Le ultime cariche verso la bella morte

Le ultime cariche verso la bella morte L-ARMA PER ECCELLENZA PRIMA DELL'ERA DELLE BATTAGLIE MECCANIZZATE Le ultime cariche verso la bella morte La guerra moderna ha umiliato i cavalieri, li ha resi antiquati, un po' patetigi ma non ne ha annullato il coraggio. Da Baladava ai lancieri ^polacchi nel '39, agli ascari di Cheren, il lento tramonto di un'epopea la storia Domenico Quirìco . Lf. UNDICI settembre 1943 uno i strano corteo attraversa una Torino silenziosa e deserta, intiriz¬ zita dalle terribili notizie della resa e della vendetta tedesca. Una fila di cavalleggeri del reggimento «Niz¬ za» sfila al passo: all'inizio e alla fine della colonna due camionette disoldatìtedeschifiidliemitraglia-. trici puntate verso gli uomini in sella. I soldati italiani sono in pieno assetto di marcia, ma una cosa colpisce i pochi curiosi che dalle finestre o dai portoni osservano la scena: tutti sono senza armi. E' uno dei tanti, tenribili episodi della tra¬ gedia italiana, dell'«operazione ca¬ stigo». I tedeschi sono arrivati in forze alla caserma di corso Stupini- gi, hanno rastrellato gli ufficiali avviati, in camion, verso la Germa¬ nia. Alla truppa è stato ordinato di raggiungere la stazione a cavallo dove li aspettano le tradotte della prigionia. Improvvisamente un ca¬ vallo scarta, si getta fuori dalla colonna: i tedeschi cominciano a sparare. E' l'ultima carica di caval¬ leria della seconda guerra mondia¬ le, ricostruita pazientemente per La Stampa da Oreste Del Buono, con la collaborazione di centinaia di documenti avuti dai lettori. Gli uomini del Nizza, in un diluvio di schioppettate, di animah che crolla¬ no sull asfalto, si lanciano al galop¬ po e travolgono i loro guardiani disperdendosi nelle strade vicine. Molti trovano rifugio nei palazzi dove .porte amiche si spalancano per nasconderli, qualcuno resta sul¬ la strada insieme ai cavalli abbattu¬ ti dalla mitragha, in agonia. Subito una folla affamata si raccoglie attor¬ no ai cavalh caduti e comincia a macellarli portandosi via la prezio¬ sissima carnè. A Balaclava, durante là guerra di Crimea, un ufficiale francese osser¬ vò da una collina la tragedia della «valle della morte»: la cavalleria leggera inglese, in pochi minuti, sparì ingoiata dalle bombe dei can¬ noni russi contro cui l'aveva lancia¬ ta la stupidità dei suoi generah. Le cronache raccontano che, inorridi¬ to e estasiato da tanto folle corag¬ gio, esclamò: «E' magnifico, ma non e la guerra». Anche il generale tedesco Gude- rian, il primo settembre 1939, sulla autoblinda che usava come coman¬ do mobile del suo «Panzer Korp», fu testimone di uno spettacolo terribi¬ le e magnifico. Una densa nebbia copriva il terreno, saliva a folate dalle anse della Vistola. I suoi carri, sferragliando, avevano appena pas¬ sato il confine polacco. Era la «Bli¬ tzkrieg», la guerra meccanizzata, un lampo brutale che triturava il nemico: i generah di Hitler speri¬ mentavano quel nuovo modo di combattere sulla pelle dei polacchi. Improvvisamente la nebbia si aprì. L'orizzonte senza fine della pianu¬ ra si muoveva: migliaia di cavalh venivano avanti, scnierati in inter- minabili linee scure. Erano i lancie¬ ri di Polonia, i soldati di Bornowski, l'orgoglio di un esercito che era certo di poter arrivare al galoppo a Berlino. Erano gli eredi dei cavahe- ri che avevano fermato i turchi davanti a Vienna; che avevano ga¬ loppato, indisciplinati e indomabili, nella guardia di Napoleone; i solda¬ ti che avevano ricacciato l'armata a cavallo di Lenin fino a Mosca. Era la più bella truppa d'Euro¬ pa; con i purosangue che mordeva¬ no le redini pronti a lanciarsi al galoppo, le aste delle lance ornati con le fiamme dei reggimenti in cui scorreva il sangue nella Polonia, martirizzata e irriducibile. La gran¬ de massa sembrò attraversata da una scossa, in un fragore di tuono i cavalh passarono al galoppo e pun¬ tarono verso i tedeschi increduli. Con calma nei carri gli ufficiah diedero gli ordini ai puntatori; le torrette ruotarono cercando i bersa¬ gli, i cannoni da cinquanta millime¬ tri iniziarono il loro lugubre lavoro. La linea dei cavalieri avvolta dal fumo scomparve, sembrò inghiotti¬ ta dalle esplosioni. Quando la neb¬ bia diradò, la linea dell'orizzonte era di nuova sgombra, mucchi di uomini e di animah sfracellati mac¬ chiavano l'erba. Gùderian diede un ordine, i cani sbuffando si rimisero in moto. La Polonia non esisteva più. La guerra moderna ha umiliato i cavalieririi ha resi antiquati, un po' patetici: ma non ne ha annullato il coraggio, l'ardore. Il conflitto mon¬ diale, segnato dai tank e dai bom¬ bardieri, è quello in cui hanno servito più cavalli: trascinando can¬ noni nella neve e nel fango russi, ansimando nella polvere dei Balca¬ ni e delle pianure di Francia, spac¬ candosi gli zoccoli sulle aspre mon¬ tagne di Grecia. E sulle ambe del¬ l'Africa orientale. Le «penne di falco» erano i reggi¬ menti di cavalleria degli ascari. Li chiamavano così per la penna che svettava sul tarbusc, il fez colorato simbolo delle nostre truppe indige¬ ne. Quella era una terra ingrata per la cavalleria, tutta sassi e monta¬ gne. Ma a Cheren, in Eritrea, dove aggrappati a un paesaggio che ricor¬ dava il Carso gli italiani cercavano di ritardare la agonia del nostro effimero impero, si apriva, improv¬ visa una vasta pianura.- Quando i blindati inglesi sciamarono oltre le gola, gli ufficiali italiani raccolsero gli ascari e li lanciarono al galoppo in un turbine di polvere al grido di «Savoia». Per un attimo i carristi inglesi si fermarono. All'alba del ventiquattro agosto 1942 gli uomini del secondo e del terzo squadrone del «Savoia cavalle¬ ria» sapevano che stavano per scri¬ vere una deUe ultime pagine di una storia gloriosa. Davanti a loro, nella steppa del Don, vicino a un villag- getto di nome Isbuscenskji, c'erano i russi con i carri armati, i cannoni, le mitragliatrici con cui stavano per spezzare i fanti della Sforzesca. Gli ufficiah ritmirono gli squadroni co¬ me nelle cariche del Risorgimento, ordinati come per una parata in piazza d'armi. Una furia di uomini e di animah, tra sciabolate e lanci di bombe a mano, attraversò le linee russe, le sconvolse, le costrinse a retrocedere. Poi i superstiti si riuni¬ rono attorno alle bandiere. L'impresa più futile e romantica fu l'attacco degli ussari inglesi contro i cannoni russi durante la campagna di Crimea L'ultima grande pagina di gloria del Savoia cavalleria fu scritta nella steppa del Don contro i tank e le mitragliatrici dei sovietici 1 r^ì3Sl*P : ^:: ■■■■,; \;;'-: ' ^':-:-;:-,: "•■■~--^-■-- -rL: -:s- - Qui sopra, carri armati tedeschi nel '39 impegnati contro la cavalleria polacca lungo le rive della Vistola. Al centro, un reparto del Nizza cavalleria e nella foto a sinistra reparti del Savoia cavalleria alla carica nella steppa russa nel'42

Persone citate: Domenico Quirìco, Hitler, Lenin, Oreste Del Buono