CRIMEA la guerra santa dello zar

CRIMEA la guerra santa dello zar ARMI, MASSACRI, ESERCITI GLOBALIZZATI: NEL BENE E NEL MALE FU IL PRIMO VERO CONFLITTO MODERNO. UN LIBRO LA RACCONTA CRIMEA la guerra santa dello zar Giovanni De Luna NELLE guerre moderne non si ep mai.visto tanto eroi¬ smo. I seicento cavaUeggeri deUa brigata leggera, U fior fiore deUe truppe britanniche, si lanciarono aUa carica neUa yaUata di Ba- laclava direttamente sotto U tiro deU'àr|igUeria russa. I proiettiU abbàttevano u^mitì^.é^ànimaU; ui^ IgnciBre séhf3' testàa continuò a cavalcare per decine' di metri con la lancia stretta in pugno; si sentivano urla, bestemmie, l'inci¬ tamento «Gloria o morte». I cava- Ueri acceleravano man mano che si avvicinavano ai cannoni nemi¬ ci, in una gara frenetica e grotte¬ sca in cui i vari reggimenti cerca¬ vano di superarsi a vicenda gri¬ dandosi insulti; U più veloce, davanti a tutti, stretto neUa sua divisa scarlatta e oro, era U capi¬ tano Nolan, avvinghiato aUa sel¬ la di peUe di tigre: con lui cavalca¬ vano, eleganti e coraggiosi, due ufficiaU itaUani, il tenente Lan- drioni e il maggiore Crovone. Al cozzo, per lo slancio la prima fila di cannoni fu conquistata. Comin¬ ciò la mischia: sciabole e baionet¬ te fecero strazio; «non potevo fermarmi», raccontò uno dei su¬ perstiti, «era tutto uno spingere, un girarsi, una frenesia, un colpi¬ re e cadevano giù, cadevano giù»; c'era un frastuono orribUe. Poi, tutto finì e tutto fu sUenzio; erano passati solo 20 minuti ed erano morti 157 cavaUeggeri. Sul campo di battaglia rimase solo la pietà per i morti; la mogUe del sergente Longley andò a piedi a cercare il corpo del marito, lo avvolse in un cappotto, lo seppel- U in una bara improvvisata con le casse della birra Bass. Non si era mai visto tanto coraggio e, insieme, tanta stupi¬ dità. Lord Cardigan, U coman¬ dante, passò aUa storia per aver chiesto scusa ai suoi uomini mandati al massacro e peri suoi puU over aperti davanti. Ordini sbagUati e confusi, invidie e incomprensione tra i comandan¬ ti, gesti di vUtà e slanci di coraggio, la «Carica dei 600» immortalata da Tennyson è U compendio deUa guerra di Crimea (1853-1856), e resta an¬ cora oggi un sìmbolo degU aspet¬ ti più grotteschi che le guerre modeme possono assumere. Onesta è almeno la tesi molto bene aigomentata in un recente libro di R. E. Edgerton, Gloria o morte. Crimea, 1853-56. Miti e realtà dellaprima guerra moder¬ na, pubblicato dal saggiatore). Dieci anni fa, in un altro splendi¬ do libro {Tempo di guerra. Psico¬ logia, emozioni e cultura nella seconda guerra mondiale, Mon¬ dadori), Paul Fussel aveva soste¬ nuto che ogni guerra produce modernità neUa Sfera de recono- mia e stupidità in quella della cultura: «se la guerra é un disa¬ stro politico, sociale e psicologico - scriveva Fussel -, rappresenta anche uno scandalo percettivo e retorico dal quale é diffidle ri¬ prendersi del tutto. Se guardano , al mondo del tempo di guerra, sia i soldati che i civiU lo riducono a uno schizzo semplificato costitui¬ to da una serie limitata di classifi¬ cazioni entro la quale le persone sono fissate in un processo che le disumanizza e le priva intera¬ mente deUa loro individualità e specificità». Per gU americani, oggi, Osama Bin Laden è ancora un uomo o è l'icona del terrore puro; e gU americani, per i fondamentalisti islamici sono qualcosa di molto diverso da Satana? Così, neUa Seconda guerra mondiale, negU Stati Uniti i giapponesi erano considerati valorosi, gU italiani pusillanimi, i tedeschi stavano in mezzo. «Questa disposizione sim¬ metrica - scriveva Fussel -, impU- cava anche una scala deUe quali¬ tà animalesche, che attribuiva ai giapponesi le quaUtà più bestiaU, e le più umane agU itaUani». PiccoU e disgustosi come gU inset¬ ti e i roditori, capaci divedere al buio e di vivere di radici e larve: questa l'immagine prevalente dei giapponesi; quanto agU itaUani, erano «un mucchio di cantanti d'opera»: così almeno Roosevelt defini i nostri immigrati privi di cittadinanza, quando decise, nel 1942, di non intemarU. Questo cUlagare di stereotipi e di stupidità trovò già in Crimea una sua rappresentazione straor¬ dinariamente efficace. Certa¬ mente queUa gueira produsse modernità e fu figUa deUa moder¬ nità. Fu la prima a essere docu¬ mentata daUa fotografia, e che ebbe luogo nell'età del telegrafo, deUa ferrovia e deUe navi a vapore; fu queUa che aprì la strada aU'uso sistematico deUa guerra chimica e che vide schie¬ rati al fronte nugoU di corrispon¬ denti che rappresentavano i prin- cipaU giornali di tutto U mondo. Modema, quindi, ma anche evi- tabUe: «U conflitto più strano e non necessario del mondo», la definisce Edgerton. Scaturì, infatti, da una dispu¬ ta religiosa. Nel 1850 i preti greco ortodos¬ si e cattolici deUe città sante di Gerusalemme e Betlemme, allo¬ ra protettorati ottomani, comin¬ ciarono, a litigare su questióni incomprensibili: a chi spettava U diritto di precedenza per l'acces¬ so a determinati «luoghi santi» cristiani, chi doveva entrare da quale porta, chi poteva accedere per primo aUa santa mangiatoia. I greco-ortodossi si appeUarono aUo Zar, H governo turco decise a favore dei preti cattoUci, lo Zar si infuriò e, proclamandosi difenso¬ re deUa fede e deUa cristianità, attaccò l'Impero Ottomano. Ci sono sempre dei paradossi neUe guerre. Qui ne troviamo subito uno; una disputa tra cri¬ stiani, si traduce in una crociata deUo Zar contro l'Islam. Subito dopo, eccone un altro; a favore dei Turchi si schierano l'InghUter- ra e la Francia, la principale potenza cattoUca, a fianco deUe quaU aniveranno, un anno dopo, anche le truppe piemontesi. Guer¬ re sante, jihad, crociate: questi termini rimbalzarono neUe moti¬ vazioni degU Stati belligeranti e negU articoU dei corrispondenti di guerra e, anche aUora, la di¬ mensione religiosa del conflitto non fu in grado di occultarne il profondo significato geo-poUti- co. Oggi si chiama globalizzazio¬ ne ; allora, il mondo era più picco¬ lo e si parlava in maniera più circoscritta di «questione d'Orien¬ te»: era U momento degU «Stati- cuscinetto» (l'Afghanistan, guar¬ da caso), dei grandi imperi mul- tietnici e coloniaU e deUe loro pretese territoriaU; per la guerra di Crimea, la posta in gioco era lo sbocco sul Mediterraneo - attra¬ verso U Bosforo e i DardanelU- deUo sterminato impero russo. Tra gU aspetti della sua moder¬ nità ci fii anche U suo aUai-gamen- to a una pluraUtà di popoli. Stati, etnìe, fedi reUgiose. GU eserciti arrivarono da tutto il mondo: H kUt e U tartan degU highlanders scozzesi si mescolavano aUe pit¬ toresche divise dei bashi-bazouk («teste bacate» in turco, truppe irregolari senza nessuna discipU- na miUtare) e ai pantaloni larghi degli zuavi francesi che marcia¬ vano con scimmie domestiche appoUaiate sugU zaini. Il duca di Cambridge arrivò in abiti civUi con un cuoco francese e 17 carri di bagagUo personale. A queUa babele di lingue e di divise si aggregarono anche i 45.000 uo¬ mini deU'esercito piemontese e fecero una gpan beUa figura: la loro reputazione era tale che la stessa Gran Bretagna aveva cer- cato di arruolare volontari sardi; erano disciplinati e si batterono coraggiosamente: aUa battagUa della Gemala, neU'estate 1855, i russi persero 8.000 uomini e 11 generaU. L'eterogeneità di popoU e di reUgioni segnò trasversalmente entrambi gU schieramenti. Tata¬ ri, uzbeki, ucraini, georgiani, rus¬ si combattevano insieme, si odia¬ vano tra di loro, ma tutti odiava¬ no i turchi. E in questo (altro paradosso) la pensavano esatta¬ mente come i loro nemici euro¬ pei. Quando cominciò la guerra, infatti, gU aUeati non seppero cosa farsene dei turchi e U etichet¬ tarono come codardi: U conside¬ ravano ossessionati dal sesso che praticavano con donne, ragazzi, animaU, capaci di atrocità inenar- rabiU, fanaticamente religiosi, sempre con il loro tappetino di preghiera anche in battagUa. D'al¬ tra parte in Turchia, più che deUa guerra, si parlava dell'ubriachez¬ za e deUe violenze deUe troppe europee a CostantinopoU e del grande afflusso di prostitute do¬ vuto aUa loro presenza. I turchi erano inorriditi dal comporta¬ mento dei soldati francesi che gironzolavano neUe moschee du¬ rante i riti e canzonavano i muez¬ zin mentre chiamavano i fedeU aUa preghiera. Tutti insieme, però, cattoUci e musulmani, eroi e vigUacchi, soldati e ufficiali sperimentaro¬ no per la prima volta l'oirore deUa guerra totale: si morì in combattimento e si morì per le malattie, per U freddo, per la fame. In queUa guerra ne uccise più il colera che le anni, più U gelo che i fuciU. AUa fine, i morti furono più di un miUone (2.000 gU itaUani). QuelU deUe guerre del Novecento (fino al 1994) sono stati 187 miUoni. La guerra di Crimea fu, in questo senso, U preludio deUa dimensione nove¬ centesca deUa morte di massa. Da allora, gU uomini hanno im¬ parato a morire ma anche a uccidere. Ancora neUa Seconda guerra mondiale si calcola che solo U 1S"!*) dei soldati dei reparti di assalto deUa fanteria america¬ na avesse effettivamente spara¬ to in battaglia; questa percentua¬ le saU al 5596 in Corea, per arrivare al gs1**) in Vietnam. Pro¬ babilmente in Afghanistan l'ob¬ biettivo sarà U100%. Su entrambi i fronti giornalisti raccontavano gli eventi, mescolandoli a proclami e leggende, fotografi speciali documentavano gli scontri, entrarono in gioco treni e telegrafi, si aprì la strada all'uso delle armi chimiche Gli zuavi con le scimmie sullo zaino, il cuoco del duca di Cambridge, il maglione di Cardigan, il kilt degli scozzesi il sesso dei turchi, l'odio di tatari e uzbechi: alle operazioni partecipò una babele di popoli e fedi religiose Errol Flynn nei panni del maggiore Geoffrey Vickers in una scena del film La carica dei seicento girato da Michael Curtiz; qui sotto, un'immagine dello zar Nicola I. La guerra di Crimea tra Russia eTurchia -scoppiata peruna lite tra preti cattolici e ortodossi a Gerusalemme e Betlemme -, con la partecipazione delle altre potenze europee, durò tre anni (1853-1856) ed ebbe un milione di morti LA CARICA AL CINEMA La drammatica ed eroica carica dei seicento inglesi nella valle di Balaclava, cantata da Tennyson ebbefortuna, naturalmente, anche al cinema. Celebre è la versione del regista d'origine ungherese Michael Curtiz, girata nel 1936 col titolo The Charge ofthe tight Brigade (La carica dei seicento), con Errol Flynn, Olivia de Havilland, David Niven. Un remake più revisionista fu girato da Tony Richardson nei 1968, col titolo ( seicento di Balaclava. Il maestro del free cinema inglese, con ironia acre smonta il mito e punta il dito sulle colpe colonialista. Nel castjrevor Howard, Vanessa Redgrave, David Hemmings