Una cordiale antipatia tra i due conquistatori

Una cordiale antipatia tra i due conquistatori LE FIGURE «STOICHE» DELL'OPPOSIZIONE DIETRO L'OFFENSIVA IN AFGHANISTAN Una cordiale antipatia tra i due conquistatori L'uzbeko Dostum e il tagiko Atta sono agli antipodi: il primo ha cambiato ripetutamente bandiera ed è stato al servizio del regime fantoccio dei sovietici, il secondo è un militare tutto d'un pezzo personaggi Mimmo Candito inviato a PESHAWAR IL generale Abdul Rashid Dostum non è uno di quelli di cui si possa dire che sono uno stinco di santo. Un tempo, quando si veniva qui a Pe- shawar a camuffarsi (più o meno credibilmente) con i panni dei pashtun, il camicione, le braghe larghe, il turbante, e poi si passava clandestini la frontiera per entrare nell'Afghanistan in guerra con l'Ar¬ mata Rossa, la visita ai vari uffici dei mujaheddin era per i reporter un pellegrinaggio obbligato. Questi «uf¬ fici» erano case basse e bianche, con vecchi portoni di legno e un piccolo cortile affollato sempre di uomini silenziosi, che la barba nera la porta¬ vano come una divisa; c'erano tutti: l'ufficio di Hekmatyar, quello di Rabbani, di Shah Massud, Haqqani, Mohammed Atta - j|li stessi nomi che fanno la guerra di oggi in Afgha¬ nistan, con i taleban o contro di loro. Tutti, tranne uno: quello del gen. Dostum, ora il leader più popolare nell'Alleanza del Nord e comandan¬ te dell'attacco lanciato con gli ameri¬ cani a Mazar-i-Sharif. Il suo nome non c'era, e non poteva esserci, perché Dostum, in quella guerra di vent'anni fa, stava dall'altra parte, con i sovietici. Uz- beko, aveva una storia qualunque di sergente di polizia, fino a quando - sfiuttando il suo lavoro d'informato¬ re e di controllore pohtico - riuscì a farsi proclamare comandante di un'unità miliziana, la 374, che spa¬ droneggiava dalle parti di Mazar. Robusto, atticciato, un gran paio di mustacchi neri e spesso la barba mal rasata, era un uomo d'azione; poteva passare per uno dei personag¬ gi inquieti di qualche racconto di Conrad, dove le storie del passato non sono mai certezze consolidate. Badava sempre al sodo, gli affari, il contrabbando, i traffici di organizza¬ re. E d era tanto abile che il presiden¬ te Najbullah - che aveva bisogno di alleati forti - lo chiamò a dirigere la polizia segreta delgovemo controlla¬ to dai sovietici, dopo averlo fatto nominare membro del Comitato cen¬ trale del Watan, il partito nato sulle macerie del Fpda comunista. A quel tempo uno dei suoi più aspri avversari era il gen. Moham¬ med Ustad Atta, anche lui un «signo¬ re della guerra» con radici solide a Mazar, ma tagiko e soprattutto mujahid. Dostum però ha un buon naso, sa sentire da lontano il vento che cambia; quando per Najbullah si cominciò a metter male, lui passò dall'altra parte della barricata e diventò compagno d'avventura de¬ gli stessi uomini che aveva appena combattuto, a cominciare dal gen. Atta, che nemmeno gli voleva parla¬ re. Atta è un militare tutto d'un pezzo, quel «generale» che faceva la ballerina da una parte e dall'altra della barricata gli dava un fastidio di pelle, insopportabile. Dostum però è uomo di mondo, e quando l'Annata Rossa riprese me¬ sta la strada del Nord fu uno di quelli che spartirono bottino e vitto¬ ria, come se anche lui avesse avuto l'ufficio qui a Peshawar: impose la legge spietata del saccheggio, i suoi uomini presero, conquistarono, vio¬ lentarono, in una gara di concorren¬ ze che vide le vecchie formazioni dei miyaheddin combattersi l'una con¬ tro l'altra. L'unità mantenuta nella guerra contro i sovietici si era spap¬ polata, il nuovo presidente Rabbani non volle dare al «generale» Dostum l'incarico che lui s'aspettava, di ministro della Difesa, e Dostum con tutti i suoi uomini passò allora dalla parte di Hekmatyar. Kabul ridotta oggi in rovine, con interi quartieri massacrati dalla di¬ struzione, è il lavoro dei cannoni di Dostum, che in quattro anni di guerra civile lottò contro Rabbani e Shah Massud per il controllo della città. Fino a quando, nel '96, arriva¬ rono i taleban e lui se ne tornò verso Nord, dalle parti dov'era nato. Lesto¬ fante di talento, gran manovratore, praticone del potere, fece della pro¬ vincia di Mazar-i-Sharif un suo feu¬ do personale, perfino con una linea aerea privata. Si sentì un nuovo Tamerlano. Mentre Atta se ne stava da parte, Dostum arricchì la città pagandola con i traffici che aveva con la frontiera uzbeka. Mazar-i-Sharif lui la perse nel '97, per il tradimento di un suo uomo che da lui aveva imparato certe pratiche di successo e la ven¬ dette ai taleban. Dostum sembrò sparire tra la Turchia e l'Iran, ac¬ compagnato dai quattrini che intan¬ to aveva saputo accantonare con affari di cui la legittimità è l'ultima cosa che lo preoccupasse. Ma quan¬ do gli americani hanno lanciato la loro guerra in Afdianistan, lui è tornato subito a omisi al miglior offerente, in una concorrenza diret¬ ta con Atta che intanto voleva punta¬ re diritto su Mazar. Atta ci puntò anche due settimane fa, e l'aveva quasi presa, solo che all'ultimo gli mancò l'appoggio proprio delle mili¬ zie di Dostum. Certe inimicizie sono come il primo amore. Ma ora Mazar pare che l'abbia presa un terzo generale, Mohamed Mohaqeq, che è Hazara e vuole vendicare tutti i suoi compaesani massacrati dai taleban nel '97. Dostum che rientra à Mazar si sente di nuovo il Tamerlano, ma la guerra dell'Afghanistan è storia ancora lunga. Le macerie della capitale sono opera di Dostum che nei 4 anni di guerra civile che precedettero l'arrivo degli «studenti» lottò contro il presidente Rabbani Il generale Abdul Rashid Dostum che ha rivendicato la conquista della città chiave di Mazar-i-Sharif

Luoghi citati: Afghanistan, Iran, Kabul, Turchia