IN TV lo spettacolo della politica di Massimo Gramellini

IN TV lo spettacolo della politica UN EVENTO COSTRUITO SUL MODELLO MEDI ATICO IN TV lo spettacolo della politica Massimo Gramellini «Okay la guerra è giusta», lo spettacolo Mediaset prestato ieri pomeriggio a Raiuno, La 7 e Stream, conferma che quella cosa che per abitudine conti¬ nuiamo a chiamare politica si è trasformata in un format televi¬ sivo nemmeno dei migliori. La Piazza ha ceduto la Unea allo Studio, diventando un set a cielo aperto. I cittadini sono scaduti a «pubblico», ima mas¬ sa che non diventa mai entità autonoma, ma resta un insieme di individui smaniosi di inqua¬ drature e comparsate al micro¬ fono. Il rito si svolge secondo lo schema delle maratone televisi¬ ve di solidarietà, col famoso cantante lirico, il grande atto¬ re, la soubrette riciclata, l'eroe della gente comune, il parente dell'eroe, le Autorità e Una sequela di frasi fatte da pronun¬ ciare con faccia compunta. La passione morale, anche quando c'è, viene annichilita da una modestia culturale che sgomen¬ ta. Sia detto senza offesa, ma c'era più profondità umana in un monologo del vecchio Wal¬ ter Chiari che in tutto il festival di chiacchiere e immagini in¬ gurgitate ieri. Nonostante i tempi dello spettacolo fossero stati concepi¬ ti per la «gente a casa», la copertura televisiva del'Usa, Day ha fotografato l'assurdo medìatico in cui viviamo. Nel senso che un evento con fondali azzurro Mediaset è andato in onda su. ogni canale tranne che su Mediaset. E che Codadipa- glia Rai, per non essère accusa¬ ta, dalj'Ulivo di servilismo go¬ vernativo, ha massacrato la sca¬ letta dello show sovrapponen¬ dogli il triste salottino biparti- san di Michele Cucuzza, il cui pezzo forte era un dibattito fra il forzista Schifarli e il margheri- toikrtodoa, vivace come vi)^partii à tènnis fra palleggiato-'" da fondo. La 7, in teoria n l'uniiEpiftllltepna alternativi - allestito un programma idenir co. Per cui se uno voleva sapere cosa diavolo stava succedendo a piazza del Popolo doveva andare su Stre¬ am, cioè pagare. Non è la stessa cosa che sta capi¬ tando al calcio, ai film e a tutta la tv di qualità? I collegamenti con la marcia «no global» han- no mostrato scene stereotipate da bravo corteo di una volta, ^^JM^M4^8lo8M Sy'CÌ0^^- piostcf giusto e rimjpancsfailè bandiera palestinese ohe il tfi- nato per quella aighana, cne peraltro nessuno sa quale sia, visto che negli ultimi dieci anni le hanno cambiate come i pan- nolini. L'onesto Cucuzza era molto compreso nella parte del conduttore equilibrista e sem¬ brava persino a disagio per la petulanza delle sue «cocuzzet- tes» tinte di rosso, che da piazza del Popolo non facevano che ripetere «sì Michele» e «vedi Michele» con un'ansia da inviate al;fronte che stanno per intervistlreÉin Laden. Al mas¬ simo mvecegl^capitava^a tiro consiglio dei ministri^Bd-jèiOT-. "TiaSSaifiB*13 a unc ' In mezzo alla cravatta. Una «cocuzzette» gli ha chiesto un commento sull' «importanza di questa serata» e lui, rigido come Fracchia davanti al capuf¬ ficio: «Dunque... l'importanza di questa serata è...». Hia infine trovato le parole e ci ha riempi¬ to di orgoglio che un rappresen¬ tante della Patria in armi si esprimesse con concetti cosi elevati e soprattutto limpidi: «E' saltata la famiglia a livèllo individuale diciamo, cioè la mediazione diciamo fra lo Sta¬ to e l'inconscio della società». Anche qui niente di nuovo. Bossi strologante e Curzi in studio a recitare la parte del ^jg.,comunista cl^mel '44 ero ih piazza del Popolo a cantare l'inno americano, men¬ tre tanti di quelli che ci vanno adesso stavano dall'altra par¬ te». Perché con l'il settembre sarà anche cambiato tutto, ma altrove: qui siamo ancora e sempre alla Resistenza. Basta¬ va girare su La7 e c'era Lqr Russa, in diretta dall'inconscio della società, che chiamava «amici di Bin Laden» i pacifisti e allora Pecoraro Scanio gli dava, indovinate un po'?, del fascista. Poi è arrivato Berlusconi, interrompendo su Raiuno il saluto di -Alberto Sordi: una staffetta fra «ammericani» a Roma. Televisivamente, il co¬ mizio presidenziale è stato bar¬ boso come tutti quelli che Ber¬ lusconi legge da fermo, senza potersi muovere per il palco come imo chansonnier. In più il Cavaliere era in groppa a un testo zuccheroso, scelto da qualche stalliere che gli vuol male, specie in quel passaggio interminabile sulle vittime del¬ le Due Torri che «dopo aver portato i figli a scuola stavano andando incontro a un'altra operosa giornata di lavoro», neanche Manhattan fosse il Mulino Bianco. Aveva, Berlu¬ sconi, dei problemi con le luci e lo si intuiva dalle contrazioni del volto e,da certi bisticci di parole. Memorabile il finale femminista sull'Onnipotente: «Dia benedica gli Stati Uniti d'America». Chissà come glielo tradurranno, alla Cnn. Quasi uguali i programmi preparati da RaiUno e La 7: la diretta «vera» soltanto a pagamentosu Stream Stereotipati i collegamenti con il contro-corteo Le petulanti croniste di Michele Cucuzza come inviate dal fronte per intervistare Bossi Poi arriva Berlusconi che forse ha avuto un problema con le luci iftVS-riWJMÌ;"-,': ';^^!^i^R^^ La fanfara del barsaglierl, ha suonato Il «Silenzio fuori ordinanza». A sinistra il regista Pupi Avati

Luoghi citati: Manhattan, Roma, Stati Uniti D'america