TORTURA a tentazione. americana di Paolo Mastrolilli

TORTURA a tentazione. americana LA DISCUSSIONE TABU' VIOLARE L'INCOLUMITÀ' DEI DETENUTI IN NOME DELLA SICUREZZA? TORTURA a tentazione. americana Paolo Mastrolilli NEW YORK Nel 1995, secondo lo storico Jay Winik, le autorità delle Filippine torturarono il terrori¬ sta Abdul Hakim Murad. Piega¬ to dalla violenza, Murad rivelò che il suo gruppo voleva far precipitare una dozzina dì ae¬ rei americani, in volo sull'Ocea¬ no Pacifico. Grazie alla soffia¬ ta, il complotto mortale venne sventato. «Cosa sarebbe succes¬ so - ba scrìtto Winik sul Wall Street Journal - se Murad fosse stato sotto custodia negli Stati Uniti?». Domanda retori¬ ca: forse-ìl divieto della tortura avrebbe impedito di estorcere la confessione, e quindi gli aerei sarebbero caduti coi loro passeggeri innocenti a bordo. Questo vuol dire che ì tavoli dell'Inquisizione devono toma- re nei commissariati, dove s'in¬ daga sui terroristi di al-Qaìda? Ecco un altro dibattito urtican- te, che gli Stati Uniti affronta¬ no in questi giorni d'emergen¬ za. Stanley Kamow, per attira¬ re i lettori del suo «Vietnam: a history», mise in copertina una foto di Paul Schultzer pubblica¬ ta da Time Life. Era stata scattata durante il programma Phoenix, operazione della Cia per eliminare i comunisti al Sud, e ritraeva un vietcong col nastro adesivo sugli occhi e la bocca, davanti al fucile di un soldato. Se la sfida di oggi col terrorismo è una guerra, quan¬ do cominceranno ad arrivare queste foto in redazione? E se gli oltre 1.100 sospettati nelle mani dell'Fbi si ostinano a non parlare, è giusto ammorbidirli con le cattive, visto che il loro silenzio potrebbe condannare a morte altri innocenti? Secondo alcuni, solo propor¬ re il dilemma è un vergognoso sostegno della tortura. Ma il Primo emendamento della Co¬ stituzione, ancora in vigore nonostante le leggi speciali, garantisce la libertà di espres¬ sione, e stavolta ne hanno approfittato i «torturatori». Ol¬ tre a Jay Winik, ne hanno parlato Jonathan Alter su Newsweek, Shepard Smith e Jon DuPre sulla Fox Tv, Tuc- ker Carlson sulla Cnn, Dahlia Lithwick sul magazine online Slate, e Jim Rutenberg sul New York Times, dando al dibattito una dignità intema¬ zionale. «In questo autunno di rabbia - ha scritto Alter - anche un liberal può trovarsi a rivolgere il pensiero alla tortu¬ ra». L'editorialista di Newsweek ha precisato che il suo articolo «Time to think about torture» non voleva ri¬ scoprire i ferri acuminati o i bagni di olio bollente, «ma qualcosa in grado di far riparti¬ re l'investigazione bloccata sul più grande crimine nella storia americana». Niente violenza fisica, insomma, ma «un po' di sodium pentothal autorizzato dal giudice». Ammesso che questo non stia già succedendo, Carlson ha aggiunto: «Tenete presente che alcune cose sono peggiori. E sotto certe circostanze, la tortura potrebbe essere il male minore». Bill Shine, della Fox, ha fatto l'esempio dei prigionie¬ ri che non collaborano, tipo Nabli Al-Marabb: «Stanno lì seduti, non parlano, e potreb¬ bero avere informazioni utili a salvare molte vite di americani in patria e all'estero. La gente comincia a chiedersi come sia possibile ottenere queste infor¬ mazioni, pur rispettando i loro diritti costituzionali». Dahlia Lithwick invece ha elencato le ragioni morali e legali contro l'uso della violenza, ma poi ha concluso: «Non c'è' dubbio che torturare i terroristi e i loro complici per ottenere informa¬ zioni funziona». Alcuni anali- sti, come il giudice Napoletano della Fox, hanno cominciato a sostenere che «i possibili mem¬ bri di al-Qaeda detenuti non sono civili ma soldati, e quindi le protezioni costituzionali dei tempi di pace non si applicano a loro». Sono argomenti che hanno scandalizzato Kenneth Roth, direttore di Human Rights Wa- tch: «Riflettono la paura della gente, e l'istinto incontrollato di fare qualunque cosa per difendersi. Ma quando faremo un passo indietro, capiremo che ci sono buone ragioni per non aprire quella porta. Per fortuna non è stato il governo a parlarne, ma solo i commen¬ tatori». Ma qual è la situazione legale? Il 10 dicembre 1984 l'Assemblea Generale dell'Onu approvò la «Convention again- st Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treat¬ ment or Punishment», e gli Usa la ratificarono il 21 ottobre 1994, rinunciando quindi all' uso della tortura. I detenuti per l'I 1 settembre sono più di 1.100, anche se la Casa Bianca sostiene che molti sono stati liberati, e il ministero delia Giustizia dice che stanno anco¬ ra dentro. II 23 ottobre uno di loro, il pakistano Muhammad Rafiq Butt, è morto in prigione pei un attacco di cuore, anche se pare non avesse collegamen¬ ti coi terroristi. Cosa fare con gli altri? Nel 1957, quando l'africano di Francia Albert Camus andò a ritirare il Nobel per la Letteratura, gli chiesero cosa pensava della brutale re¬ pressione condotta da Parigi in Algeria: «Fra la giustizia e mia madre - rispose - scelgo mia madre». Adesso sono gli ameri¬ cani a dover scegliere tra la giustizia, e le madri, i padri o i figli che potrebbero morire nel prossimo rogo. Nel 1995y secondo lo storico Jay Winik, le autorità delle Filippine torturarono il terrorista Abdul Hakim Murad che rivelò come il suo gruppo voleva far precipitare una dozzina di aerei Usa. Grazie alla soffiata, il complotto fu sventato «Cosa sarebbe successo - ha scritto-se Murad fosse stato sotto custodia da noi?» Ha detto Bill Shine della Fox Tv: «I sospetti stanno lì seduti, non parlano e potrebbero avere informazioni utili a salvare molte vite di americani La gente comincia a chiedersi come sia possibile ottenere queste informazioni pur rispettando i loro diritti costituzionali» Dahlia Lithwick sulla rivista online «Slate»: «Non c'è dubbio che torturare i terroristi e i loro complici per ottenere informazioni funziona». Il giudice Napoletano della Fox ha argomentato: «I possibili membri di Al Qaeda detenuti non sono civili ma soldati, e quindi le protezioni costituzionali dei tempi di pace non si applicano a loro» «Bisogna far ripartire le indagini bloccate sul più grande crimine della nostra storia Niente violenza, basta un po' di pentothal», ha scritto un commentatore HumanRightsWatch risponde: «Sono parole che riflettono le paure della gente. Sappiamo però che ci sono buone ragioni per non aprire quella porta»

Luoghi citati: Algeria, Filippine, New York, Parigi, Stati Uniti, Usa, Vietnam