A Kabul Il primo giorno senza taleban

A Kabul Il primo giorno senza taleban UNA FOLLA IN FESTA ACCOGLIE I MUJAHEDDIN DOPO CINQUE ANNI DI OPPRESSIONE E UN MESE DI BOMBE ^j ^^ A Kabul Il primo giorno senza taleban reportage Alfonso Rojo KABUL NESSUNO dei cadaveri ave¬ va le scarpe. I quattro mor¬ ti erano all'entrata di Kabul, con la faccia all'aria e, sui corpi, gli spaventosi segni della tortura. Il più giovane era un bambino, sul suo mento appe¬ na incominciavano a spuntare le ombre della peluria. Gli ave¬ vano sparato al basso ventre. Il più anziano aveva la testa rasa¬ ta e una barba da profeta che il sangue;ayeya-tintodirossip. I quattro talebah forse erano ri¬ masti addormentati quando fi loro compagni avevano inco¬ minciato la grande fuga verso Kandahar nella notte di lunedì e all'alba di martedì, quando il sole incominciava a levarsi sul¬ le montagne dell'Hurdu Kush: sono caduti nelle mani dei mili¬ ziani dell'Alleanza del Nord che avanzavano esultanti sulle pendici di Pul-I-Sufian. Non ci sono stati combatti¬ menti feroci. Neppure i volonta¬ ri di Bin Laden, pakistani, cece- ni, uzbeki e arabi istruiti nei campi del miliardario-terrori¬ sta, hanno offerto l'infiammata resistenza che molti prevedeva¬ no. D'improvviso, come si scio¬ glie una zolla di zucchero nel caffè, le linee difensive appron¬ tate dai taleban a Nord di Kabul si sono sfaldate. Appena è incominciata a correre la voce che i girifalchi uscivano dai ministeri, trascinavano i sacchi di banconote che i cambi¬ sti del mercato di Shahzada accumulano nei loro negozi e fuggivano in gran fretta in direzione di Kandahar, i fanati¬ ci dai turbanti neri e dagli occhi brillanti hanno disertato a stormi le trincee. Al chiarore del giorno, dal¬ l'alto dell'hotel Intercontinen- tal, un tempo fiammante e ora sgangherato, ancora si poteva vedere la fila di fuoristrada e di blindati che fuggiva verso Sud. L'entrata dell'opposizione nel¬ la capitale è stata tumultuosa. Gli abitanti del quartiere di Khair Khana, soprattutto ta¬ giki, riempivano entusiasti la strada che scende da Nord, rendendo quasi impossibile l'avanzata. All'inizio 1 soldati dell'Alleanza hanno montato un posto di controllo per blocca¬ re l'accesso alla città, ma la minaccia è durata poco. Ai giornalisti stranieri non basta¬ va sventolare i foglietti di carta scritti in «dar!» e senza franco¬ bollo con i quali si autorizza l'incontro con un famoso co¬ mandante mujaheddin perché gli scorbutici guerrieri ci apris¬ sero un varco brandendo il calcio dei fucih. I miliziani hanno impiegato qualche minu¬ to a decidersi perché erano sospese nell'aria le severe paro¬ le del presidente Bush che rac¬ comandavano all'Alleanza di non entrare a Kabul. Ma a poco a poco, la città è stata invasa. Prima in taxi, con i kalash¬ nikov quasi nascosti, poi schiac¬ ciati in autobus e su camion tappezzati con le fotografìe di Ahmed Sha Massud, il venerato comandante assassinato il 9 settembre da agenti di Bin Laden travestiti da giornalisti. Kabul penta oltre un milione di abitanti ed è stata per molti anni un campo di battaglia, ma le cicatrici di 39 giorni di bom¬ bardamenti degh aerei norda¬ mericani hanno un brutto aspetto chirurgico che le rende nitidamente diverse dalle pre- Cedenti devastazioni. La caser¬ ma di Kutal Khair Khana, che serviva da rifugio gli uomini di Bin Laden, sembra schiacciata da un mostruoso gigante. I tetti, le colonne di cemento e i piani sono compressi gli uni sugli altri e celano, sotto le macerie, centinaia di cadaveri. La palizzata estema e la porta metallica sono intatte. Quando siamo passati davanti alla ca¬ serma una moltitudine febbrile trascinava sulla terra corpi sen¬ za vita e li prendeva a calci gridando continuamente: «Pakistani, pakistani». Più sot¬ to, vicino alla sponda del fiu¬ me, la gente si affollava attor¬ no a un fuoristrada nel quale era prigioniero un ragazzo dal¬ la pelle scura, capelli ricci e occhi spauriti. Gli avevano lega¬ to le mani con un pezzo di tela. Ogni volta che quelli che l'ave¬ vano catturato si trovavano di fronte a una telecamera, ferma¬ vano il veicolo, aprivano la porta posteriore e obbligavano il giovane, a furia di colpi, a guardare l'obiettivo. Dicevano che era un volontario di Bin Laden ed era sufficiente guarda¬ re l'espressione da pazzo della sua faccia per comprendere che conosceva la sorte terribile che l'aspettava alla fine di quella «passeggiata». L'esodo taleban è stato verti¬ ginoso e questo spiega il moti¬ vo per cui le strade di Kabul non erano disseminate di mor¬ ti. Nel parco di Shar-I-Nau, non molto lontano dalla piazza nel¬ la quale i mujaheddui impicca¬ rono a una palina segnaletica il presidente comunista Najibul- lah, dopo averlo castrato quan¬ d'era ancora in vita, sono rima¬ sti per tutto il giorno i corpi di sette uomini con turbanti neri. Tutti avevano un foro d'arma da fuoco nella nuca e sporche banconote da 1000 afganis infi¬ late in bocca; nelle'orecchie, nelle narici. Vicino al Club Tedesco, che è stato chiuso, e dove in altre Stagioni alloggia-" vamo noi giornalisti, la gente guardava imbambolata i resti calcinati degh occupanti d'una jeep. Dicevano che erano arabi e che il veicolo era stato rag- jiunto da un razzo d'aereo. Ma a mattanza mostrava tutta l'aria d'essere stata compiuta da un lanciagranate che aveva sparato da distanza ravvicina¬ ta. Nonostante il pugno di esecu¬ zioni sommarie e l'aspetto da uccelli da rapina con cui alcuni miliziani in taxi pattugliano le strade, ribólle un ambiente di festa. I taleban conquistarono Kabul nel settembre del 1996 e, da allora, sono molti i tagiki, gli uzbeki e gli hazari che erano fuggiti a Nord o vivevano con l'anima in pena. lep si vedeva¬ no uomini abbracciarsi e persi¬ no scherzare. E anche ascoltare musica: non per piacere, ma come gesto di sfida. Dopo l'arri¬ vo delle truppe del mullah Omar, tutti i guidatori che venivano sorpresi a sentire una di quelle canzoni indiane che tanto piacciono ai taxisti di Kabul erano punito in mezzo alla strada con sette frustate e, di buona o cattiva voglia, co¬ stretto a mangiarsi il nastro. Appena scomparsi i taleban, i taxisti si sono affrettati con frenesia a toghere le assicelle di legno che chiudevano le loro radio e hanno preso a circolare con la musica a tutto volume. Altro segno di cambiamento, l'improvvisa scomparsa dei tur¬ banti neri. Abdul Rehman, uno degli impiegati di Bakhtar News, l'agenzia ufficiale dei taleban, ieri camminava spa¬ ventato come un coniglio, con quel vistoso pezzo di tela nasco¬ sto sotto il sedile e chiedeva a- tutti i coUeghi che gli venivano a tiro se c'era la possibilità che i nuovi padroni di Kabul gli facessero del male. Le case usate dai taleban sono vuote e la gente si affaccia curiosa e persino s'azzarda a entrare. Ci sono stati saccheggi in molti edifìci pubblici. La Strada 15 di Wazur Akbar Khan, conosciuta dalla gente come «la strada degli ospiti» perché lì vivevano arabi, ceceni e altri stranieri, è deserta. Così come la prigione centrale nella quale i chierici puritani tenevano incarcerati da tre mesi otto occidentali accusati di propagare la religio¬ ne cristiana. Nella loro precipi¬ tosa fuga i taleban hanno fatto una breve sosta alla prigione per prendere i due giovani australiani, i quattro tedeschi e i due nordamericani che avreb¬ bero dovuto condannare a mor¬ te come infedeli. «Ho visto che se li sono portati via .v ha spiegato Ajmal Mir, ùnico guar¬ diano del carcere che ha osato rimanere in zona -. Li hanno sistemati sul cassone di un camion e, verso mezzanotte, se ne sono andati». Nell'allegria di questi mo¬ menti, molti si sono tolti i copricapo in piena strada, un reato che i taleban condannava¬ no con una pubblica reprimen¬ da e con i taglio di alcune ciocche di capelli. Molti uomini si siano rasati la barba. Fino a ieri chi osava tagharsi anche solo un po' i baffi o regolarsi il pizzo, conosceva per un paio di settimane la sinistra prigione di Pul-I-Charky, a Sud della capitale. Invece non ci saranno balh in burqa. Il pesante velo che copre come una maledizio¬ ne tutte le donne afghane dai tredici anni in su, non è esclusi¬ vo patrimonio dei taleban. Non vedremo più spettacoli come quelli che abbiamo vissu¬ to nel recente passato, quando i funzionari del regime obbliga¬ vano le giornaliste straniere, velate come monache, ad ab¬ bandonare le sedie in prima fila e a seguire le conferenze-stam¬ pa in piedi, dal fondo della sala. E neppure succederà che si materializzi, nel ristorante di un hotel, un torvo emissario del ministro per la Morale e la Prevenzione del Vizio e ordini alla reporter con cui stai pran¬ zando ad andare in un angolo isolato e solitario. Tra pochi giorni alcune don¬ ne coraggiose che lavorano co¬ me maestre o infermiere e han¬ no sofferto un calvario di sei anni, ricompariranno in alcuni luoghi di lavoro, ma il burqa continuerà ad essere obbligato¬ rio. Ieri, accanto a Chicken Street, dove i mercanti vendo¬ no confezioni di Nescafé e tap¬ peti antichi, abbiamo visto uno di quegli autobus riservati alle sole donne. Con più entusiasmo che speranza abbiamo comin¬ ciato a gridare alle ragazze che mostrassero qualcosa, magari solo un avambraccio: tutto ciò che abbiamo ottenuto è che si nascondessero ancora di più dietro le spesse tende del veico¬ lo. Copyright «El Mundo» Appena è corsa la voce che i dignitari del regime uscivano dai ministeri trascinando sacchi di banconote e fuggivano in gran fretta verso Sud i fanatici e temuti combattenti di Allah hanno disertato in massa le trincee I taxisti si sono affrettati a togliere le assicelle di legno che coprivano le radio e hanno incominciato a circolare con musica a tutto volume Sono scomparsi all'improvviso anche i turbanti neri SÌnOfà ObbligatOH I militari dell'Alleanza del Nord entrano cantando, a passo di marcia, nella capitale afghana dopo il ritiro verso Sud dell'armata del taleban. Sotto, un soldato Integralista ucciso durante l'avanzata sulla strada per Kabul