ALESSANDRIA Il tramonto dei cristiani

ALESSANDRIA Il tramonto dei cristiani GRANDE COME ROMA, BARCELLONA E MARSIGLIA MESSE INSIEME ALESSANDRIA Il tramonto dei cristiani reportage inviato ad ALESSANDRIA QUANDO vi entrò nel 642, alla testa della cavalleria araba, dopo aver beffato i cristiani grazie al tradimento del patriarca Ciro (che già aveva venduto Babilonia), l'emiro Amr scrisse al califfo: «Ho preso possesso di una città di cui posso solo dire che conta 4 mila palazzi, 4 mila piscine, 400 teatri, mille¬ duecento verdurieri e 40 mila ebrei». Quando Forster, l'au¬ tore di «Camera con vista», vi arrivò nel 1915, trovò 40 mila greci, 25 mila italiani - farmacisti, notai, avvocati -, e poi armeni, norvegesi, fran¬ cesi, turchi, inglesi, ebrei; mercanti, disertori, prostitu¬ te, mistici. Molti ebrei erano italiani, italiano era il capo della comunità, il dottor Pra¬ to, che fu avversato dai filofa¬ scisti. Forster divenne amico di un poeta omosessuale, Con- stantinos Kavafis. Si sentì cittadino di Alessandria, al punto da scriverne una gui¬ da. Il deposito dell'editore bruciò, come tanti secoli pri¬ ma era bruciata la Biblioteca. Scamparono . . poche, copie. Una finì in mano a un altro scrittore i inglese^ Lawrence Durrell, che grazie alla guida di Forster scoprì una città «greca e africana», sfuggente come la Buenos Aires di Bor¬ ges e l'Atene di Savinio, «luo¬ go ideale per drammatici ad¬ dii, decisioni irrevocabili, pensieri ultimi; senza preav¬ visi ci si fa monaci o suore o libertini; altri vi muoiono o vi scompaiono». Quando, nel- \'82, la guida di Forster fu ristampata (in Italia sarebbe poi uscita da Sellerio), Dur¬ rell firmò la prefazione. Pian¬ se la morte della città di Apollonio Rodio, Teocrito, Ka¬ vafis. Ma aggiunse che «for¬ se, nel corso del tempo, un qualche evento potrà dare nuova forza alla sorgente se¬ greta, e ispirare una nuova generazione di poeti». Francamente: non è succes¬ so. La città dove i verdurieri parlavano cinque lingue oggi non ha insegne se non in arabo. I pescatori non entra¬ no in acqua con i gambali ma con galaibeye lunghe fino ai piedi. Gli europei se ne sono andati: milleduecento gli ita¬ liani rimasti, appena cento di più i greci, poche decine gli ebrei; sparito il cimitero ebraico, chiuse le sinagoghe e i monasteri, restituiti allo Stato egiziano l'ospedale e la scuola italiana; restano due case dì riposo, una per pensio¬ nati, l'altra per suore. Molte però le ragazze russe, cui è delegata ogni forma di intrat¬ tenimento: danze, compresa quella del ventre, sesso, e musica da camera nei (pochi) alberghi déco rimasti sul lun¬ gomare. Eppure come definire mor¬ ta la seconda città del Medi¬ terraneo (dopo Istanbul), cin¬ que milioni e mezzo di abitan¬ ti che diventano sei in estate t^tAltXftCt^S A -«*; cf,,r,r,r™r* olir " ---HP~ specchio ustorio della capita¬ le, più di Roma Barcellona Marsiglia messe insieme? Morta è la vecchia Alessan¬ dria cosmopolita e letteraria, com'è morta la città dei Tolo- mei, mutato il Faro meravi¬ glia del mondo antico in un castello mamelucco, sparita la tomba di Alessandro Ma¬ gno, perdute anche le tracce della Biblioteca, che ora per la volontà di Mubarak e la munificenza dell'Unesco rina¬ sce ma fuori dalla città vec¬ chia. La Biblioteca del Raiss, che ad Alessandria viene spes¬ so nella residenza cara a re Faruk, sarà inaugurata l'an¬ no prossimo. Avrà otto milio¬ ni di volumi, per superare l'antica. Ardesia, legno, me- tallo, cemento: il palazzo in riva al mare non ha nulla di mediterraneo; infatti è opera di tre architetti norvegesi. Le finestre sono tutte di sbieco per risparmiare ai libri la luce e il calore, pare di essere in un acquario o sotto una delle campane di vetro che custodiscono i manoscritti an¬ tichi dono dei governi occi¬ dentali: il Corpus iuris civili, la descrizione dell'Egitto com¬ missionata da un altro con¬ quistatore di Alessandria, Na¬ poleone. Il ministro Urbani ha donato il Libro dei Morti del museo egizio di Torino, consegnato nelle mani della first lady Suzanne Mubarak, madrina delle arti, protettri¬ ce della cultura, che però ha visto finire in carcere il suo maestro Saad-ed-Din, sociolo¬ go e teorico del dialogo con l'Occidente, condannato a set¬ te anni per aver diffamato la reputazione nazionale. Gli ir¬ landesi hanno donato invece un codice miniato del Vange¬ lo. Non è un buon momento per il dialogo, l'Occidente, il Vangelo e la più grande comu¬ nità cristiana d'Oriente, il 15 per cento di una popolazione di quasi 70 milioni. «La situa¬ zione è delicata - riconosce il console italiano, Lelio Crivel- laro - anche se non come nel Paese da cui arrivo». Da dove arriva, console? «Dal Paki¬ stan». Ad Alessandria nessun integralista entrerebbe nella chiesa dì San Marco con il kalashnikov, ma nel Medio Egitto sì, a Koshe hanno fatto strage di cristiani due volte in tre anni ed è finita con assoluzioni di massa o con¬ danne simboliche. Per gli ana¬ listi del Cairo la guerra civile confessionale è «un'esagera¬ zione americana», come dice Nabli Abdelfattah, responsa¬ bile del Rapporto sullo stato della religione pubblicato ogni anno da «Al Abram». Ma anche Abdelfattah riconosce che i cristiani sonò tra i bersagli dei seguaci di Bin Laden, di quella che definisce la quarta generazione di ter¬ roristi, dopo i protointegrali¬ sti del dopoguerra, i sicari di Sadat, gli assassini dei turisti negli Anni '90. Una guerra che si combatte non soltanto con il terrore. Formalmente un cristiano ha gli stessi diritti di un musulmano; in realtà, se si innamora di una musulmana e tiene alla vita, deve conver¬ tirsi. Di patimenti e soprusi racconta suor Marian, che dal '67 custodisce i luoghi santi di quello che i musulma¬ ni chiamano il Cairo Vecchio ed è in realtà un ghetto cristiano, cinto da mura, pro¬ tetto dall'esercito. Qui secon¬ do la tradizione trovò rifugio la Sacra Famiglia, qui Mosé fu salvato dalle acque, qui si trincerano le mille confessio- ni cristiane, copti ortodossi devoti al Papa Shanuda III e copti fedeli a Wojtyla, greci ortodossi e greci cattolici, protestanti, evangelici, arme¬ ni. Altri invece non si nascon¬ dono, rivendicano la loro alte¬ rità, stranieri in patria, porta¬ no una croce tatuata sul¬ l'avambraccio; come Michel Dimitri, il factotum dell'am¬ basciata italiana al Cairo. Una delle armi dei detrattori dei cristiani é la pornografia. Ad Alessandria girano video e riviste americane o italiane con attrici travestiti da suo¬ re, che i musulmani mostra¬ no come memento della corru¬ zione occidentale. Un quoti¬ diano ha pubblicato fotogra¬ fie di un monaco copto in compagnia di ragazze nude; ne é derivato uno scandalo, e un processo da cui sono usciti sconfitti tutti, il monaco scac¬ ciato, il giornalista in galera. E' che ad Alessandria si ricordano di quando coman¬ davano i cristiani: i monaci bizantini che sedici secoli fa perseguitarono i pagani e lapi¬ darono Ipazia, filosofa e mate¬ matica del Mouseion; i fran¬ cesi, e sul lungomare si alza la statua di Mohamed Koraim condottiero della cacciata di Napoleone; gli inglesi, e nella piazza principale guarda acci¬ gliato i passanti Mohamed Farid capo della rivolta con¬ tro il protettorato; i greci, e nulla ricorda Kavafis se non la stanza museo dove i visita¬ tori possono sedere sui suoi divani neobizantini, che Dur¬ rell trovava scomodissimi, e curiosare tra i suoi libri, non molti. E' che nell'Alessandria mercantile della prima metà del '900 gli egiziani non conta¬ vano, e Forster poteva per¬ mettersi di scrivere che il «periodo arabo non ha alcuna importanza», benché fosse du¬ rato più di mille anni da Amr a Napoleone. Poi venne la guerra, gli inglesi deportava¬ no gli italiani. Mussolini pre¬ parava l'ingresso in città co¬ me Cesare, Antonio e Ottavia¬ no. C'è un film per amatori del '79, «Iskandereia le?», Alessandria perché, in cui il rombo delle cannonate dì El Alamein annuncia la fine di un'era. Le nazionalizzazioni di Nasser fecero il resto; i cristiani partirono, arrivaro¬ no i contadini del Delta a lavorare nelle raffinerie che ora arrugginiscono al sole. Tra gli stranieri superstiti la maggior parte sono pensio¬ nati. Qualcuno si dedica ai resti dell'Alessandria che fu. Archeologi scavano in terra o in mare, talvolta l'acqua che sommerse l'antico porto («Il porto sepolto» di Ungaretti, il «porto dal buon ancoraggio al largo dell'Egitto» di Omero) restituisce un frammento del Faro, un'antichità egizia, tole¬ maica, romana. Monaci copti custodiscono le catacombe. Francescani di Terrasanta dalle barbe interminabili ve¬ gliano sulla tomba di Vittorio Emanuele III, una lapide sca¬ bra dietro l'altare di Santa Caterina, il nome e le date di nascita e di morte, 1869-1947, un'iscrizione - «al re soldato» - posta dal¬ l'Unione monarchica, e com¬ plicate dediche firmate sul libro d'onore da rari nostalgi¬ ci. Gli altri cristiani sono morti, o se ne sono andati. I figli di Alessandria prima la abbandonavano, poi comin¬ ciavano a scriverne. Ungaret¬ ti, che, come Marinetti, vi era nato, la mise in versi («cono¬ sco una città/ che ogni giorno s'empie di sole/ e tutto è rapito in quel momento») combattendo in trincea, e la rimpianse («avevo visto/ la mia città sparire/ lasciando/ un poco/ un abbraccio di lumi nell'aria torbida/ sospesi»). Tra il '57 e il '60 Durrell raccontò nel suo «Alexandria Quartet» una città di spie e diplomatici che già non esiste¬ va più. Fausta Cialente inse¬ guì suggestioni ancora più remote ne «Il cortile di Cleo¬ patra». Dovevano averla ama¬ ta molto, la loro Alessandria. Per Kavafis era diventata «tutta sentimento», come una donna perduta. Lui però non la lasciò mai, consapevole che sarebbe stato inutile, che «la città ti verrà dietro». E, presagendone la fine, così si rivolgeva a se stesso, fingen¬ do di parlare ad Antonio dopo la sconfitta di Azio: «Da uo¬ mo preparato per tempo, da forte/ salutala, la tua Alessan¬ dria che dilegua.../ da forte cui si addice/ l'esser degno di una città come questa.../ con¬ cediti quest'ultimo piacere. Ascolta il suono/ il dolcissimo concerto della mistica briga¬ ta /e saluta la tua Alessandria che tu perdi». Formalmente hannogli stessi dirittdei musulmani; inrealtà, se sposanouna donna islamica, devono convertirsIl quartiere di CairoVecchio, dove ci sonoi luoghi santi, èdiventato un ghettocinto da mura eprotetto dall'esercito E' morta la vecchia metropoli cosmopolita e letteraria di Forster, Durrell, Ungaretti, Kavafis e Marinetti, dove persino i verdurieri parlavano cinque lingue. Nel 1915 c'erano 40 mila greci e 24 mila italiani: ora ne restano poco più di un migliaio Rinasce la Biblioteca, voluta da Mubarak e più ricca di quella dell'antichità, ma è su progetto norvegese «^«^ Una mamma con I suoi bambini sulla spiaggia di Alessandria, di fronte alla fortezza che la domina. La vecchia metropoli è meta di vacanze per gli abitanti del Cairo ma ha perso il suo fulgore cosmopolita