Pakistan, chiusi gli impianti nucleari di Mimmo Candito

Pakistan, chiusi gli impianti nucleari Pakistan, chiusi gli impianti nucleari «Sono ben protetti». Ma i marines li tengono d'occhio Mimmo Candito inviato a KARACHI Rafik Haqqani oggi farà vacanza. Fórse anche domani, ma non lo sa ancora. Lui è un tecnico di labora¬ torio, ha un buono stipendio ma anche qualche preoccupazione, perchè lavorare in una centrale atomica non è poi una vira tran¬ quilla. Comunque, ieri, quelli del¬ la centrale gli hanno detto che oggi poteva starsene a casa, «per qualche tempo». Non ha capito bene, ma si adegua, anche perchè il governo ha intanto deciso che oggi è festa nazionale e allora, quand'è festa, uno che lavora sta volentieri a casa. Solo che poi è successo qualcos'altro d'imprevi¬ sto, e allora il signor Haqqani ha pensato che, dietro queste storie, ci dev'essere per forza qualcosa di serio: è successo che a lui, e a tutti coloro che come lui abitano nel raggio di 10 chilometri dalla cen¬ trale, è stato comunicalo che deb¬ bono tenersi pronti a partire entro le 24 ore, in qualsiasi momento. Ha cercato di tranquillizzare la moglie e i 4 bambini, facendogli credere che si poteva giocare con le valigie da approntare in corrido¬ io. Poi però ha telefonalo a un collega che lavora nella centrale di Tashma, e a un altro che è impiega¬ to nel Progetto Khoola: anch'essi gli hanno repelulo la stessa cosa, che slavano preparando le valigie. Khoola, Tashma, Karachi e al¬ tri 8 posti sparsi nella vasta geo¬ grafia pakistana, sono le 11 sedi dove il Pakistan ha realizzato, e conserva, la sua bomba atomica. E se da quelle parti certi ordini arrivano all'improvviso, non deve stupire che tutti i Rafik Haqqani che lavorano nel nucleare faccia¬ no ora fatica a tenere tranquilla la loro famiglia. Nel suo ufficio d'Isla- mabad la signora Shireen M. Ma- zari butta però sul fuoco di Rafik l'acqua delle sue certezze: «No, non c'è da preoccuparsi. Le nostre installazioni nucleari sono sicure e ben protette». La signora Mazari è direttore dell'Istituto di Studi Strategici, ed è un'esperta di sicu¬ rezza e di questioni nucleari. Biso¬ gna darle ogni fiducia. Tuttavia in Pakistan, in questi giorni, gira un'aria brutta, carica di sospetti e di veleni: si teme un colpo di Stato, un putsch militare che ap¬ profitti dell'assenza di Musharraf, in viaggio diplomatico all'estero. Musharraf ha preso tutte le precauzioni che un militare sap¬ pia immaginare: da stanotte, qui Karachi con i suoi 12 milioni d'abitanti, ma anche la stermina¬ ta Labore, e Peshawar, e Rawal- pindi, Islamabad, insomma tutte le grandi città, sono passate sotto controllo militare, per impedire che le manifestazioni organizzate dai partiti religiosi contro Mushar¬ raf diventino un assalto al potere. Islamabad, poi, è stata anche isola¬ ta da un cordone militare: non si può entrare in città se non si è in possesso d'un documento che te¬ stimoni la residenza nella capita¬ le. E in ultimo, per avere la gente a casa, il presidente ha anche preso a pretesto il 124" anniversario della morte del poeta Allam Iqbal e ha fatto, di questa data, una festa nazionale. Ma se un golpe ci dev'essere, sarà del tutto indifferente a feste e controlh. Perchè il putsch annun¬ ciato {che, però, non necessaria¬ mente arriverà) metterebbe al po¬ tere una barba nera: sarebbe un golpe dei fondamenHalisti islami¬ ci, che getterebbe nel caos la coahzione antiterrorimo di Bush e aprirebbe un processo di riconver¬ sione della guerra che in questi giorni bombarda l'Afghanistan musulmano. Ed è per fronteggiare questa drammatica ipotesi che la nave americana «Peleliu» se ne sta ora all'ancora nella baia di fronte al porto di Karachi, pronta a rice¬ vere i militari americani che venis¬ sero a trovarsi in pericolo nelle basi pakistane dove ora sono ac¬ campati (in attesa di attaccare l'Afghanistan). La «Peleliu» ha a bordo anche 2.200 marines del 150 corpo, che sono già in allarme rosso: se le installazioni nucleari di Karachi, Tashma, Khoota, e delle altre 8 centrali saranno in pericolo di cadere nelle mani «peri¬ colose» dei fondamentalisti, loro hanno l'ordine di prenderne il controllo, «per ragioni di sicurez¬ za». La signora Mazari s'indigna: «Ma come si permettono? Noi sappiamo badare a proteggere le nostre bombe atomiche». Di atomi¬ che, il Pakistan ne ha per ora «almeno 24» (stima americana), che sono niente rispetto alle 6 mila di Washington e alle 6 mila di Mosca e però bastano - e ce ne crescono - per distruggere il mon¬ do, se dovessero cadere in mani «pericolose». L'Atomica Musulma¬ na è diventata un'ossessione del¬ l'America dal momento stesso in cui la prima (settembre 1998) è stata fatta esplodere nel deserto del Beluchistan; ora che il Paki¬ stan non è più un «Paese canaglia» ma un partner degli Usa, il control¬ lo di quella ossessione diventa un affare meno difficile, anche se non meno complicato. «Gli americani nemmeno sanno dove sono le no¬ stre bombe», dice la signora Maza¬ ri con un sorriso che pare strafot¬ tente. Uno le dice che, in giro, c'è la voce che magari sono finite in Cina, vecchio alleato - e coéqui- pier atomico - d'Islamabad, e lei, la signora delle strategie, sorride ancora più largo: «Ma quale Cina. Gli Americani debbono imparare che la loro arroganza non gli fa capire un sacco di cose, a comin¬ ciare dall'Afghanistan, dove stan¬ no perdendo perchè non sanno nemmeno che cosa sia una società tribale». Intanto, il dottor Mahmood e il dottor Majid, due dei padri del¬ l'atomica musulmana, sono stati riarrestati per la terza volta, su richiesta dell'Fbi, perchè conside¬ rati «pericolosamente vicini ai fon¬ damentalisti». L'Fbi li vorrebbe anche portare in America: ma il Pakistan non ci sente (la Cina lo aiuta a esser sordo); «e O^ama, comunque, la Bomba non ce l'ha», chiarisce la signora Mazari. Se lo dice lei. Ai tecnici ordinato di tenersi pronti a partire entro le 24 ore. Arrestati per la terza voltai due «padri» della bomba musulmana Un'immagine emblematica della condizione femminile in Afghanistan: una donna con il tradizionale burqa viene trasportata nel bagagliaio dell'auto