L'America ripaga l'amico pakistano

L'America ripaga l'amico pakistano PERCHE' LA CASA BIANCA TEME L'AVANZATA DI TAGIKI E UZBEKI L'America ripaga l'amico pakistano Lo stop sollecitato da Washington all'Alleanza del Nord sulla strada della capitale è il prezzo politico pattuito con Musharraf per l'utilizzo delle basi indispensabili per scagliare l'attacco al regime dei mullah Giuliette Chiesa ECCO dov'era nascosto il ca¬ ne!» Suona così un vecchio proverbio russo per indicare la sorpresa che si prova nello sco¬ prire una verità inattesa. L'usci¬ ta del Segretario di Stato ameri¬ cano Powell chiarisce, niente affatto diplomaticamente, il mi¬ stero delTimmobilità forzata dei mujaheddin nella piana di Sho- mali. Colin Powel ha fatto sape¬ re al dottor Abdullah - ministro degli Esteri dell'Alleanza del Nord - che «non è opportuno» un ingresso a Kabul dei mujaheddin. Per ora? Per sempre? Non da soli ma in compagnia? E in compagnia di chi, eventualmen¬ te? E, infine, perché mai Washington non vuole che l'uni¬ ca forza afghana realmente sul terreno abbia spazio per avanza¬ re verso la capitale? Innanzitutto va detto che questi «sospetti» esistettero fin dall'inizio. Sarà un caso, una tragica coincidenza, ma Ahmad Shah Massud - leader indiscus¬ so dei mujaheddin - venne ucci¬ so in un attentato kamikaze praticamente 40 ore prima dell' attentato alle Twin Towers. Quasi che gli ideatori dell'azio¬ ne terroristica di New York e Washington considerassero la morte di Massud come parte integrante dello stesso progetto. Solo che, ora, stranamente, paradossalmente, Washington sembrerebbe proseguire nella stessa direzione: lasciare ai mar¬ gini l'Alleanza del Nord, impe¬ dirle di esercitare un peso milita¬ re significativo, per impedirle, successivamente, di rivendica¬ re, una volta crollato il regime dei taleban, un peso pohtico rilevante nel futuro govemo di Kabul. Questa parte del ragionamen¬ to non costituisce una sorpresa. Si sa che sia Tony Blair che lo stesso Powell hanno dato a Mu¬ sharraf garanzie che il Pakistan continuerà ad avere voce in capitolo nella gestione del futu¬ ro Afghanistan. E' stato questo il do ut des fondamentale per ottenere le basi militari pakista¬ ne come piattaforme di lancio dell'offensiva americana. Del re¬ sto Musharraf chiedeva e chie¬ de il minimo indispensabile per restare al potere. Dare all'Ameri¬ ca le basi, senza ottenere quelle garanzie, significava inimicarsi non solo l'opinione pubblica fon¬ damentalista islamica, ma an¬ che mettersi contro importanti settori dell'elite compradora (e venditrice) di droga afghana. Si può sparare sulla folla - e Mu¬ sharraf ha cominciato a farlo - ma è più difficile difendersi dai complotti dei servizi segreti mi¬ litari, dell'esercito, e di una parte cospicua della finanza pakistana e saudita. Dunque Washington ha deci¬ so di aiutare Musharraf facendo¬ gli qualche importante conces¬ sione. Aiutando così anche se stessa. Ma qui sorgono altri problemi. Musharraf è conside¬ rato dai mujaheddin il nemico principale. Essi sospettano, con discreto fondamento, che l'as¬ sassinio di Massud sia stato organizzato congiuntamente dall'Isi (Inter Service Intellin- gence) pakistano e dagli uomini di Osama bin Laden. Musharraf si è liberato subito di alcuni di questi generali, ma altri riman¬ gono ai loro posti, e contano molto, al punto da poter essere decisivi per la sua sopravviven¬ za, politica e fisica. In ogni caso una convivenza tra costoro (e le loro propaggini talebane) e i mujaheddin tagiki nel futuro governo di Kabul appare al mo¬ mento del tutto irrealizzabile. Questo spiega due cose con¬ nesse tra loro: la mancata avan¬ zata, da un mese a questa parte, dell'Alleanza del Nord nella pia¬ na di Shomali, che è la linea del fronte più prossima a Kabul, e - in apparente contraddizione con questo - il massiccio aiuto dato dall'aviazione americana alle forze di Dostum, nella con¬ quista dell'importante capoluo¬ go del Nord, Mazar-i-Sharif. Spiegazione che diventa ancora più netta ove si ricordi che nella piana di Shomali e nella valle del Panshir ci sono solo tagiki, mentre attorno a Mazar-i-Sha¬ rif ci sono solo uzbeki. Dunque una logica c'è in quel¬ lo che sta accadendo. Una logica infernale, che appare destinata a creare molti mal di testa a Washington nel prossimo futu¬ ro. E che si può riassumere così: a) tenere in piedi Musharraf, anche a costo di trovare una soluzione poco decorosa per il futuro di Kabul; b) ridurre il peso dei tagiki (già indeboliti dalla scomparsa di Massud) a vantaggio degli uzbeki. Fatto che indebolirebbe anche l'in¬ fluenza russa, che ha fatto per¬ no sul Tagikistan per aiutare i tagiki di Massud. E, nello stesso tempo consentirebbe agli Stati Uniti di puntare decisamente sull'Uzbekistan di Islam Kari- mov, staccandolo definitiva¬ mente dall'orbita di Mosca. I punti forti della tattica di Washington sono questi. Quelli deboli sono altri e non meno importanti. Dostum è un merce¬ nario fellone che ha tradito tutti, a più riprese. Lo si può comprare, ma lui si può anche vendere. Soprattutto è molto lontano da Kabul. Con lui la conquista della capitale si può fare solo nella prossima prima¬ vera e mettendo in conto molti cadaveri occidentali. Ma, in ogni caso, non si può realistica¬ mente pensare a un govemo con uzbeki, pushtun e hazarà, senza tagiki. Senza tagiki ogni conquista di Kabul sarà provvi¬ soria e illusoria e aprirà la via a nuove guerriglie, oltre a minare il dialogo con Mosca, che non accetterà facilmente di uscire da questa crisi, come si dice a Napoli, «cornuta e mazziata». Inglesi al fianco dei combattenti anti-taleban Il generale Ismail Khan marcia su Herat Il ministro degli Esteri dell'Alleanza del Nord Abdullah Abdullah «Sia chiaro che non prendiamo ordini da Islamabad» Disperso un collega della reporter parigina Soldati dell'Alleanza del Nord nel villaggio di Guibakhar, a 40 km da Kabul