Caccia al profugo al confine con il Pakistan

Caccia al profugo al confine con il Pakistan I RACCONTI AGGHIACCIANTI RACCOLTI DAI FUNZIONARI DELLA CROCE ROSSA Caccia al profugo al confine con il Pakistan «I taleban sparavano sulla nostra colonna, hanno ucciso mia moglie» reportage Giovanni Cerniti Inviato a QUETTA LA donna piangeva e s'era messa in ginocchio. «Sono i miei tre figli, mi sono rimasti solo loro, vi prego...». Il burqua blu la nasconde¬ va tutta, ma Sad Shah Musa era riuscito a vederle i piedi, nudi e sporchi; da quanti giomi non aveva più i sandali, da quanti giorni erano in fuga? «Vi prego, in nome del nostro Dio, lasciateci andare». Ecco un taleban che la solleva, un altro che prende la mira sui tre figli, un terzo che impreca; «Dove andate, perchè scappate? E' questo il vostro paese, se ve né andate è perchè siete contro di noi». Sad Shah era nasco¬ sto dietro una roccia, «che altro potevo fare?». Vede appena, e sente. «(Avete già preso, mio marito, per favore...». Si prendono anche i tre ragazzi, spariti e arruolati. Alla don¬ na un pugno in faccia e se ne vanno. «Quando si è rialzata si è tolta il burqa, le mancavano quattro denti». Sad Shah, 50 anni, continua il suo racconto. Un funzionario dell'Alto Commissariato per i Rifugiati riem¬ pie di appunti un piccolo notes rosso. Troppo piccolo. «Si chiamava Baqhtawar, aveva 60 anni e veniva da Herat». Sad Shah l'aveva incontrata sulla collina di Hada, la discesa che porta alla frontiera con il Pakistan. «Mi aveva detto che i taleban, quando hanno portato via il marito, le avevano anche bruciato la casa e la moschea. Non so più niente di lei, anche se qui dicono che ce l'ha fatta e sarebbe arrivata fino a Quetta». Sad Shah vuole diventare profugo, non vuol più tornare in Afghanistan. «Non sono venuto in Pakistan perchè ho paura delle bombe, ma perchè abbia¬ mo fame, abbiamo sete e i taleban hanno perso la testa. Non si capisce più chi comanda, se sono loro o gli arabi di Bin Laden». Sad Shah viene dalla provincia di Bamiyan, è un «hazara»,!'etnia persiana deimusul- mani sciiti. Se non li perseguitano i taleban sunniti li massacrano, come a Ykaolang nel maggio di quest'an¬ no; 82 morti. «Me ne vado dal mio paese e fino a quando ci sarà un taleban non voglio più tornare. Man¬ datemi dove volete, tanto siamo tutti morti dentro...». Il notes rosso è già pieno. Yusùf Hassan, il portavoce deìl'Onu, sape¬ va che i taleban erano vicino alla frontiera, dal Khyber Pass giù fino a Quetta. Sapeva die allontanavano i disperati dalle loro postazioni di confine, a bastonate. Ora arriva il racconto di Sad Shah, che faceva il sarto nel villaggio di Mushi. E fuori dalla porta ci sono le storie di Ovr Mohd, di Saeed Zaman, degli altri «hazara» che vogliono raggiungere i parenti a Quetta. Sono profughi da quattro anni, beati loro. Nei notes finiscono accuse e rabbia. Con caute¬ la, c'è chi riempie i fogli e poi si domanderà se'è tutto vero. Così ,come, sempre con cautela, cerche¬ ranno di capire se chi arriva dall'Af¬ ghanistan è proprio un disperato in fuga, e non un un taleban in missio¬ ne. I pakistani sono preoccupati e non li vorrebbero, ma non riescono ad impedire la calata dei clandesti¬ ni. Tra loro si chiamano «gli invisibi¬ li». Il Pakistan fa finta che non esistano. Tocca a Ovr Mohd, che ha 65 anni e sembra un vecchio cente¬ nario. «Assassini, sono diventati tut¬ ti assassini. Io li maledico», comin¬ cia a dettare. «Noi siamo gli 'hazara" sciiti di Bamiyan e i taleban sunniti ci hanno sempre odiato, anche se non è vero sono convinti che siamo tutti dalla parte dell'Alleanza del Nord». Ma non è venuto qui, il vecchio Ovr dal turbante nero, per parlare d'Islam. «Un mese fa ci avevano avvisato che i taleban e gli arabi stavano arrivando in città. Io ero per strada con il mio carretto di melograni da portare al mercato, e mi sono nascosto nella bottega di un amico. Quando sono tornato a casa, la mattina dopo, ho trovato i miei tre figli morti ammazzati. Perchè? Avrei capito se li avessero portati a combattere, al fronte, da usare come carne da macello. Ma perchè am¬ mazzarli così, maledetti!». Da quel giomo, era venerdì, Ovr dice che da Bamiyan sono scappati tutti. «Avran¬ no fatto cento morti solo nel mio quartiere, e se ne erano andati gri¬ dando "torneremo!"». Il vecchio ha una barba lunga e bianca, da taleban. «Ma li odio, li odio!». Se ne sono andati, racconta, per finire in una trappola. «Ci aveva¬ no detto che i taleban attaccavano chi se andava, però non avevamo scelta». Ovr dice che era già notte, e si erano messi in cammino sulla strada per Mushi. «Abbiamo sentito il rumore di un motore e io pensavo ad un aereo». Era un pick-up dei taleban. «Hanno sparato nel buio e se ne sono andati subito. Davanti a me ho contato almeno cinquanta morti; c'erano donne, bambini, i miei amici. Io li odio, i taleban». Un altro racconto di stragi, quello di Ovr Mohd che ha trovato i parenti a Quetta, e però questo non lo dice, non lo può dire, non può dichiarare che abita nell'«Hazara town», il leta¬ maio degli «invisibili». Dove nessu¬ no dirà mai di conoscerlo, dove tutti si presentano come profughi arriva¬ ti da anni, dove nessun poliziotto andrà mai a controllare quanti Ovr Mohd sono arrivati. «Diventerò profiigo anch'io?», sa¬ luta e domanda il vecchio. Davanti al notes rosso si siede Saeed Zaman, 35 anni, falegname di Kabul. Un'al¬ tra storia di massacri, di fame, di paura, di gelo. Per avere un mulo carico di legna ci vogliono 7 dollari, lo stipendio di due settimane1. E già cominciano i morti per il freddo, come i 14 della provincia di Lagh- man. «Sono arrivato lunedì», ammet¬ te Saeed a voce bassa. «Appena fuori città c'è una rotonda dove si ritrova¬ no quelli che se ne vogliono andare. Io ero con mia moglie e altri sei della mia famiglia». I taleban anche qui sono arrivati quand'era buio. «Chie¬ devamo pietà e quelli ci sparavano addosso. Me li hanno ammazzati tutti, anche mia moglie». I notes rossi, anche stasera, sono pieni. Un testimone racconta di avervistoi miliziani strapparci tre figli a una donna dopo averla picchiata Rifugiati sciiti di etnia «hazara»: loro e i loro maledetti amici arabi sono venuti a massacrare la gente nei nostri villaggi Profughi afghani in un campo gestito dalla Mezzaluna Rossa ai confini con l'Iran

Persone citate: Bin Laden, Mezzaluna, Pass, Saeed Zaman