«Sabato in piazza, ma contro la guerra» di Renato Rizzo
«Sabato in piazza, ma contro la guerra» «Sabato in piazza, ma contro la guerra» Gli ultra: no alla provocazione voluta dal Polo e dal premier Renato Rizzo ROMA «Sabato in piazza ci saranno due Italie: una vuole gridare che è giusto mettersi l'elmetto e andare a combattere, l'altra vuole dire che bisogna respinge¬ re questa propaganda dì guerra ed é necessario disertare, dìsob- bedire. Perché i nostri padri ci hanno insegnato due cose: che resistenza non significa tradi¬ mento e che alle leggi ingiuste bisogna dire no». Luca Casarìni fruga nella storia per motivare il no del «popolo dì Genova» a quella che luì definisce «l'adu¬ nata del partito del conflitto armato»: «Non sì tratta d'una manifestazione contro il terro¬ rismo, ma d'appoggio a quella che Kofi Annan ha profetizzato come "prossima tragedia"». Le sue parole fanno da eco ai fuochi artificiali d'accusa spa¬ rati ieri mattina dai portavoce del «laboratorio di disobbedien¬ za civile» sorto dalle ceneri del Genoa Social Porum. Prancesco Caruso e Pietro Rinaldi dei No Global dì Napoli, Peppe De Cristofaro coordinatore dei Gio¬ vani Comunisti e Guido Lutra- rio del Porum romano dalle scalinate della fontana dì Piaz¬ za del Popolo incendiano ì loro discorsi con frasi del tipo: «pro¬ vocazione fascista del presiden¬ te del Consiglio», «mancanza dì responsabilità del governo», «effetto più tragico della globa¬ lizzazione». E da Siena Vittorio Agnoletto punta il dito contro «72 o«,o«;»^,-^«f o^^o—^i lizzazione». E da Siena Vittorio Agnoletto punta il dito contro «le smanie di protagonismo del primo ministro» e «il comporta¬ mento da servo sciocco assunto dal Polo, nel tentativo di corre¬ re a fare i primi della classe proprio nel momento in cui, anche in Usa, l'opzione guerra comincia ad essere messa in discussione». Nasce con questo battesimo dì polemiche la marcia dei no-global che doveva contesta¬ re le politiche neoliberiste del Wto e che diventa, invece «la prima grande manifestazione contro l'ingresso in guerra del¬ l'Italia». Caruso porta all'estre¬ mo i paragoni: «Quante volte, durante le nostre manifestazio¬ ni, abbiamo avuto a che fare con gruppetti di fascisti... Ora il ruolo dì provocatore se lo assume il premier in persona. Ma ve lo immaginate Schroe¬ der o Blair che organizzano parate di regime? Il governo sì sta comportando come nel giu¬ gno del '40 quando Mussolini scelse di entrare in guerra pur di sedersi al tavolo dei vincito¬ ri. Se Berlusconi ci tiene tanto a conquistare una legittimità intemazionale pensi che gh Usa non sì sono certo dimenti¬ cati di Gocciolone. Allora si metta luì l'elmetto e scenda in campo». Il mondo degli uomini in rivolta rigetta tutte le mistifica¬ zioni verbali e i distinguo equi- librìstici della polìtica: «Chia¬ miamo le cose col loro nome: il nostro Paese fa parte di questo conflitto. E ciò avviene anche grazie alle scelte perverse dì parte dell'Ulivo. Chi in Parla¬ mento si schiererà a favore dell'intervento militare sarà uno dei mandanti morali degli omicidi e dei bombardamenti in Afghanistan». L'Ulivo, ap¬ punto: Agnoletto chiede «coe¬ renza di voto» ai parlamentari della sinistra e del centrosini¬ stra; Casarìni guarda al prean- nuncìato «no» dei Verdi e sogna un nuovo soggetto politico che riunisca, oltre alle forze am¬ bientaliste, anche Rifondazio¬ ne, dissenzienti ds, «pezzi della società civile»: «Lo spazio c'è, con buona pace delle anime belle della Margherita e dì Rutelli che danno il loro appog¬ gio a chi lancia bombe da 7 tonnellate». Nell'attesa, tutti in marcia per proclamare che «un altro mondo è possibile». Il popolo della disobbedienza diventa pa¬ cifista, quasi come quella Rete Lilliput che, pure, ha deciso di disertare la manifestazione? «Pacifista? Non lo sono mai stato - tuona Casarìni -. Per mia cultura ho sempre pensato che, se vuoi ottenere qualcosa, libertà compresa, devi combat¬ tere. Questa, però, non è "una guerra contro il terrorismo, ma per determinare un nuovo ordi¬ ne mondiale e riconfermare le ingiustizie dì sempre. No, oggi, l'imperativo è: contro Bush e contro Bin Laden. Meno male che, forse, una mano ce la dà il destino...». Vale a dire? «Sem¬ bra che la nostra ammiraglia Garibaldi sìa in panne. Se è vero sarebbe un segno della goffaggine di chi, pur di man¬ darci hi guerra, bara anche sulle navi. Sperando che le navi non si trasformino in bare». Sopra a destra il portavoce del Genoa Social Forum, Vittorio Agnoletto
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