¬ to, la gente di questa terra - e i taleban sono gente di questa terra.- conosce bene un antico proverbio pashtun, che dice che la dignità della morte pesa assai meno dell'umiliazione», In un mondo che all'improvvi¬ so si apre, e si scopre, circolano voci d'ogni valore, la gran parte incontrollabili. Si combatte di nuovo a Mazar-i-Sharif. Gli «ara¬ bi» che difendevano Jalalabad sono scomparsi nel nulla. Ci sono sacche di resistenza a Kost. Deci¬ ne di taleban sono morti sulla strada che porta verso Sud. Sette¬ mila «arabi» sono asserragliati dentro Konduz. Tutto vale tutto. Quello che è certo è soltanto che un collasso ormai incontrol¬ labile ha ceduto il potere ai nuovi signori della guerra. Omar e Osa¬ ma bin Laden però sono ancora liberi da qualche parte (Omar Io danno qui, nell'«area tribale» del¬ le terre della frontiera) e, fin .che loro non scompaiono, cioè fin che loro non vengono uccisi o catturati, sarà difficile proclama¬ re la vittoria. E poi perché fatti i conti dei morti, dei disertori, di quelli che stanno scappando ora, e di quelli che già sono scappati dall'altra parte della frontiera, la resisten¬ za dei taleban e di AI Qaeda potrebbe contare tuttora su 20 o 30 mila uomini, la gran parte magari ancora motivati dal mes¬ saggio mistico della guerra san¬ ta, molti anche senza alcuna reale alternativa alla morte che non sia combattere (gli «arabi». per esempio, che in questi giorni vengono catturati dall'Alleanza finiscono ammazzati: sono i ne¬ mici di tutti). Una guerra si conclude sem¬ pre a brandelli, spezzoni di sto¬ ria trascinano via uomini e vite. E non sempre questa fine riesce a guadagnarsi la retorica delle grandi epopee. Talvolta è una semplice telefonata a raccontare la chiusura di un tempo. E quan¬ do ieri Nasrullah Barjalaj ha messo giù la cornetta, e ha ab¬ bracciato chi stava chiacchieran¬ do con lui, commosso, ha detto: «Jalalabad è caduta». Aveva oc¬ chi all'improvviso lucidi. Suo fra¬ tello Abdul Haq è stato impicca¬ to per un giorno come questo. La storia non racconterà mai come la vita (e la morte) di un uomo possano incrociarsi con la conquista d'una città. Ma era 1' 1,05 di ieri pomeriggio, la gran¬ de casa degli Haq - fin nel giardi¬ no - era piena di mujaheddin che mangiavano sui vecchi tappeti celebrando il lutto per la morte di Abdul, e a telefonare da Jalala¬ bad era stato il nuovo comandan¬ te della città, Younis Khalis. «Younis s'era appena seduto nel¬ la poltrona ch'è stata del gover¬ natore taleban. Jalabad ora è ima città libera». Tutti abbracciavano tutti, me¬ scolando in un intreccio di sudo¬ ri e virilità barbe, turbanti, cami- cioni, mani unte dal cibo, e gran¬ di scialli di pashmina. Abbando¬ nati sulla soglia, un centinaio di sandali e scarpe impolverate ce¬ lebrava il rispetto della tradizio¬ ne. «Non un solo taleban è rima¬ sto dentro la città». Una città conquistata non è soltanto la festa d'una famiglia, per quanto importante questa famiglia possa essere (e gii Haq sono molto importanti). Jalala¬ bad che passa di mano è anche una carta politica che viene cala¬ ta sul tavolo del nuovo Afghani¬ stan. Finora, a comandare c'era soltanto l'Alleanza del Nord, con i suoi soldati che dilagano dentro il Paese conquistando come nem¬ meno i turchi fecero altrove, nel tempo dell'Impero Ottomano, vil¬ laggi, paesi, intere città. Ora che i pashtun hanno preso Jalalabad, la geografia omoge¬ nea di quella «vittoria» viene disintegrata: e sul futuro gover¬ no - quello vero, non quello che ognuno dice oggi di aver pronto - non potranno più essere soltanto quelli dell'Alleanza a decidere, ma ora ci sono anche gli Haq che «lavorano» per re Zalur e per gli americani. E se si aggiunge la rivolta dei pashtun e dei taleban dissidenti che starebbero com¬ battendo dentro Kandahar, allo¬ ra appare evidente sulla mappa dell'Afghanistan che la creazio¬ ne di un «Pashtunistan» in tutto il Sud del Paese potrebbe rivelar¬ si magari una reale alternativa politica, di cui l'Alleanza (e i suoi sponsor) dovranno tener conto. Dopo la capitale è caduta la roccaforte del mullah Omar I suoi uomini in ritirata verso le montagne, Bin Laden forse con loro I signori assoluti di ieri sono oggi schiacciati in uno stretto lembo, fra gole infernali, vette e canyon alla ricerca del loro ultimo rifugio Herat è conquistata dalle truppe di Ismail Khan e della Jamiat-i-lslami Jl 12 novembre Qàtoh-yeNow cade l'IKnovsjmbre irah è clrcon data Bamian e Chagndìaran sono occupati dalle forzai Abdul Karim KhalitK il 10 novembre Il blitz di RashTd Dostùm L Il generale uZDt^oil 9 novembre conquista Mazai^rSharif, l'11 Taloqan e il 12JKunduz, dove i tjdati preparano Irattacco finale ai rhoanenti talebair Ul-mujaheddin guidati dal coìfiandarfte.Yunus Khalis" prendono il controllo \ di Jalalabab: gli uomini di' Khalis sono di etnia pashtun' Il comandante Ismail Khan., annuncia che tulle le province lungo la frontiera di rnijle chilometri con l'Ifan sono state liberate^ dalla presenza dei taleban fronte antl-taleban annuncia il 14 la presa di Kandahar e dell'aeroporto. La situazione tuttavia rimane incerta: la città è accerchiata e combattimenti iono in corso. A Kandahar sarebbero entrati anche uomini armati di tribù locali anti-taleban appoggiati dalla popolazione Tribù pashtun locali conquistano le province di Paktika e Paktia rrr- . m .. . .— , .— Truppe fedeli all'ex re Mohammad Zahir guidate da Hamid Karzai conquistano la città di Tarin Kowt il 14 novembre e avanzano in direzione Kandahar Legenda Territorio sotto il controllo delle forze uzbeke e tagike dei generali Dostum e Fahim Territorio sotto il controllo delle forze sciite filo¬ iraniane di Ismail Khan e di quelle hazare di Abdul Karim Khalili e del comandante Yunus Khalis ~] Territorio ancora sotto il controllo L—1 delle milizie taleban del mullah Omar Gli abitanti di Kabul riscoprono con interesse le figurine delle stelle del cinema indiano, che i taleban avevano proibito