«Kabul è una città totalmente devastata senza luce né acqua»

«Kabul è una città totalmente devastata senza luce né acqua» DOPO UN MESE DI BOMBARDAMENTI ÀMERIC «Kabul è una città totalmente devastata senza luce né acqua» Il dottor Gino Strada è tornato all'ospedale dì Emergency: un lungo viaggio avventuroso fra le gole dell'Afghanistan: «Pòca gente in strada, coprifuoco rigidissimo, morale a terra». «Non è facile passare, con 1B-52 sulla testa» intervista DOVE sei, Gino? «Sono a Kabul. Nella casa vicino all'ospedale. Quanto a sicurezza non fa differenza. Sia¬ mo al buio assoluto, abbiamo acceso il camino. Coprifuoco rigidissimo. In questo momen¬ to non bombardano, c'è silen¬ zio». Ho chiamato sul satellitare, dopo essere stato informato da Ketty che Gino era a Kabul, per riaprire l'ospedale dì Emergen¬ cy, e poteva parlare. Dalla valle del Pansbir, dov'eravamo fino a quìndici giorni fa, avevo assisti¬ to alle estenuanti trattative, vìa satellitare, tra il dottor Strada e i dirigenti taleban. Quando sei arrivato, per quale via? «La strada è quella che facem¬ mo assieme in febbraio, dalla valle del Pansbir verso Sarobi, ma giunti alla terra dì nessuno ci hanno fatto svoltare a Sud, dietro la base dì Bagram. Abbia¬ mo costeggiato la linea del fron¬ te per diversi chilometri prima di attraversare il fiume e passa¬ re dalla parte dove stavano i taleban. Qui è stata la fase più difficile del viaggio perché all'ul¬ timo check-point sparavano da tutte e due le parti e, sopra, gli aerei americani bombardavano senza sosta. Anche i 6-52, che sganciavano grappoli di bombe a poche centinaia di metri dal jjpsjp^^ya^ai^yflijtiifl.jipì. Un inferno che è' durato tre ore. Passare, mentre tiravano, non è stato facile, anche se da ambo le parti sapevano del nostro arri- vO e della nostra presen¬ za. Alla fine ci hanno dato il via e abbiamo fatto la traversata. Da quel punto la strada è addirittura asfaltata e sono soltanto alcune de¬ cine di chilometri per raggiungere Kabul. La strada, oltre Bagram, era deserta. Come sai, tu l'hai fatta, è completa¬ mente allo scoperto, in mezzo alla pianura. Lun¬ go quel tratto non hanno bombardato, ma dovun¬ que c'erano crateri enor-- mi dì bombe di grosso tonnellaggio. Case di¬ strutte dappertutto. In una casa ho visto tre cadaveri recenti». E come hai trovato Kabul? «E' una città talmente devastata che è ormai difficile cogliere i segni delle diverse distruzioni stratificate. C'è pochissi¬ ma gente nelle strade, paura, il morale a terra. Sono tutti stremati. Non c'è più luce, né acqua. Sì delìnea una catastrofe umanitaria senza precedenti. Qui, intendo dire. Non occorre andare a cercare i 'profughi vicino ai confini. Do¬ mani vedremo qual è la situazio¬ ne sanitaria, ma ci hanno già detto che a Kabul non c'è più un solo ospedale funzionante e non ci sono medicine». Come Si è sbloccata la situa¬ zione? Politicamente, .in¬ tendo dire. «Mi'ha telefonato, giovedì scor¬ so, il vice-ministro della Sanità, Abdul Rahman Zabeed, per co¬ municarmi che il mullah Omar in persona lo aveva chiamato da Kandahar per dirgli di trasmet¬ termi ufficialmente il suo invito a venire a Kabul a riaprire l'ospe¬ dale. Mi ha riferito anche che c'era la stessa richiesta da parte del primo ministro, mullah Has- san. E ha precisato che il mini¬ stro della Sanità, mullah Abbas, non aveva più obiezioni». Hai ottenuto tutte le garan¬ zie che chiedevi? In partico¬ lare quelle sulla sicurezza? «Pe^JIg.^verità non^tutte. Per esempio attorno all'ospedale ah-" core non c'è la guardia annata. Domani vedremo. Ma, come sai, la nostra posizione è sem- {)re stata chiarissima. In primo uogo noi abbiamo sempre man¬ tenuto ì contatti con Kabul, anche se l'ospedale lo avevamo chiuso dopo l'assalto della mili¬ zia religiosa. Abbiamo qui uno staff dì oltre 60 persone, afgha¬ ni. Inoltre abbiamo continuato a seguire e coadiuvare lo scam¬ bio dì prigionieri tra Alleanza del Nord e taleban. Avevo detto loro che noi eravamo pronti a riaprire l'ospedale se fossero cadute le loro pregiudiziali. So¬ no cadute, e io sOÉervéhiito a curare la gente». Come hanno reagito i capi mujahéddin alla tua decisione? «Sapevano e approvavano. Do¬ po avere concordato le modali¬ tà di passaggio con il ministro della Difesa dei taleban, ho informato subito il ministro degl'Interni dell'Alleanza, il mìo amico Quanouni, il quale ha informato a sua volta i comandi militari americani. Abbiamo fornito tutti i dettagli necessari, perfino il colore delle macchi¬ ne, la bandiera di Emergency che sventola dietro, gli orari di passaggio. E siamo partiti. Con me ci sono Kate Rowlands, Marco Garetti, Fabrizio Lazza¬ retti e Alberto Vendemmiati, oltre a Coco Jalil». Quali sono le vostre neces¬ sità più urgenti? «Abbiamo riserve di medicinali portate qui in precedenza. Cer¬ to tutto dipende dalla gravità della situazione che verifichere¬ mo qui. Sarebbero potute basta¬ re in condizioni di routine, ma credo che sull'ospedale si river¬ seranno richieste dì ogni gene¬ re. Non c'è nient'altro che que¬ sta struttura per fare fronte alle esigenze sanitarie dì almeno SOO mila persone. Puoi immagi¬ nare. Siamo riusciti a fare arri¬ vare un nostro cargo aereo, un Antonov, con tredici tonnellate di medicinali tra i più indispen¬ sabili. E' arrivato ieri a Du- shanbé (la capitale del Tagiki¬ stan, ndr). Il problema, adesso, è di farlo proseguire, parte via elicottero, parte via terra, stra¬ de permettendo». La linea satellitare diventa ora incerta e gracchiante. Chie¬ do a Gino Strada se ha già avuto contatti diretti con i leader taleban. Capisco che ci sono cose che non si possono dire e non insisto. Mi dice soltanto che il vice ministro della Sanità, Zaheed, è subito andato all'ospe¬ dale, il giorno stesso dell'arrivo a Kabul, per ringraziarlo. o o Mujahéddin occupano una postazione a Nord di Kabul: in cielo le scie di vapore dei bombardieri americani. A sinistra il dottor Gino Strada