Travolta: mi piace fare il buono di Lorenzo Soria

Travolta: mi piace fare il buono Travolta: mi piace fare il buono «Che difficili i panni del cyberterrorista» Lorenzo Soria LOS ANGELES Sono passati sette anni da quan¬ do John Travolta ha fatto il suo ritomo, da quando l'eroe de «La febbre del sabato sera» e di «Grease» scomparso per un quindicina di anni a fare film del tutto dimenticabih è torna¬ to sulla scena con «Pulp Fic¬ tion». Sette anni e una ventina di film in cui Travolta è stato un angelo, un assassino, un telecro¬ nista, un avvocato, anche un alieno in «Battlefield Earth», il film tratto dall'omonimo libro del fondatore della chiesa della scientologia, L. Ron Hubbard, che molti hanno trovato il più brutto dell'ultimo decennio. Poi c'è stato l'ottimo «Swordfish», dove Travolta fa invece il cybe- terrorista. Adesso è uscito «Domestic Disturbance», un thriller in cui recita la parte del padre di un teenager che scopre che la sua vita è a rischio. E se non tutti sono stati crudeli come il «New York Times», che ha scritto che è «pieno di energia e di charme ma è difficile pensare a un altro attore che ha buttato via così tanto talento in così tanti brutti film», le altre critiche non sono state molto favorevoh. Ma co¬ me arriva nella stanza dell'al¬ bergo a Beverly Hills, Travolta sembra l'immagine della sereni¬ tà, un uomo sicuro di se stesso e totalmente impermeabile alle critiche. Pensa di avere commesso degli errori nelle sue scelte professionali? «Abbiamo tutti dei difetti e il mio è che mi fido troppo della gente. E' vero, ho detto di no a film come "As good as ìt, gets" o "Good Will Hunting", ma erano ruoli che non sentivo e non so come avrei potuto essere più bravo di Jack Nicholson e di Robin Williams. Devo sentire che una parte è ben scritta e che fa per me e sono contento, con "Domestic Disturbance", di esse¬ re tornato a essere un buono. Mi sento più a mio agio, anche se il personaggio del mio film non è un santo. Ma è meglio così, il pubblico altrimenti non si identificherebbe». Una domanda ovvia di que¬ sti tempi: come è cambiata la sua vita dopo 1' 11 settem¬ bre? «Sto più attento quando apro la posta. Ne parlo con i bambini ma non tanto^ non c'è bisogno di creare un senso di allarme. E quando volo, lo faccio solo dopo che i cani-bomba hanno sniffa¬ to il mio 707. Abbiamo scoperto che un aereo può venire utilizza¬ to come arma, che c'è gente pronta a farlo, forse nemmeno per ragioni pohtiche. Dobbiamo stare in guardia e prendere misure estreme. Amo troppo pilotare e vogho sentirmi sicu¬ ro». E' anche andato più volte a «Ground Zero», a quello che resta delle rovine fu¬ manti del World Trade Cen¬ ter... «Uno scenario indescrivibile. Ho passato ore con pompieri, poliziotti, volontari. Tipi davve¬ ro straordinari, disposti a richia¬ re la loro vita per noi. E che con le loro azioni danno speranza a tutti». Quando era a New York si è incontrato con Bill Clin¬ ton, il presidente che ha raffigurato in forma non proprio edificante in «Pri- mary Colors». «E ho provato un grande imba¬ razzo: per i primi dodici minuti non ho potuto pensare ad altro. Ma poi ho dimenticato il film, abbiamo passato assieme due óre. E ne sono uscito molto ben impressionato, ha una visione molto profonda di quanto sta accadendo». Torniamo al cinema. Che ne è della sua idea di torna- re alle origini e fare un musical? «Mi piacerebbe tantissimo, ma è molto difficile metterlo in piedi. Tutti hanno paura, a Hollywood non c'è più nessuno che vuole farli, sembra un gene¬ re caduto in disuso come i western. Non capisco perchè, forse dovrei parlare con MTV». Ha rifiutato «Chicago», che adesso verrà interpretato da Richard Gero. Non teme di doversi pentire? «A me lo show non mi ha preso poi tanto e non sono mai riusci¬ to a vedermici. Auguro a Gere ogni bene». «I miei errori professionali sono dovuti al fatto che mi fido troppo della gente. Sogno un nuovo musical ma a nessuno interessa è un genere caduto in disuso come i western Ne parlerò con MTV»

Luoghi citati: Hollywood, Los Angeles, New York